L’intervista esclusiva alla tennista cinese, fresca finalista a Melbourne, eliminata al terzo turno di Doha
DOHA – Non sarà la sconfitta con Fernandez al terzo turno di Doha a spegnere il sorriso di Quinwen Zheng, il volto nuovo del tennis femminile ad alti livelli in questa fase iniziale della stagione. La finale raggiunta nel primo Slam dell’anno, a Melbourne, ha lanciato la ventunenne atleta di Shiyan – cittadina di montagna della provincia di Hubei – sul settimo gradino delle Top Ten. Un exploit comunque atteso, visto che di Quinwen – subito soprannominata Queenwen dalla stampa inglese – si parla come di una promessa star dal Roland Garros del 2022, quando negli ottavi si permise di strappare a colpi di dritto il primo set alla regina Swiatek.
«La finale in Australia è stata importante – ci ha detto – perché sapevo che un risultato così era alla mia portata, dovevo però dimostrarlo. Ora ci sono riuscita e sono consapevole di potermi ripetere. So che il mio livello di gioco può essere molto alto, devo però imparare a gestire le emozioni. In passato sapere di essere forte, di poter vincere le partite, ha fatto aumentare il mio ego e non è una cosa positiva. Devo lavorare su questo, sapendo che se mi sforzo di restare troppo calma posso perdere parte dell’energia positiva di cui ho bisogno. Ma se esagero nell’altro senso, non ho più controllo. Non è facile trovare il giusto equilibrio, ma quando ci riesco mi sento la giocatrice più forte del mondo».
Cina nel tennis vuol dire Li Na, la campionessa (ora quarantunenne) ex numero 2 del mondo e vincitrice di due titoli dello Slam. Sul web si trovano foto di una decenne Quinwen davanti alla Tv, incantata nel guardare Li Na vincere il titolo australiano (in una partita che sostiene di aver visto almeno dieci volte). «Lei ha piantato dei semi nel mio cuore, ed io non potevo che giocare a tennis. Sento la responsabilità di rappresentare una nazione enorme come la Cina, dopo i trionfi di Li Na c’è stato un calo di interesse ma ora le cose stanno cambiando, e posso essere da ispirazione per tanti, in campo e fuori. Ma non cerco di pensarci troppo…».
Atleta dal gioco esplosivo, grande lavoratrice (durante il periodo del Covid si svegliava alle 4.30 del mattino per potersi allenare prima che il campo venisse chiuso, alle 7, e questo per quattro mesi di fila), suo padre l’ha definita una volta “indipendente, fiduciosa e disciplinata”. «Però per essere indipendente ho dovuto lottare proprio con lui – precisa Quinwen – mio padre proviene da una famiglia molto tradizionalista. A 18 anni ho sentito il bisogno di allontanarmi da casa per poter diventare una vera giocatrice, abbiamo avuto due o tre scontri (lei li chiama proprio “little fights”), alla fine mio padre ha compreso le mie ragioni, e di questo lo ringrazio».
Innamorata dell’Italia («ho vinto il mio primo torneo a Palermo, una città splendida. Piccoli caffè, negozi romantici, panorami incredibili, adoro il vostro Paese…»), appassionata di libri di psicologia («la testa è decisiva, anche per un tennista»), desiderosa di fare bella figura a Wimbledon («non sarò mai a mio agio come sulla terra o sul cemento ma con il servizio posso essere pericolosa»), la sua seconda casa è a Barcellona, dove lavora con Pere Riba dopo la traumatica separazione da Wim Fissette, reo di avere interrotto inaspettatamente il loro rapporto di collaborazione per tornare all’angolo di Osaka. Ma Quinwen – che non vuole più parlare di questa vicenda – cerca di andare oltre, come recita il motto sul suo profilo Instagram. «Qualcosa sta finendo, qualcosa sta arrivando, la vita è confusione, domani è un altro giorno». La chiosa non è originalissima, ma rende bene l’idea.