Nonostante la sconfitta contro Alexander Zverev a Madrid, Matteo Berrettini ha dimostrato di essersi ottimamente ripreso, fisicamente e mentalmente, dall’infortunio di inizio anno a Melbourne. Ora l’aspetta il torneo di casa, gli Internazionali d’Italia. Primo avversario, Basilashvili, un brutto pesce…
Ha perso ma ha tutto in bolla! No, non quella anticovid che tenta di affrancare il tennis dal virus. L’altra, quella personale che contiene il DNA tennistico dei giocatori avvolgendoli, di torneo in torneo, in un involucro nel quale si agitano qualità tecniche fisiche e mentali utili a cogliere il risultato. Si muovono a ritmi diversi, talora uscendo e rientrando nella sfera un po’ alla spicciolata e con fare capriccioso. Il loro andazzo attiene a questioni di superficie, clima, avversario, fiducia e persino a qualche sporadica fogliolina che timidamente dondola a bordo campo. Roba complicata figlia di stati d’animo che non sempre è dato comprendere.
La bolla di Berrettini racconta che a inizio anno era gioiosamente ricolma dei tre fondamentali, almeno fino a quando il maledetto strappo di Melbourne ne ha estromesso quello fisico per almeno un bimestre. Frustrato nel gioco ma forte nello spirito, Matteo le ha richiamate a sé in quel di Montecarlo, il tempo necessario a sentirne il cigolio in un primo turno andato a male come ampiamente previsto. Dunque le ha oliate a puntino sulla terra di Belgrado dove, dai oggi dai domani, hanno finito per girare a dovere spingendolo a fare bottino in un torneo che vedeva ai nastri di partenza nientemeno che Djokovic.
In un crescendo alla Wagner, l’italiano ci ha poi presi per mano guidandoci dolcemente verso l’emozione di una splendida finale persa di misura contro un Zverev che nei momenti clou ha fatto valere i tre masters 1000 già in bacheca più la dozzina di altri titoli che ne fanno un papabile numero uno. Ma il nostro portabandiera ha mostrato che l’infortunio in terra di Oceania è ormai cosa lontana e che nella sua sfera tutto è pronto per tenerlo stabilmente tra i primi dieci.
Ha fatto anche di più! A dispetto della splendida prestazione in campo, ha dato il meglio nella cerimonia di premiazione, quella parte del torneo in cui tutti ringraziano tutti per via di una lingua inglese che nella sua universalità va dalla musica rock allo sport tutto. Così quando il bel Matteo ha chiesto se il rituale fosse da consumare con parole spagnole piuttosto che anglosassoni, ha pensato in cuor suo di seguire il protocollo prima con invidiabile inflessione d’oltre Manica e subito dopo in un perfetto spagnolo che ha gratificato i madrileni sparsi sugli spalti. Uno sfoggio di idiomi che tradisce in lui una certa curiosità verso altre culture, facendo del tennis un’occasione di crescita e non soltanto una somma di diritti e di rovesci. Semmai arrivasse in zona podio a Parigi, non mi meraviglierei se ci sorprendesse tutti accomiatandosi in un perfetto francese che a suon di erre mosce appagherebbe non poco lo sciovinismo dei cugini transalpini.
Ma tra Madrid e Parigi ci sono i Pirenei e soprattutto c’è il torneo di Roma dove Matteo Berrettini è atteso da Nikoloz Basilashvili, già acquattato tra le griglie del main draw. Cinque titoli in carniere e fresco trionfatore in Baviera, il georgiano è un brutto pesce per tutti, tira forte quanto il nostro e scoppia di fiducia. Sorteggio più ostico non poteva capitare, ma nella bolla del romano tutto sembra danzare come si deve e il buon Santopadre saprà far confluire tutto verso uno spirito tonico e vincente. Niente di mistico ma un modo più prosaico di incanalare le qualità di cui sopra verso una sana esaltazione da consumare nel modo giusto e al momento giusto. Il resto lo farà il Foro!