I grandi successi da juniores, poi la paura di non essere all’altezza, la terapia per uscire dalla depressione, la rinascita. Paula Badosa ha saputo dare una svolta alla sua carriera ispirandosi anche a Sharapova e Nadal, e oggi può puntare a successi anche più prestigiosi di quello colto in California

INTERVISTA ESTRATTA DAL NUMERO DI NOVEMBRE 2021 DE IL TENNIS ITALIANO

Le donne come spesso accade sono avanti. Le dinamiche molto «aperte» a cui stiamo assistendo ormai da molte stagioni nel circuito Wta, sono molto simili a ciò che si è iniziato a vedere negli ultimi mesi in ambito maschile. Un equilibrio ed un’imprevedibilità che qualcuno si ostina ad etichettare come punti deboli di un settore, ma che invece andrebbero vissuti come valori aggiunti, capaci di portare pathos e nuove storie da raccontare nei tornei più prestigiosi.

UNA GIOCATRICE COMPLETA – La convincente vittoria di Paula Badosa maturata nel finale di stagione ad Indian Wells, si inserisce esattamente in questo contesto d’incertezza ma, in questo caso specifico, di sorpresa relativa, considerata la grande stagione della ventitreenne spagnola (ma newyorkese di nascita). Un’escalation iniziata a febbraio sui campi indoor di Lione, passata per la terra verde di Charleston e quella rossa rossa di Madrid e Parigi, l’erba di Wimbledon, proseguita sul torrido cemento di Tokyo e Cincinnati per arrivare alla definitiva consacrazione nel caldo secco del deserto californiano. Una ulteriore dimostrazione della completezza tecnico-tattica ed atletica di Badosa, qualificatasi meritatamente alle Wta Finals di Gaudalajara ed ormai pronta a spiccare il volo nel tentativo di ottenere l’upgrade più complicato in questi casi: reggere stabilmente il ruolo di top player.

Uno step che raramente è riuscito nel tennis femminile negli ultimi lustri, ma che Paula sembra davvero avere le carte in regola per fare. Quel che convince – ancor più dei risultati – nella notevole ascesa della tennista spagnola, sono le qualità fisiche e da grande agonista messe in mostra. Qualità che sono emerse chiaramente nella tiratissima finale di Indian Wells contro una campionessa esperta come Azarenka. Sotto pressione ha tirato fuori il meglio, dopo aver consolidato lungo il torneo la fiducia (già accumulata nei mesi precedenti), grazie alle affermazioni piuttosto nette nei confronti di Gauff, Krejcikova, Kerber e Jabeur. Vittime illustri che non sono mancate come accennato nell’arco di tutto questo 2021, Barty, Sabalenka e Swiatek incluse.

UNA TELEFONATA CAMBIA LA VITA – Così come non sono mancate le delusioni in quest’annata, anche cocenti. Su tutte, due quarti di finale dolorosissimi. Quelli parigini persi da favorita sul filo contro Zidansek e poi alle Olimpiadi, quando il caldo asfissiante di Tokyo la costrinse al ritiro ad un passo da una possibile medaglia. Sconfitte che un paio d’anni prima avrebbero distrutto il morale e le certezze di Badosa, ma che al contrario hanno dato slancio e motivazioni extra alla nuova versione di Paula. Infatti, la ragazza cresciuta a Manhattan e poi trasferitasi a Barcellona, aveva progressivamente perso fiducia nei propri mezzi e voglia di competere nelle sue prime stagioni sul circuito, all’indomani di quel sorprendente 2015, nel quale il terzo turno a Miami da wild card e la vittoria al Roland Garros junior le avevano fatto credere troppo presto di essere arrivata in cima. Una crisi sportiva e personale molto profonda, dalla quale ha saputo risollevarsi grazie all’incontro con Xavi Budo, lo storico coach di Carla Suarez Navarro. Una telefonata, avvenuta nel settembre del 2018, ha dato vita ad una collaborazione durata due anni e cambiato il corso della storia sportiva di Badosa. Ma non si è limitato a quella. Budo ha letteralmente ricostruito dalle fondamenta la persona e solo dopo ha iniziato ad occuparsi della giocatrice. Una giovane donna schiacciata dalle aspettative e dai paragoni (non solo tennistici) con il suo idolo d’infanzia Sharapova e sull’orlo della depressione. Rimessa a posto la scala dei valori, è iniziata la ricostruzione della giocatrice solida, tosta e completa che possiamo ammirare oggi. Un’atleta consapevole del proprio valore, in grado di camminare con le proprie gambe, gestendo l’extra tennis e la sua indubbia avvenenza con maturità.

FRA BOUCHARD E SHARAPOVA – La piega che stava prendendo la carriera di Badosa sembrava assomigliare più al percorso di Eugenie Bouchard rispetto a quello della sua figura di riferimento Sharapova. Paradossalmente – e per fortuna aggiungerei – la mancanza di risultati veramente eclatanti in età giovanile da parte della spagnola, le ha permesso, a differenza di quanto successo alla canadese, di ripartire stando lontana dai riflettori. Quei riflettori da sempre gestiti alla perfezione da Maria e che invece hanno portato Bouchard sempre più lontana da quel sottile equilibrio atletico-personaggio. Quindi lontana dal tennis di alto livello. Le similitudini Sharapova-Badosa non si riducono in ogni caso all’aspetto fisico. Paula sta diventando una combattente in grado di portare il livello della sua concentrazione a dei picchi molto alti. La capacità di giocare di tutti i punti con grande intensità, facendo sentire la propria personalità non è ancora quella di Masha, ma l’imprinting è quello. Anche alcune movenze nelle pause tra un punto e l’altro richiamano senza dubbio a quella fonte d’ispirazione. Come del resto non si ci si allontana dal punto di vista tattico, nel quale Badosa mostra un tennis di pressione giocato vicino alla riga di fondo. Tecnicamente invece, in termini di impugnature e gestualità, Badosa colpisce più sporco e cattivo, meno lineare rispetto alla fuoriclasse siberiana, quindi un po’ più attrezzata per cambi di ritmo, altezze ed accelerazioni improvvise. Se saprà migliorare la seconda di servizio – in particolare da destra – ed aggiungere al suo repertorio lo «schiaffo» al volo, tanto caro a Sharapova, potrà iscriversi anche lei alla lista delle pretendenti in grado di lottare per trofei ancora più importanti. Intanto, con Indian Wells in bacheca, inizia a guardare un po’ meno da lontano miti come Sanchez, Martinez e Muguruza. La strada è ancora lunga, ma adesso «PB» è pronta alla sfida.