Il tennista pugliese riparte dall’ex coach di Alexandr Dolgopolov e Viktor Troicki

Jack Reader è il nuovo coach di Thomas Fabbiano. Si tratta di un’altra grande notizia per il nostro tennis, poiché parliamo di un coach con grande esperienza: non è un caso che sia riuscito a portare Alexandr Dolgopolov e Viktor Troicki, suoi precedenti allievi, tra i primi 15 giocatori della classifica mondiale. Dopo aver accompagnato il serbo sin all’ultima partita della sua carriera, persa contro Brandon Nakashima nelle qualificazioni di Wimbledon, l’allenatore ha subito preso in considerazione la chiamata ricevuta dal tennista di San Giorgio Jonico, accettando la proposta e volando a Perugia, dove l’azzurro era impegnato nel torneo challenger. Il sito Rdo sportha avuto la possibilità di scambiare due chiacchiere con l’australiano, che ha raccontato come sia nata questa nuova collaborazione.

“Erano passate poche ore dalla sconfitta di Viktor contro Nakashima – rivela Reader – quando ho ricevuto la telefonata di Thomas. Avevo già intenzione di venire in Italia qualche mese per dare una mano a qualcuno, ma non pensavo di ritrovarmi a seguire un giocatore a tempo pieno. L’Italia è la mia seconda casa. Tuttavia, conosco Tommy da qualche anno e, dopo un colloquio con Corrado Tschabuschnig, suo manager, ho deciso di intraprendere questa nuova avventura. Vedremo dove riusciremo ad arrivare: lui mi ha detto che gli piacerebbe avvicinarsi alla top 20 proprio come i miei due precedenti allievi, io spero soprattutto che non si ritiri come è capitato a loro. Detto questo, sono dispiaciuto di non aver potuto preparare con calma tutta la stagione: quando si arriva in corsa, purtroppo, ci si deve adattare ad una situazione già formata e devono passare un po’ di partite prima di riuscire a trovare la soluzione giusta. Io spero di poter instaurare, con lui, un rapporto empatico e di ascolto reciproco: così potremo ottenere buonissimi risultati”.

Il coach, inoltre, ha voluto ricordare un po’ come ha spinto Dolgopolov e Troicki fino ad un Ranking di altissimo livello: “A Dolgo dicevo di scendere in campo convinto che fosse un’esibizione. All’inizio spaccava tantissime racchette e andava spesso in confusione, poi ha trovato la sua dimensione ideale. Il suo tennis mi piaceva molto: era ricco di fantasia e non solo di potenza, come molti degli atleti contemporanei. È colpa degli allenatori se pochi tennisti hanno le caratteristiche di Dolgo: allenare la potenza è meno rischioso piuttosto che cercare di tirar fuori l’estro dal giocatore. Nick Kyrgios avrebbe potuto essere un giocatore godibile, ma non è in grado di unire fantasia e gioia. Per quanto riguarda Viktor, invece, devo dire che con lui ho vissuto momenti indimenticabili, uno dei quali è stata la finale di ATP Cup della Serbia contro la Spagna. È stato un onore sedermi su quella panchina e sentire Djokovic chiedermi se i suoi colpi andavano bene. Con Viktor siamo diventati una famiglia“.