Jasmine Paolini è pronta ad iniziare la sua avventura al Parma Ladies Open presented by Iren e noi de Il Tennis Italiano abbiamo avuto l’opportunità di intervistare in esclusiva la tennista toscana
Jasmine Paolini è pronta ad iniziare la sua avventura al Parma Ladies Open presented by Iren, con l’obiettivo di ridare smalto ad una stagione che, iniziata nel migliore dei modi, ha smesso di regalarle soddisfazioni a causa di un infortunio al ginocchio occorsole durante la primavera, poco prima che iniziasse lo swing su terra rossa. Noi de Il Tennis Italiano abbiamo avuto l’opportunità di intervistare in esclusiva la tennista toscana, che ha riflettuto su svariate tematiche riguardanti questo particolare momento della sua carriera.
Un problema al ginocchio che è arrivato proprio nel momento sbagliato. Quanto è stato difficile affrontare l’infortunio e ripartire?
Non è stato facile convivere con il dolore al ginocchio ed è stata dura soprattutto dal punto di vista psicologico. Ho iniziato a sentirlo proprio quando ero in procinto di giocare sulla terra a Madrid, Roma, Roland Garros, grandi tornei nei quali pensavo di poter dire la mia. Sono tutti eventi a cui ho partecipato ugualmente, ma è dura vincere partite quando fisicamente non sei a posto. Aggiungo che mi sono molto preoccupata perché non riuscivamo a farlo passare, ma adesso la situazione è tornata sotto controllo. Non è facile riprendere in mano la propria stagione dopo un infortunio, ma sono stata brava ad ottenere alcuni buoni risultati come la semifinale a Palermo. Come sempre cerco di dare il meglio di me e continuerò a farlo senza sosta.
Tra le più grandi soddisfazioni di quest’anno, sicuramente dobbiamo menzionare il successo di Billie Jean King Cup contro Alizé Cornet. Che ricordi hai adesso di quel momento?
È stata certamente una partita bella, emozionante. È stata la prima volta che sono riuscita ad esprimermi realmente in Billie Jean King Cup e sono stata orgogliosa di me e degli sforzi che ho profuso. Purtroppo non ho solo bei ricordi di quel match, perché proprio qualche giorno dopo ho iniziato ad avvertire il fastidio al ginocchio. Non credo sia stata colpa di quella partita, non c’è stato un momento particolare che mi ha portato a soffrire il dolore, però c’è sempre un ombra su quel lucente ricordo.
Quanto è importante per il movimento e per voi azzurre poter giocare tornei come questo in Italia?
È importante poter giocare in Italia. Ci passiamo poco tempo durante l’anno, ma qui si sta sempre bene e tornei come questo spingono ancora di più un movimento che è già di suo in crescita. Siamo 5 tra le prime 100, poi c’è Sara Errani che è subito fuori, ma anche tante ragazze giovani che bussano alla porta. Per quel che mi riguarda, sono contenta: più siamo, meglio è. I nostri risultati ci spingono a vicenda e ciò ci permette di fare squadra. In Billie Jean King Cup possiamo dire la nostra, speriamo di fare bene.
Nell’ultimo anno e mezzo i migliori risultati sono arrivati sul cemento. Com’è cambiato il tuo approccio a una superficie su cui prima non amavi giocare?
Sicuramente il tennis sulla terra non è esattamente uguale al tennis sul cemento. Prima, tuttavia, commettevo un errore grave, ossia quello di pensare che dovessi stravolgere il mio gioco per poter rendere al meglio sulle superfici più rapide. Invece no: con il tempo, ho imparato che il mio approccio dev’essere sempre lo stesso e che bastano piccolissimi aggiustamenti per poter rendere bene ovunque. L’anno scorso ho lavorato con Danilo Pizzorno e lui mi ha aiutato molto, ma essenzialmente sono io che adesso entro sempre convinta di poter dire la mia, ovunque e contro tutte.
Da un lato, tornei molto caotici come gli Slam, dall’altro eventi come questo, in cui l’atmosfera è più raccolta. Cosa preferisci?
Negli Slam, finora, ho fatto sempre fatica: basti pensare che non sono mai riuscita a vincere più di una partita. Sono tornei bellissimi, nei quali c’è totalmente un’altra atmosfera. Gli spazi sono enormi, le distrazioni sono tante e quindi è più complesso concentrarsi e non soffrire sotto il peso delle aspettative e delle pressioni. Nei 250, ma anche in alcuni 500, l’atmosfera è più raccolta ed è tutto un po’ più semplice. Nonostante questo, giocare negli Slam o nei 1000, davanti a tanto pubblico, è quello che hai sempre sognato. Insomma, ci sono diversi aspetti da considerare e bisogna sempre sapersi adattare.
Con Renzo Furlan una collazione che sta portando diversi frutti importanti. Su cosa vi state concentrando al momento?
Con Renzo stiamo puntando molto sulla continuità, sia all’interno dello stesso match, sia nel corso di uno o più tornei. È normale che il livello cali ogni tanto, ma bisogna essere in grado di nascondere il più possibile i propri alti e bassi. Poi il servizio, colpo che devo migliorare. Quest’anno il ginocchio non me l’ha permesso, ma vorrei lavorare anche su altri aspetti del mio gioco.
Obiettivi a breve/medio termine?
Più cresci, più fai esperienza e capisci che la cosa fondamentale è questa: non bisogna concentrarsi sul risultato, ma su quello che devi fare per arrivare lì. È il processo ciò che conta. Il mio obiettivo adesso è quello di tornare in Top 50, cercare di avere una classifica che mi permetta di iscrivermi al tabellone principale di tutti i tornei, anche i WTA 1000. Per farlo dovrò innanzitutto ritrovare continuità e lavorare a testa bassa, come ho sempre fatto fin qui.