Umberto Rianna, parla dei protagonisti del tennis azzurro e della situazione che vive il movimento

Umberto Rianna, responsabile della Federazione per quanto concerne il programma over 18, è stato recentemente sugli spalti del Tennis Club Napoli, in occasione del Challenger Napoli 1. Umberto ha parlato in un’intervista con IL Tennis Italiano, ne è scaturita un’interessante conversazione che copre a lungo raggio il momento del nostro tennis.

Buongiorno Umberto, ti chiedo anzitutto del ritorno del grande tennis a Napoli. Immagino che tu, da campano, sia molto contento di questi due Challenger (il primo a Napoli e il secondo ad Ercolano, ndr).

Assolutamente sì, una cornice come quella del Tennis Club Napoli meritava assolutamente un evento di questo livello. Senza nascondere che gli organizzatori (Cosimo Napolitano e i dirigenti del Circolo) hanno tutte le intenzioni di non limitarsi a cavalcare le opportunità offerte dal Covid e dagli inevitabili buchi di calendario. Stanno ragionando in grande e l’ambizione non manca, come non manca a Carmine Palumbo che sta organizzando uno splendido torneo ad Ercolano (la Vesuvio Cup, un altro Challenger 80). Poi, tornando a Napoli, sarò anche sentimentale, ma ho sempre in mente il famoso incontro di Coppa Davis contro l’Inghilterra (anno 2014, vittoria per 3-2), che personalmente mi regalò un’emozione indimenticabile.

Veniamo allora ai ‘tuoi ragazzi’. Si può dire che mai in Italia abbiamo avuto tanti giocatori giovani e così promettenti?

Possiamo senz’altro dirlo, e con grande orgoglio. Devo però premettere che io sono responsabile di questo progetto a partire dal 2015, il progetto nel 2018 si è evoluto e ha cambiato alcune delle sue caratteristiche. Nello specifico mi è stato chiesto di focalizzarmi soprattutto su Berrettini e Sonego, cui si sono aggiunti nel 2020 Musetti e Zeppieri. Per gli altri ragazzi la Federazione sta potenziando il progetto con l’inserimento di importanti professionalità.

Ok, allora parleremo soprattutto di loro. Ma prima volevo chiederti se c’è un limite d’età oltre il quale la Federazione smette di seguire i ragazzi?

No, non c’è una data di scadenza e fondamentalmente dipende dai progetti individuali e dall’evoluzione dei giocatori.

Per ricoprire il tuo ruolo immagino ci voglia molta sensibilità e senso della misura. Non sarà facile seguire i team privati e coadiuvarli senza però invadere il campo e urtare la loro suscettibilità.

Infatti la prima parte di questo progetto è dedicata soprattutto a stringere alleanze coi team privati. Ci stiamo allora sforzando di far capire che questi ragazzi vanno seguiti anche al termine della loro carriera junior per traghettarli verso il professionismo. Dobbiamo spiegare che per loro la Federazione c’è e intende offrire un aiuto concreto per integrare il già ottimo lavoro che stanno facendo. Poi ovvio che non bisogna solo parlare della mia figura, io non sono altro che una parte dell’ingranaggio, una specie di cinghia di trasmissione tra la Federazione e i team dei singoli atleti. Ovviamente in questo lavoro sono supportato da uno staff che comprende Stefano Barsacchi, Roberto Petrignani e Francesco Cerrai per l’aspetto fisico. Per la parte mentale è fondamentale l’aiuto del mental coach Lorenzo Beltrame e dello psicologo Danilo De Gaspari. Il tutto ovviamente sotto la supervisione di Filippo Volandri, attuale Direttore Tecnico oltre che Capitano di Coppa Davis.

Dunque nessuna invasione di campo.

Per niente, io già di carattere non sono una persona invadente, e nello specifico vado solo ad affiancarmi a bravi professionisti che stanno già svolgendo un lavoro eccezionale. Io faccio analisi e propongo soluzioni ma se loro non sono d’accordo non sto certo ad insistere. Sta a loro decidere se approfondire o meno.

Oltretutto non finirò mai di ringraziarli perché in questa collaborazione anch’io continuo ad imparare e a crescere (non a caso quest’estate Umberto ha preso la laurea magistrale in Scienze Motorie). Il lavoro di Santopadre (Berrettini) mi era più familiare perché era quello che da allenatore già facevo prima di entrare in Federazione, ma crescere un atleta fin da quando era bambino, come hanno fatto Arbino (Sonego), Tartarini (Musetti) e Melaranci (Zeppieri), è per me un’esperienza completamente nuova che mi sta insegnando tanto.

Tu eri al box di Berrettini al Queen’s. Nel box di quale torneo vorresti essere quando Matteo alzerà, come tutti ci auguriamo, il suo primo trofeo Slam?

In uno qualsiasi (ride, ndr), non ho preferenze. Anzi sì, una piccola preferenza l’avrei per gli US Open, ma più che altro perché mi sono formato negli States (con Nick Bollettieri).

Una preferenza tua che implica anche una valutazione tecnica?

Solo una preferenza mia. Matteo ha già dimostrato di poter essere competitivo su tutte le superfici. Poi è chiaro che per vincere uno Slam non è sufficiente essere i più forti. Entrano in gioco un tale insieme di fattori che fai fatica a controllare: gli avversari principali che si eliminano tra loro, un tabellone favorevole, un piccolo infortunio. Insomma il caso e la fortuna giocano un ruolo non secondario.

Sonego? Un po’ per carattere e un po’ per caratteristiche appare sempre un po’ defilato.

Lorenzo è un ragazzo delizioso da tanti punti di vista, veramente piace a tutti e non solo per l’aspetto tecnico. In realtà non credo che lui sia sottostimato. Il problema è che il tennis italiano sta vivendo un momento così incredibile che essere n.20 del mondo non basta più per avere le prime pagine. Comunque sta facendo delle cose che fino a pochi anni fa sarebbero state considerate semplicemente eccezionali. Adesso i palati sono diventati fin troppo fini (ride, ndr).

Musetti? Una seconda parte di stagione in calando.

Dopo una prima parte di stagione semplicemente straordinaria ci sono stati effettivamente dei risultati non all’altezza del suo talento, ma forse dimentichiamo che Lorenzo è un ragazzo di 19 anni. E’ come un computer con un hard disk di enorme capacità ma con ancora troppi pochi dati inseriti. Vogliamo poi ricordarci che è il numero due del mondo nella sua fascia d’età? E che ci fosse una pausa di riflessione, mi piace chiamarla così, era fisiologico. Proprio perché, per il tipo di tennis che gioca, lui ha bisogno di più tempo rispetto ad altri.

Dunque sarebbe sbagliato continuare a insistere nel presunto dualismo con Sinner?

Assolutamente, sono due ragazzi con caratteri diversi e percorsi che non si assomigliano per nulla. Non dobbiamo mai confondere la capacità con la competenza. Lorenzo per esprimere tutto il suo grande talento ha bisogno di ‘studiare’, di migliorare le sue competenze. Poi il mondo esterno gli chiede sempre di più, e non appena lui lo fa, si aumenta immediatamente la posta. A nessuno si può chiedere l’impossibile. Sinner invece è un altro tipo di giocatore e di carattere, un talento straordinario che arriverà sicuramente molto in alto e anche velocemente. Per lui mi sento di sbilanciarmi, cosa che faccio raramente.

Zeppieri, secondo te soffre un po’ l’ombra del ‘fratello di sangue’ Musetti?

Con Giulio effettivamente abbiamo affrontato l’argomento e abbiamo deciso che la cosa ci può anche stare. Adesso però il ragazzo ha capito che ognuno ha il proprio percorso, e in ogni caso Zeppieri è molto più avanti della maggior parte dei suoi coetanei. Poi certo, uno guarda Sinner e Musetti e pensa che Giulio sia indietro, ma la cosa è non solo ingiusta ma eccessivamente severa. Zeppo poi ha avuto tutta una serie di problemi fisici ed è un ragazzo sensibilissimo e particolarmente emotivo, molto più di quanto non appaia. E anche in questo campo bisogna acquisire delle competenze. Insomma, anche lui deve studiare (ride, ndr). Detto ciò, rimane il fatto che ha giocato una stagione straordinaria, conquistando la sua prima vittoria Challenger (a Barletta, ndr) e tanti altri buoni risultati.

Parliamo un po’ di quelli che dici di seguire meno, anche se ti credo fino a un certo punto. Luca Nardi?

Chiunque lo veda giocare capisce al volo che il ragazzo è estremamente dotato, ma anche in questo caso non dimentichiamo che ha solo 18 anni. Mi tocca ripetermi (ride, ndr). Quindi è appena all’inizio del suo percorso, come Mozart che a dieci anni già componeva dei capolavori, ma poi ha continuato a studiare musica per tutta la vita per migliorarsi sempre di più.

Matteo Arnaldi?

Negli ultimi tempi ha fatto progressi importanti, anche se ha dovuto sistemare alcune cose all’interno del team e questo gli ha portato via energie. Queste cose la gente non le sa e spesso è incline a giudicare in maniera un po’ superficiale.

Matteo Gigante?

Talento fantastico, palla veloce. Ragazzo d’oro, con una sensibilità straordinaria. Anche lui va aspettato, a costo di sembrare noioso con questo ritornello. Quest’anno poi i problemi al gomito non lo hanno certo aiutato.

Dimentichiamo qualcuno?

Due parole le spenderei volentieri anche per Flavio Cobolli, anche lui giovanissimo (ha fatto 19 anni in maggio, ndr) ma grandissima determinazione e quest’anno anche grandi risultati. E’ diventato un protagonista fisso del circuito Challenger e ha fatto un balzo in classifica impressionante, grazie anche al grande lavoro del padre Stefano (ex professionista di buon livello, n.236 ATP nel 2003) che non si è fatto intimorire dalle difficoltà del doppio ruolo padre-allenatore.

Grazie Umberto, quali sono i tuoi programmi immediati?

Dovrei andare a Vienna (ATP 500 dal 25 ottobre), poi a Milano per la Next Gen e poi in quel posto che per scaramanzia non voglio nemmeno nominare e dove potrebbero esserci addirittura due italiani (ride, ndr).