Al termine dello Us Open ci sarà un nuovo numero uno del mondo. Può essere Nadal, ma a deciderlo saranno Alcaraz e Ruud: la loro battaglia a distanza continua in semifinale, col sogno di vederli uno contro l’altro domenica sera. Una finale fra i due metterebbe in palio anche la vetta del ranking.

L’America è la terra delle opportunità? Anche il tennis dice di sì. La statistica parla chiaro: fra i tornei maschili del Grande Slam, negli ultimi quindici anni lo Us Open è stato di gran lunga il più aperto ai volti nuovi. Dal 2008 (compreso) Australian Open, Roland Garros e Wimbledon hanno avuto solamente quattro vincitori diversi: i Big Three più Wawrinka a Melbourne e Parigi, gli stessi tre fenomeni più Murray a Londra. A New York, invece, ci sono stati la bellezza di nove campioni diversi, pronti a diventare dieci nella serata italiana di domenica, quando uno fra Khachanov, Ruud, Alcaraz e Tiafoe – in rigoroso ordine di tabellone – sarà il sesto giocatore negli ultimi 15 anni a conquistare il suo primo titolo Slam a Flushing Meadows. È il frutto di un torneo partito senza Djokovic e senza Zverev, che ha perso subito Tsitsipas, presto Medvedev e Nadal, ed è rimasto con due semifinali imprevedibili. Non tanto per Alcaraz e Ruud, visto che insieme al titolo si giocheranno il numero uno della classifica ATP (quindi dietro al risultato americano c’è molto altro), quanto per Khachanov e Tiafoe, entrambi alla prima semifinale Slam. Il russo, capace di far fuori quel Nick Kyrgios che era diventato il favorito dei bookmakers (ora è Alcaraz), aveva giocato il primo quarto oltre tre anni fa e ha impiegato una dozzina di Slam per andare oltre, peraltro finendo fuori dai primi 30 dopo aver toccato la top-10. Tiafoe, invece, è diventato il primo statunitense in semifinale allo Us Open dal 2006, nonché il primo afroamericano a farcela dall’ultima apparizione di Arthur Ashe, datata ’72. L’esserci riuscito sul campo che oggi porta il nome dello stesso Ashe aggiunge fascino alla storia.

La semifinale fra Khachanov e Ruud pare quella dal pronostico più aperto, perché il numero 7 del mondo continua a lasciare perplessità, spesso immotivata. Sarà la sua provenienza curiosa per il tennis, anche se molti dimenticano Molla Mallory, norvegese che di Us Open ne vinse otto, fra il 1915 e il 1926. Sarà il fatto che fino al 2021 Ruud pareva un ottimo giocatore da terra battuta punto e stop, mentre di colpo si è evoluto in un possibile numero uno che raccoglie punti e successi dappertutto. O sarà quell’aria da ragazzo normale, senza un carisma particolarmente spiccato e con uno stile che di biglietti ne vende pochini. Eppure Casper del fantasma ha sempre meno ed è diventato uno tosto per davvero: fra i colleghi che lo seguono in classifica non ce ne sono poi così tanti in grado di offrire molto di più. Nei Big 12 di Tiafoe, secondo il quale il tennis del prossimo futuro non sarà di pochi ma di un gruppo molto più ampio, Ruud un posto ce l’ha di sicuro. Nella potenziale anarchia al vertice prevista per il dopo Djokovic-Nadal, vederlo vincere uno Slam non farebbe gridare allo scandalo. Nel frattempo, e ammesso che ce ne sia bisogno, una finale Slam sul cemento sarebbe la consacrazione definitiva. Visto come ha (mal)trattato Berrettini, e con un’occasione simile a portata di mano, una sconfitta contro Khachanov sarebbe un discreto passo indietro. Qualcosa a cui non sembra abituato, visto che negli ultimi due anni ne ha compiuti solamente in avanti.

Alcaraz e l’incognita della fatica, ma l’occasione è enorme

Nell’altra semifinale, la più attesa, il pronostico sarebbe più scontato se Alcaraz non fosse stato in campo cinque ore e un quarto per battere Sinner, in un incontro finito alle 2.50. Gli account social del torneo l’hanno celebrato come un traguardo da sbandierare ai quattro venti, quando in realtà una partita che termina alle 3 del mattino non è altro che la sconfitta di una programmazione scellerata. Fortuna che il fuso orario ha regalato agli europei la possibilità di vedere la parte più importante del duello, ma non è stata di certo una scelta consapevole. Alcaraz si è presentato in conferenza stampa alle 3.40 del mattino, e fra altri impegni, trattamenti vari e rientro in hotel difficilmente è andato a letto prima delle 6. Con un carico di adrenalina che magari (o probabilmente) gli ha reso difficile prendere sonno. Una situazione che potrà influenzare la sua semifinale, a maggior ragione con Tiafoe che grazie ai giochi del sorteggio si era già garantito un giorno di riposo in più. È vero che Alcaraz ha 19 anni, certe fatiche sulle sue gambe pesano meno, ma si è trattata comunque di una situazione estrema che lo obbligherà a una preparazione e a una gestione di se stesso diversa rispetto agli impegni precedenti. Volendo vederla in maniera costruttiva, sarà un bel test per capire se lo spagnolo è già pronto a essere un numero uno del mondo credibile al cento per cento, in grado di durare nel tempo, oppure, almeno per il momento, un suo potenziale insediamento in vetta sarebbe da considerare una fase di passaggio in un periodo storico privo di un vero padrone.

Se Alcaraz dovesse invece presentarsi in campo al massimo delle sue potenzialità, l’unico scoglio sarebbe un Tiafoe che sin qui ha giocato un grandissimo torneo, lasciando solo un set a Nadal in cinque partite e vincendo sei tie-break su sei. L’americano originario della Sierra Leone è in palla, gli viene tutto facile, ha il pubblico dalla sua parte e riesce a sfruttarne l’energia, ma anche in una situazione simile rimane lontano dai livelli di Alcaraz. Il quale, peraltro, non è tipo che si lascia distrarre facilmente e il suo braccio non trema mai. Ha di fronte l’occasione perfetta per prendersi il primo titolo Slam e il numero uno del mondo, e anche la stoffa per fare sue entrambe le cose, indipendentemente dalla fatica accumulata sin qui. A proposito di corsa al numero uno: ora lo scenario è piuttosto chiaro. Se né Alcaraz né Ruud dovessero arrivare in finale, dal prossimo lunedì in testa alla classifica ci sarà Rafa Nadal, per la prima volta dal gennaio 2020. Se invece uno dei due (ma non l’altro) dovesse superare la semifinale, la vetta della classifica sarebbe automaticamente sua. Qualora invece riuscissero ad arrivare in finale entrambi, il vincitore non si prenderebbe soltanto il primo titolo Slam ma anche il numero uno. Sarebbe lo scenario ideale, il più