La sconfitta con Djokovic a Parigi-Bercy non va demonizzata: Musetti ha grandi qualità ma la crescita deve essere commisurata a obiettivi e possibilità reali, senza pretendere la vittoria sempre e a ogni costo
Ho letto interviste e resoconti seguiti alla sconfitta di Musetti a Parigi-Bercy. Dichiarazioni che rivelano senza dubbio grande amor proprio e forte aspirazione dell’italiano, ma che comunque risuonano un pò esagerate. Certo, il punteggio è severo, ma alla luce delle immagini perdere 6-4 6-4 in sostanza non avrebbe cambiato molto. Non dico di accettare il risultato allegramente, ma i parametri rispondono anche a una certa verità e Lorenzo Musetti non ha perso con Pizzicannella Giovanni, ma contro un Novak Djokovic che per natura, se gli dai un dito, si prende braccio e tutto il resto. Dico questo perché ciò che potrebbe essere sano rammarico rischia di sforare in un perfezionismo che crea forti aspettative e non prelude a nulla di buono.
Le aspettative naturalmente vanno coltivate; ma anche adeguate alla circostanza e, se occorre, fatte slittare ad altra data.
Il tennis rimane uno sport di situazione, comunque legato a episodi, e ricondurre ogni volta il confronto con Nole ai due set di vantaggio guadagnati al Roland Garros 2021 può essere fuorviante circa i valori in campo. Valori che ancora oggi volgono a favore del serbo, non tanto per una tecnica nuda e cruda, di cui il carrarese è uno spiccato esponente; quanto per il modo inimitabile di leggere i punti.
Fatta questa considerazione e per non rischiare di cadere in frustrazione, consiglierei al nostro portabandiera di affrontare la scalata al vertice come «Entità Separata», ossia centrato su se stesso e sulle aspirazioni che di volta in volta possono essere fissate in modo elastico, lontane da facili entusiasmi e da ansie da prestazione che appartengono più agli altri che non a lui stesso.