Da due anni al fianco di Lorenzo Sonego in qualità di consulente tecnico, Danilo Pizzorno ci racconta come con un lavoro attento e meticoloso ‘Sonny’ sia riuscito a migliorare il rendimento del servizio, e non solo
Primo passo: la ricerca di stabilità
Il lavoro che stiamo portando avanti da circa un anno con Lorenzo Sonego è l’esempio di come partendo da dettagli apparentemente secondari, in realtà decisivi, si possano ottenere miglioramenti in grado di influire sull’intera carriera di un tennista: non solo per quanto riguarda l’evoluzione tecnica, ma anche sull’impostazione tattica e sulla programmazione. A patto, ovviamente, che tutto parta dalle motivazioni del giocatore.
La mia collaborazione con Lorenzo è iniziata nel marzo del 2019, appena dopo Miami, quando sono stato contattato da Gipo Arbino e Umberto Rianna. Volevano una valutazione sul potenziale di Lorenzo e hanno chiesto il mio supporto. Il primo passaggio è stato molto delicato, perché Lorenzo era di ritorno da Miami, doveva giocare alcuni tornei sulla terra e c’era poco tempo per intervenire. Le sue armi principali sono il diritto e soprattutto il servizio, quindi quello che considero ancora un work in progress è partito proprio da lì.
La prima valutazione è stata che occorreva renderlo più stabile con il corpo durante l’esecuzione del servizio, lavorando sulla visualizzazione ottimale dell’impatto (foto numero 4). Occorre infatti controllare bene visivamente l’impatto per ottenere una buona decontrazione muscolare e raggiungere il giusto equilibrio sulla palla. Il problema di Lorenzo (foto numero 5) era che con il corpo ‘entrava’ troppo, ritrovandosi a impattare la palla dietro la testa. Questo lo portava a gestire male direzione e velocità, soprattutto sotto stress. Quando la partita arriva al momento chiave si fa più fatica a servire. Subentra la stanchezza, il giocatore si adatta a eseguire movimenti non idonei, e la mancanza di decontrazione e fluidità va a scapito di velocità e precisione.
Per questo è fondamentale avere una corretta visualizzazione della palla sia in partenza sia al momento dell’impatto. Una volta curato questo aspetto Lorenzo ha ottenuto di rimanere più stabile, con il vantaggio di poter recuperare prima il piede per caricare più velocemente il movimento successivo. Subito sono arrivati i quarti a Marrakech e Monte Carlo, e questo gli ha regalato fiducia nel lavoro che stavamo facendo.
Poi si è trattato di mettere insieme tutti i pezzi.
Ci siamo ad esempio accorti che durante la preparazione Lorenzo era in ritardo con il braccio destro (foto numero 1). Bisognava dunque accorciare il movimento, per portarlo subito in posizione al momento del massimo carico. Lorenzo, anche a causa della sua conformazione fisica, muscolarmente è abbastanza ‘lasso’, cioè rischia di scomporsi facilmente (il contrario di Andreas Seppi, che invece è rigido e ha bisogno di molto stretching per trovare fluidità). Quando arrivava al massimo carico esagerava con la torsione, si squilibrava.
L’ obiettivo (foto numero 2) era di portare la racchetta più in alto al momento del massimo carico, e allo stesso tempo di unire prima i piedi, allo scopo di spingere meglio in verticale. Il ritardo della parte superiore e inferiore del corpo gli dava infatti poco tempo per portarsi verticale e spingere. Per questo era necessario che la racchetta rimanesse più vicina alla testa (foto numero 3). Il suo movimento originario comportava una torsione esagerata: la racchetta si ‘apriva’ verso l’esterno, quasi ribaltandosi, e quando Lorenzo la recuperava per ottenere spinta verticale era costretto ad ‘entrare’ con la testa, mentre la racchetta restava indietro.
La gestione della prima palla a uscire
Se un giocatore è più corretto nei carichi, nella spinta e nell’impatto, riesce invece ad avere maggiore energia e precisione sulla palla, e aumenta il controllo sulla direzione. Nel tennis però c’è sempre poco tempo per intervenire, fra tornei da giocare e punti da difendere, mentre il tempo è fondamentale per riversare gli automatismi anche in partita. Non sempre il giocatore sente il feeling giusto, può rifiutare interventi che intaccano le sue sicurezze e lo portano fuori dalla sua confort zone. Lorenzo invece ha digerito bene il primo input relativo alla posizione della testa, ha sentito il movimento più fluido, si è fidato, ha capito l’utilità dei suggerimenti. È molto disponibile ai cambiamenti, ha motivazioni altissime, e questo ci ha aiutato.
Dopo il lockdown ad esempio aveva molta voglia di passare agli step successivi, ed è stato lui il primo a richiedere una maggiore presenza mia e di Umberto. La svolta è arrivata fra gli Assoluti e il torneo di Perugia.
Io monitoro tutte le sue partite, e leggendo le statistiche mi sono accorto che era migliorata la gestione della prima palla, della seconda, e che interpretava meglio il servizio variando le direzioni.
Prima atterrava molto in anticipo, con la testa e il corpo sbilanciati in avanti (foto numero 6), non spingeva in verticale ma in orizzontale e questo lo bloccava nell’esecuzione della prima ‘a uscire’. Il servitore moderno deve invece disporre di una prima e di una seconda palla precise, che gli consenta di far rispondere male l’avversario. Molte volte si cerca una angolazione estrema, e salendo in verticale si può schiacciare meglio la palla. Chiamiamolo effetto Karlovic: la palla rimbalza appena dopo la rete, e oltre che angolata arriva anche molto alta sopra la spalla del ribattitore.
Lorenzo da sinistra, quindi nei punti importanti, ora gestisce molto meglio la prima palla a uscire. Io lo considero un potenziale aceman, anche se è ancora in crescita. Nel 2019 ha chiuso con 280 ace, Nel 2020 sono stati 127, ma con molti meno match, e una percentuale di prime e seconde che inizia a migliorare.
Statistiche al servizio: 2019 vs 2020
Arriviamo così alle statistiche. Se guardiamo la figura A, dalla comparazione fra i punti importanti giocati da sinistra nel 2019 e nel 2020, vediamo che nel 2019 Lorenzo serviva il 29,8 per cento di prime palle a uscire mentre ora è il 44,6 per cento. Piazzava inoltre un’alta percentuale di punti ‘sulla ’T’: il 49,8 per cento, che è sceso al 38,2. Questo perché deve dare valore a tutte le giocate.
Da qui a un anno dovrà gestire tutte le direzioni allo stesso modo. Federer, uno che al servizio non se la cava male, ha una percentuale omogenea su tutte le direzioni, ed è quello il nostro traguardo. Per raggiungerlo serve una perfetta padronanza del gesto.
Lo capiamo anche analizzando la seconda di servizio (figura B). Un lavoro importante lo abbiamo svolto sulla rotazione kick. Lorenzo all’inizio faticava a servire nell’angolo esterno da sinistra perché il corpo ‘entrava’ troppo e lo bloccava. Inoltre l’uscita dal servizio sulla seconda palla era disordinata, e lo portava a fare sempre un passo in più. Eliminato quel passo, grazie ad una migliore spinta verticale, ora ha più tempo per recuperare spazio e giocare (quasi) sempre il diritto sulla risposta dell’avversario. In molti dicono: «Sonego deve migliorare il rovescio», ed è vero, ma si tratta di una strada lunghissima. Raonic ha impiegato due anni e mezzo per avere un buon rovescio. Lavorando invece sulle qualità di Lorenzo è più facile coprire le ‘magagne’. Adesso Lorenzo in uscita dal servizio è più ordinato e gioca meno rovesci. Per andare in sofferenza deve trovare uno come Rublev, che gli ruba il tempo, ma con molti altri ha vita più facile.
I progressi hanno ricadute – a volte inattese – su tutti gli aspetti. A Lorenzo ad esempio piace giocare sul veloce indoor, ma prima di quest’anno non ci aveva mai ottenuto risultati; le cose adesso sono cambiate. Mettere
a posto il servizio influenza anche la programmazione: fino a due, tre anni fa Lorenzo ragionava da giocatore di Challenger, ora gli si è aperto davanti un altro mondo.
Fra l’altro non è usurato, ha iniziato tardi, non ha giocato tanto a livello junior, come professionista si è costruito in maniera graduale, ha davanti ancora almeno 10 anni di carriera. Il miglioramento di questi mesi è evidente,
ed è dovuto molto alla sua capacità di costruire un team che lo sa aiutare: Lorenzo Beltrame come mental coach, un fisioterapista che lo segue sul circuito, due preparatori atletici, la mia figura che affianca Gipo e Umberto. È un lavoro di squadra, che prevede 2, 3 riunioni fisse al mese, e il primo a dare importanza a questo aspetto è proprio ‘Sonny’. Che ora ragiona in grande e non nasconde il suo obiettivo: arrivare alle Atp Finals a Torino, la sua città. Un’altra tappa di questo nostro work in progress.