Da Almaty a Cuernavaca, la parabola di Jurij Rodionov raccontata grazie all’aiuto degli azzurri che lo hanno affrontato
Potente, ma fumoso come Dustin Brown: il Rodionov del passato
Giugno 2018, Jurji Rodionov registra un exploit che lo porta dalle qualificazioni al trionfo nel torneo kazako di Almaty. Jurji, nato a Norimberga da genitori bielorussi, impressiona tutti con il suo gioco potente, specialmente sul lato del rovescio e sembra pronto a seguire le tracce dei coetanei Shapovalov, De Minaur e Kecmanovic. Nei mesi successivi si barcamena e sfonda per qualche settimana la barriera dei primi duecento, ma niente più finché la scadenza dei punti kazaki porta al ribasso le aspettative nei suoi confronti. A due anni esatti di distanza le cose sono mutate radicalmente, anche perché a 21 anni sei tutt’altro. Il naturalizzato austriaco oggi vanta un nuovo best ranking (168) ed un paio di titoli Challenger in una stagione congelata da marzo. Dall’interruzione occupa anche la quinta posizione della ‘Race To Milan’ nell’ultima stagione utile per poter giocare al PalaLido.
Un’ottima carriera juniores, parentesi chiusa al settimo posto della classifica mondiale e con una vittoria di spicco alla Yeltsin Cup. Rodionov specialmente al suo picco sembrava pronto per consolidarsi nel panorama Challenger. All’atto pratico però si rivela fumoso e discontinuo, mentalmente e tatticamente. Fatica nell’arco della settimana specialmente nelle giornate dove tirare forte non basta, impressione che trova conferma nelle parole di Raul Brancaccio, nel 2019 avversario dell’austriaco in quel di Recanati: “Nel circuito juniores era abituato a fare la partita con la potenza dei suoi colpi, con i grandi ha provato a fare lo stesso scoprendo una realtà diversa”. Il commento del tennista azzurro che non fa però mistero delle doti di Rodionov: “È un mancino potente, fisicamente è grosso e sfrutta questa dote. Serve forte, ti sa sorprendere con il serve and volley, si vede che gli piace il gioco brillante e questo ogni tanto lo porta a qualche errore di troppo”.
Su quest’ultimo punto lo stesso Rodionov ha fatto un mea culpa, paragonandosi a Dustin Brown, alla ricerca troppo insistente del colpo spettacolare. Il 2020 sembra iniziare sotto una cattiva stella, a Bangkok e Rennes sonori K.O per mano di Yevseyev e Maamoun. Asia, Europa e America in meno di un mese non sembra essere il massimo quando mancano i risultati, ma a Dallas il debutto sotto la nuova ala di Javier Frana segna la svolta. Continuità da fondo, il coach argentino in tempo zero inculca un nuovo mantra nella testa dell’austriaco che al secondo turno sorprende il nostro Andreas Seppi. La settimana procede spedita, nonostante la superficie teoricamente non sia la più congeniale, in semifinale Jurji colleziona il secondo scalpo di un top 100 battendo Koepfer ed in finale si aggiudica il titolo contro Kudla. Un trionfo inaspettato al quale due settimane dopo segue quello di Cuernavaca, in un mese il giocatore di Norimberga rilancia la sua scalata, dalla posizione 362 al nuovo best ranking di numero 168. Il tutto per la gioia della Federazione austriaca che vede ripagato il suo investimento. Il paragone casalingo con Thiem è naturalmente prematuro ed il numero tre del mondo resta solo un riferimento, anche se in una recente esibizione Rodionov gli ha strappato con un netto 6-2 prima di cedere con il parziale complessivo di 2-6 6-3 6-1.
Lo sguardo di Jacopo Berrettini e Roberto Marcora
Tenere di testa, pazientare, essere lucido tatticamente. In sostanza il cliché del tennista che vuole tornare a vincere, ma a sentire Jacopo Berrettini per Rodionov questo potrebbe essere davvero sufficiente per il salto di qualità: “L’ho affrontato due volte, una a Santa Croce, in quello che per me era l’ultimo anno junior e per lui il penultimo, ed una al Challenger di Barletta – racconta il romano che si è imposto in entrambe le occasioni – Da Under 18 era iper aggressivo e forzava giocate estreme. Già l’anno scorso l’ho visto più paziente, anche se di base continuava a cercare la giocata. In questo inizio di stagione è cresciuto molto, in campo ha sempre avuto un ottimo atteggiamento anche se delle volte si è fatto andare a qualche scenata di troppo”.
Un paio di incontri all’attivo contro l’attuale numero quattro d’Austria, anche per Roberto Marcora. Il lombardo lo ha affrontato due volte sul veloce, vittoria in quel di Recanati e sconfitta a Glasgow. “Rodionov è un giocatore molto fisico, sa esprimere potenza, ha un bel servizio mancino e soprattutto un ottimo rovescio – spiega Roberto prima di sottolineare le lacune del collega al tempo degli scontri diretti – Con il dritto invece tende ad incartarsi, pecca a livello caratteriale e non è raro vederlo andare fuori giri. Quando è in fiducia però emerge il suo potenziale, a Glasgow ho perso 6-2 6-2 e lui era presente in tutti gli aspetti del gioco. Onestamente non mi sorprende la crescita che ha avuto in questi mesi”.