Le parole del romano, dopo la vittoria conquistata nella semifinale di doppio della Diriyah Tennis Cup al fianco di Andrey Rublev

DALL’INVIATO A RIYAD

«Mi muovo bene, sento sempre meglio i colpi. Posso essere soddisfatto, anche perché domani giocherò ancora e quindi sarà un altro allenamento agonistico». Così Matteo Berrettini dopo la semifinale del doppio “di consolazione” del torneo esibizione di Diryah, in Arabia Saudita, vinta in coppia con Andrey Rublev (6-3 7-6) sugli amici Thiem e Zverev. «Dopo l’infortunio e la partita in Davis ero arrivato qui con la speranza di giocare il più possibile, peccato la sconfitta in singolare con Wawrinka. Un format strano, con tre tie break, tutto molto veloce, non ho capito neanche come ho giocato. Ma mi avvicino all’Australia con buone sensazioni». Il programma prevede riposo a Montecarlo e il Natale Down Under, dato che c’è da giocare la United Cup, nuova competizione mista a squadre che scatterà il 29 (con Berrettini sono in squadra anche Musetti, Vavassori, Bortolotti, e poi Trevisan, Bronzetti e Rosatello, sfideranno Brasile e Norvegia a Brisbane). In Australia Matteo dovrà difendere la semifinale ottenuta un anno fa, quando perse in semifinale da Nadal dopo due estenuanti battaglie al quinto set contro Alcaraz e Monfils. «La pressione c’è sempre, bisogna imparare a gestirla. Se qualche anno fa un quarto di finale Slam mi sembrava un sogno, adesso diventa quasi una delusione. Per questo da qualche mese lavoro di più sulla resistenza fisica, per non farmi trovare impreparato alle battaglie dei grandi tornei».

Berrettini ha anche chiarito l’entità del problema al piede sinistro che lo ha costretto a chiudere la stagione a fine ottobre, con la breve parentesi del doppio di Davis. «Ho avuto una infiammazione dei tessuti tra l’osso e la pelle, che mi dava molto dolore quando poggiavo il piede. Questo problema era situato in un punto molto delicato dove non era facile intervenire, essendo una infiammazione molto profonda. Per questo è stato così difficile tornare in campo. Ma ora sto bene».