Cosa ne pensano gli spettatori delle nuove regole Next Gen? Lo abbiamo chiesto al pubblico presente sugli spalti dell’Allianz Cloud, per capire quali tra queste nuove innovazioni potrebbero finire stabilmente nei tornei del circuito ATP

Conclusa la fase a gironi, è già tempo di bilanci. Se dobbiamo aspettare domani sera per sapere chi sarà il Next Gen 2022, qualche considerazione possiamo però già farla. Ma non stiamo parlando di quello che è successo o succederà sul campo, bensì vogliamo puntare i riflettori sulle tribune dell’Allianz Cloud che in questi primi tre giorni hanno accompagnato i colpi spettacolari dei protagonisti con entusiasmo.

Con i suoi quasi cinquemila posti a sedere, dimensione perfetta per godere del tennis di questi giovani fenomeni, la colorata e chiassosa bomboniera milanese si conferma luogo ideale per gli spettatori. E proprio tra loro abbiamo voluto calarci per capire se questo laboratorio di innovazioni regolamentari che sono le Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals li ha convinti e quali tra queste vorrebbero vedere poi applicate definitivamente nei tornei del circuito.

Se Shot clock da 25 secondi tra un punto e l’altro e arbitraggio elettronico senza giudici di linea sono già state efficacemente incorporate (tanto che è stato anacronistico e piuttosto strano vedere al Masters 1000 di Parigi ancora presenti i giudici di linea umani), restano da valutare novità importanti come le partite al meglio dei cinque set ma ai 4 game, il punto secco sul 40 pari, una sola pausa per i giocatori dopo il terzo game del set, la possibilità per il pubblico di muoversi sulle tribune durante gli scambi e, per ultima, lo shot clock da 15 secondi tra un punto e l’altro (e non 25) quando c’è un ace, un doppio fallo o se la risposta non è giocabile.

E allora saliamo i gradini dell’arena per incontrare qualche appassionato. Jacopo, 20 anni da Sizzara non ha dubbi: “Per me la formula è molto buona perché un giocatore può sempre recuperare, anche se è parecchio sotto”. Si inserisce Giorgio, amico da una vita: “Non sono d’accordo, io preferisco i set normali al meglio del 6, così è tutto troppo frenetico”. “Io penso – ci racconta invece Mirko da Cremona – che a questo punto, proprio perché ci sono solo 4 game, i cinque set sono necessari ti danno la possibilità di stare nella partita. E se anche vai sotto puoi rimontare”. “Io sono un grande fan dei tie-break – dice Paolino, orgoglioso della sua felpa della Scuola tennis, 12 anni compiuti da poco – e siccome con questa formula se ne giocano un casino, sono super contento”.

Il killer point, che poi sarebbe il punto secco sul 40 pari, non convince Silvia, milanese doc: “No, non mi piace proprio. Magari hai lottato tutto il game e quando arrivi sul 40 pari ti viene l’ansia, anche perché un episodio sfortunato può vanificare tutto il lavoro fatto fino a lì”. “Ha ragione – le fa eco Federica, amica da una vita – proprio perché sei con le spalle al muro giochi con il freno a mano tirato e non è facile psicologicamente. Per me è molto meglio con i vantaggi”.

Se lo shot clock a 15 secondi per tutti gli intervistati non ha coinvolto più di tanto i tifosi che quasi non se ne sono accorti, un’opinione ce l’ha Aldo, pensionato e grande appassionato della racchetta: “Vanno benissimo i 25 secondi, sempre, così i giocatori hanno la possibilità di riposarsi e di ripensare meglio a quello che dovranno fare nel prossimo punto”.

Il fatto che la gente sia libera di muoversi durante il gioco non piace a Stefano che da Vimercate è corso a Milano per godersi la sfida tutta italiana tra Passaro e Arnaldi: “Non mi convince questa scelta, per rispetto verso i giocatori bisognerebbe rimanere seduti e in silenzio”. “Secondo me invece – puntualizza Alberto, amante dei gesti bianchi e buon doppista – ai giocatori la gente che si muove non dà poi così tanto fastidio. Invece soffrono molto quelli che non smettono di parlare. Per quelli ci vorrebbe una museruola”.

Una sola pausa all’interno del set? “Beh, guarda cosa è successo prima a Passaro – ci dice Stefania, emiliana doc – se ti vengono i crampi cosa fai?”. “Non è giusto. – conclude Alessio – quando affronti match di questa intensità, come quello a cui abbiamo assistito oggi che è durato due ore e quaranta minuti, i giocatori hanno bisogno di bere e di tempo per recuperare le forze”.

E i giocatori cosa ne pensano? Beh, su tutti chiudiamo con le parole di un protagonista di questo torneo, quel Matteo Arnaldi uscito di scena comunque a testa altissima, portandosi a casa crediti importanti grazie a due match da ricordare, persi per pochi episodi, e fornendo prestazioni che lo proiettano tra i nomi da seguire del tennis azzurro “Questo format è indubbiamente divertente ma una volta all’anno è sufficiente”. Sulla sua lunghezza d’onda l’amico Francesco Passaro: “Il format è un po’ particolare – ha commentato il 21enne perugino – e lo vedo come uno show più per il pubblico, mentre per noi giocatori è decisamente faticoso. Poco riposo e tanto gioco in un’arena molto, molto calda. Però ci siamo divertiti dai”.