Intervistato da L’Équipe, Matteo Berrettini ha commentato tutti i tempi più caldi che lo riguardano in questo momento: il suo rapporto con l’erba, la finale di Wimbledon nel 2021 e la consapevolezza di poter presto tornare tra i primi dieci del mondo

Matteo Berrettini arriva a Wimbledon con lo status di favorito e si trova nel gruppetto di tennisti che, secondo i bookmakers, hanno più chance di sollevare l’ambito trofeo di Church Road. I media, allora, non si sono lasciati scappr l’occasione di scambiare due chiacchiere con l’attuale numero 11 del mondo, il quale ha potuto raccontare le sue sensazioni alla vigilia di uno dei tornei più importanti dell’anno. Intervistato da L’Équipe, Berrettini ha subito voluto ricordare le impressioni della finale raggiunta e persa lo scorso anno contro Novak Djokovic, giornata, quell’11 luglio 2021, che rappresenta una data storica per tutto lo sport italiano.

Non riesco a credere che sia già passato un anno da quel momento – ha dichiarato il tennista romano -. Ricordo ancora tutto quello che accadde: il giorno prima della finale, la partita, le ore successive, la gente sugli spalti che intonava il mio nome, tutta la tensione che c’era nel primo set e nei punti finali. A Londra, poi, quella è stata una giornata pazzesca, visto che si sarebbe giocata anche la finale degli Europei tra Inghilterra e Italia”.

Ha fatto discutere, negli ultimi giorni, la decisione dell’ATP, in risposta all’esclusione dei russi e dei bielorussi, di non assegnare punti per quanto concerne il torneo di Wimbledon, senza congelare quelli del 2021. Questo sfavorità soprattutto coloro che, come Djokovic e Berrettini, avevano fatto molto bene dodici mesi fa. “Quando sono venuto a sapere della decisione, sono rimasto deluso e turbato. Penso che sia stata presa una decisione non corretta, soprattutto in quelle modalità: nessuno ha chiamato noi giocatori per avvisarci di quel che stava accadendo. È vero che la situazione non è semplice e che la peggior ingiustizia l’hanno subita gli atleti russi e bielorussi, i quali non meritavano di essere esclusi da Wimbledon, ma penso che avrebbero comunque potuto chiedere a noi giocatori quale fosse la nostra opinione, probabilmente avremmo trovato una soluzione migliore. Wimbledon è certamente stimolante al di là del ranking, ma mi fa male l’idea che posso vincere tre titoli consecutivi, incluso uno Slam, e uscire in ogni caso dalla top 20. Se avessi saputo prima di non poter fare punti a Wimbledon, avrei studiato la programmazione e la riabilitazione in maniera diversa, probabilmente avrei accelerato e mi sarei presentato al Roland Garros. In ogni caso, anche se sarà difficile, so di poter tornare presto nei primi 10 come ho già fatto in passato“.

Paradossalmente, l’azzurro ha svelato di non essersi subito trovato a proprio agio sull’erba, anzi. L’erba? No, all’inizio non mi piaceva e non riuscivo a muovermi con sicurezza su questa superficie. Poi, una sfida di Coppa Davis contro l’India ha cambiato tutto: mi sono sentito a mio agio, notavo che il mio slice era più funzionale e, ad un tratto, mi sono ritrovato a rimpiangere che ci siano così pochi tornei sull’erba”.

Infine, un commento sul suo aspetto fisico, che, se può aiutarlo per quanto concerne gli sponsor, non può facilitargli il lavoro sul campo da tennis. “Capisco che a molti piace parlare del mio aspetto fisico, ma non è questo ciò che mi definisce. Le interviste mi vengono fatte perché sono un tennista, non in quanto modello. Certo, mi piace sentirmi dire che sono bello, ma per quello il merito è più di mia madre, mentre non c’entra nulla questo con il gioco e con le classifiche. Altrimenti il numero uno del mondo sarebbe sempre e solo la persona più bella”.