Leylah Fernandez, classe 2002, e Felix Auger-Aliassime, 2000, hanno portato il Canada in semifinale allo Us Open, dando ulteriore risalto a un paese ricchissimo di talenti. Lui è il primo semifinalista Slam fra i nati nel nuovo millennio, lei una sorpresa che ha già rapito tantissimi appassionati, grazie a un tennis mancino che la porterà molto lontano
La baby star sbucata dal nulla (o quasi)
Lui è il primo giocatore nato negli Anni 2000 a raggiungere una semifinale Slam, mentre lei è appena diventata la più giovane ad arrivare così lontano. Insieme, sono Felix Auger-Aliassime e Leylah Fernandez, i due nuovi fenomeni del tennis canadese – o del Québec: sono entrambi di Montreal – che allo Us Open si sono arrampicati fino agli ultimi quattro gradini, ribadendo che per il tennis del futuro il Canada può dormire sonni tranquilli, raccogliendo i frutti del grande lavoro di formazione svolto nell’ultimo decennio. Prima dal sistema canadese sono venuti fuori Denis Shapovalov e Bianca Andreescu, poi Auger-Aliassime di cui si parla un gran bene da quando ad appena 14 anni diventò il primo a portare il nuovo millennio nel ranking ATP, e per ultima la Fernandez, che mischia i geni ecuadoriani di papà Jorge, ex calciatore, a quelli filippini di mamma Irene, e nella Grande Mela è sbucata fuori un po’ dal nulla.
Il suo potenziale era già noto da tempo, da quando due anni la mancina classe 2002 fa vinse il Roland Garros juniores e poi è arrivata in fretta fra le prime 100 del ranking WTA. Tuttavia, da quando a marzo a Monterrey si è presa il suo primo titolo nel Tour la canadese dagli occhi a mandorla era riuscita a portare a casa giusto una manciata di partite in 11 tornei, e non c’era affatto il sentore che potesse tirar fuori un torneo simile nell’ultima grande occasione del 2021. Ma quando la merce c’è ed è di qualità rara, il clic può arrivare da un momento all’altro. Il suo è scattato al terzo turno contro la campionessa uscente Naomi Osaka: l’ha battuta in rimonta, facendola piombare in una nuova crisi psicologica, e poi non si è più fermata spedendo a casa anche altre due big come Angelique Kerber ed Elina Svitolina.
Qualcuno ha già gridato alla futura star, dimenticando che nel tennis (femminile in primis) è sempre pericoloso fare previsioni, ma di certo le qualità di Leylah sono fuori dal comune. “Non so spiegarmi come mai il mio gioco abbia ripreso a funzionare di colpo – ha raccontato lei –, ma nei mesi scorsi, anche quando i risultati non arrivavano, mi sono allenata sempre con grande impegno. Mio papà (che ne è anche il coach, ma a New York non è presente per motivi personali, ndr) mi ha detto di cercare di rimanere paziente e di non perdere fiducia nel mio gioco, sicuro che prima o poi avrebbe funzionato. Aveva ragione”.
L’esperienza costruita con… l’immaginazione
La canadese che vive in Florida, e ha una sorella di nome Bianca Jolie a sua volta impegnata nel tennis (è circa numero 1.000 del ranking WTA), ha impiegato poco a conquistare il pubblico di New York, grazie al suo aspetto da bambina mixato alla grande maturità sul campo da tennis. Altrimenti non la batti la Osaka in quel modo, oppure la Kerber rimontando uno svantaggio di 6-4 4-2 e facendola impazzire fotocopiandone alcuni degli schemi che l’hanno resa grande, come il servizio slice da sinistra seguito dal dritto lungolinea, micidiale.
Vittorie difficili, di valore, come lo è stato tenere i nervi saldi nei quarti di martedì, sia perché l’avversaria era Elina Svitolina sia perché quello giocato dalle due era il primo tie-break del terzo set nella carriera professionistica di Leylah. Roba che avrebbe fatto tremare le ginocchia a tante giocatrici navigate, ma non a lei. Era avanti 4-1, si è lasciata riacciuffare sul 5-5, ma ha trovato comunque un modo per portarla a casa, sfruttando l’esperienza costruita grazie – udite udite – all’immaginazione. Non aveva mai giocato fisicamente su dei campi così importanti, ma con la mente sì, centinaia di volte, affrontando prima Justine Henin, poi le Williams e più recentemente Naomi Osaka. Il risultato? Vinceva sempre lei, ed è come su quei sogni ad occhi aperti le siano serviti per conquistare la semifinale, giustificando la “sparata” di qualche mese fa.
Raccontò ai media che per il 2021 puntava ad arrivare fra le prime 10 del mondo, con una naturalezza che sapeva quasi di spocchia, ma ora è tutto più chiaro. Non ce la farà quest’anno, perché anche se dovesse battere Aryna Sabalenka in semifinale non arriverebbe comunque nelle prime 25, e di tornei dove raccogliere punti pesanti resta appena Indian Wells. Ma l’appuntamento è solo rimandato. “Noi giovani – ha aggiunto – stiamo arrivando. Vogliamo fare la differenza, lasciare un segno nel mondo del tennis. Sono onorata di essere fra coloro che stanno ottenendo i risultati migliori”.
Auger-Aliassime: “non mi accontento”
Se il risultato della Fernandez è arrivato a sorpresa, non si può dire lo stesso del traguardo ottenuto da Felix Auger-Aliassime, primo canadese a giocare una semifinale allo Us Open. Quello spot doveva essere di proprietà di Stefanos Tsitsipas, ma il greco è caduto contro la baby star Alcaraz e il 21enne di padre togolese è stato bravissimo a fare il suo, compiendo uno step in più rispetto a Wimbledon (si arrese ai quarti) e avvicinandosi alla top-10, dove staziona – ma ancora per pochi giorni – il suo “gemello” Denis Shapovalov. I due sono cresciuti insieme, e il più appariscente è sempre stato il biondo dal rovescio a una mano, ma Felix ha sempre avuto qualcosa di speciale, e non solo per la data di nascita – l’8 agosto – condivisa con mister Roger Federer.
“La semifinale di me e Leylah – ha detto Felix – è un grande risultato per noi e per il Québec, visto che veniamo entrambi da lì. Io e lei, due ragazzini di Montreal, in una semifinale Slam: è speciale. Per la sua carriera come per la mia. Venerdì tornerò in campo contro Medvedev, uno dei più forti del mondo, a giocarmi la chance di raggiungere la prima finale in un torneo del Grande Slam. È qualcosa di incredibile. Negli ultimi anni ho dovuto imparare ad avere pazienza, ad accettare sconfitte difficili, sapendo che prima o poi sarebbe arrivata la mia ora. Nel tennis è fondamentale crederci, anche senza sapere bene se e quando succederà davvero. Sono felice che per me sia capitato qui, in un palcoscenico come questo, ma non mi accontento. Il torneo non è finito, e posso ancora fare meglio”.
Il contributo decisivo di Toni Nadal
Auger-Aliassime è un bel personaggio, tanto interessante per i suoi risultati in campo quanto fuori. Ama suonare il pianoforte, dice che se non fosse diventato un tennista sarebbe un artista, e da ragazzino gestiva un canale YouTube (c’è ancora, ma i video non più) nel quale davanti a una webcam in cameretta parlava di ecologia, riscaldamento globale e salvaguardia del pianeta. Poi il tennis ne ha assorbito buona parte del tempo e delle energie mentali, ma Felix è rimasto molto attivo, dedicando spazio sia alla politica della racchetta (dal 2020 è il più giovane membro del Players’ Council ATP) sia al sociale. Basti pensare che nel 2020 ha donato 5 dollari per ciascun punto vinto durante l’anno a un’associazione che si occupa dell’istruzione e dell’educazione di bambini nel Togo, la nazione d’origine di papà Sam, poi emigrato in Canada dove è diventato insegnante di tennis. In totale, grazie all’intervento di BNP Paribas che ha quadruplicato l’importo, la donazione complessiva è stata di circa 100.000 dollari. Potrebbe aumentare parecchio quest’anno, visto che Felix ha giocato – e vinto – molti più match, e non ha intenzione di fermarsi.
La sua è stata una crescita costante, a piccoli passi, affinando un dettaglio dopo l’altro. E con l’aiuto di un secondo allenatore speciale come Toni Nadal, lo zio di Rafa che accompagnato il nipote per buona parte della sua carriera, e dopo aver dato una mano a Cristian Garin ha sposato gli obiettivi di Felix. “Lavoriamo insieme dallo scorso dicembre – spiega il canadese – e quella di chiedergli una mano è stata un’ottima idea. Mi ha aiutato a migliorare il mio tennis e la concentrazione, a diventare più solito e a muovermi meglio. Ma la cosa più importante è la fiducia e la consapevolezza che ha portato sia a me sia a tutti gli altri membri del mio team. Lui, da allenatore, ha vissuto tutte le emozioni che io vorrei vivere da giocatore, ha vinto i più grandi tornei del mondo e ha visto il suo allievo arrivare al numero uno del mondo. È come se ci abbia fatto capire che è qualcosa che si può fare, che anche noi possiamo ottenere quel genere di risultati, se continuiamo a fare le cose bene e a lavorare nella giusta direzione”.
Difficilmente Auger-Aliassime diventerà il nuovo Nadal, ma può comunque fare tanto, partendo magari da quel primo titolo ATP che sino a ora gli è sempre sfuggito. Ha giocato otto finali, alcune da favorito, e le ha perse tutte senza mai riuscire a vincere neanche un set. Ma l’antipatico paragone col francese Julien Benneteau, che ha chiuso la carriera con dieci finali perse e zero titoli in bacheca, non regge. Felix è di ben altra pasta, l’ha già dimostrato a più riprese. La semifinale a New York non fa altro che ribadirlo.