Il recordman azzurro, dopo la battaglia di 6 ore e 5 minuti contro Moutet, incassa i complimenti del Napoli e torna in campo per sfidare Schwartzman, un argentino che di nome fa… Diego. Dalla Spagna al Simonne Mathieu, passando per i tanti infortuni: il campano sta finalmente trovando continuità

L’immagine di Lorenzo Giustino disteso sul campo 14 di Parigi, con le braccia al cielo e un sorriso colmo di soddisfazione ha immediatamente riempito le bacheche social di ogni tipo, di appassionati e non. La battaglia di 6 ore e 5 minuti contro Corentin Moutet, pur spalmata in due giorni, ha attirato – oltre ai pochi spettatori ammessi al Roland Garros – le attenzioni di tutti. Giustino, per l’Italia, era già da record a prescindere dal risultato: nessun azzurro aveva superato le cinque ore e un quarto di battaglia, ma vincere la prima partita in carriera in uno Slam sarebbe stato il giusto riconoscimento per i tanti infortuni (l’ultimo al gomito nel 2019) che spesso e volentieri hanno impedito di trovare continuità, quella parolina magica che nel tennis può fare tutta la differenza del mondo. Lorenzo aveva dimostrato di non voler sottrarsi alla lotta già dalle qualificazioni con il 7-6 al terzo su Marterer e il 7-5 su Grenier, prima di un turno decisivo più agevole contro l’imprevedibile Brown.

Per tre volte il lieto fine della favola è stato a pochi punti dallo svanire con Moutet al servizio per il match, momenti in cui Lorenzo ha trovato energie impensabili per far pendere l’ago della bilancia dalla sua parte sino al trionfo. “Sto benissimo – scherza con l’inconfondibile sorriso in conferenza stampa – Ora potrei dire che domani andrò un po’ in giro per quanto sono fresco“. E nel frattempo, tra le due sessioni di vasca di ghiaccio, i complimenti indirizzati a Giustino si moltiplicavano. Lui che, napoletano verace, è stato omaggiato con un tweet anche della squadra di calcio della sua città, per la quale simpatizza e alla quale rimandano i connotati del prossimo avversario, il “Peque” Schwartzman, un argentino che di nome fa Diego: un riferimento che non avrebbe bisogno di ulteriori specifiche. Eppure, nella sua storia c’è molta Spagna. A fine anni Novanta lascia Napoli e inizia ad allenarsi nell’Accademia di Orantes, strega gli iberici nei tornei giovanili ma non cede al corteggiamento di chi gli chiedeva un cambio di nazionalità: “Difendo la bandiera italiana, anzi quando gioca la Spagna io gufo!”.

Nel corso della carriera ha l’opportunità di avere al suo fianco coach come Tomas Tenconi e Diego Nargiso, sino al produttivo rapporto lavorativo con Pere Riba e Gianluca Carbone (che lo ha convinto ad entrare nel team di Albert Ramos), nel suo box a Parigi. Mercoledì Giustino riproverà a stupire sul Simonne Mathieu, il terzo campo per importanza del Roland Garros: una sfida sulla carta durissima contro il recente finalista del Foro Italico ma da giocare a mente sgombra, finalmente libera da duraturi acciacchi fisici. Magari con qualche cicatrice dei 365 minuti giocati nel match di primo turno, ma mai state così piacevoli prima d’ora.