Alla vigilia degli Internazionali di Roma abbiamo provato a individuare favoriti e possibili outsider, dando uno sguardo allo stato di forma dei protagonisti e al feeling con i campi del Foro Italico. Pochi dubbi su Nadal e Barty, qualcuno in più su Djokovic e Thiem. E occhio agli italiani: possono stupire.
I due (soliti) favoriti
È inutile girarci intorno: lassù al ranking mondiale ci sono ancora e sempre loro due, Novak Djokovic e Rafael Nadal, e alla vigilia di un torneo i favoriti non possono che essere loro. A maggior ragione se il torneo è quello di casa nostra, nel quale l’albo d’oro delle ultime sedici (!) edizioni ha visto solamente due intrusi, Andy Murray nel suo magico 2016 e Sascha Zverev l’anno successivo. Per il resto è stato tutto un Nadal (nove volte) o Djokovic (cinque), e tanto basta per immaginare chi alzerà la coppa domenica prossima. Ma con una distinzione. Perché Nadal ha “toppato” a Monte Carlo ma poi, come un bambino al quale hanno strappato le caramelle (è anche questo che l’ha reso Nadal), ha voluto subito riprendersi il maltolto la settimana seguente a Barcellona, mostrando a Tsitsipas di dover ancora fare molta strada. E sta facendo bene a Madrid. Djokovic, invece, dopo la batosta di Monte Carlo ne ha presa un’altra nella sua Belgrado, dove è andato per vincere facile e invece si è fermato in semifinale. Arriverà a Roma con appena cinque incontri giocati negli ultimi tre mesi: un po’ pochi per pensare di vincerne altri cinque, sul rosso, e contro i migliori. Ma Djokovic è Djokovic, prima o poi si rialzerà. C’è solo da capire quando.
Quelli che bussano alla porta
Se non fosse stato senza tennis per un mese abbondante, parlando delle difficoltà dell’essere campione e di una sorta di depressione accorsa dopo aver raggiunto l’obiettivo Slam inseguito per anni, Dominic Thiem potrebbe tranquillamente sedere insieme Djokovic e Nadal, perché – almeno sul rosso, anche se il suo Major l’ha vinto altrove – ha dimostrato di avere tutto per stare con loro. Ma l’austriaco è appena rientrato a Madrid, con solo qualche giorno di preparazione, ragion per cui quest’anno a Roma parte un gradino sotto e senza riflettori puntati addosso. Una condizione che potrebbe fargli anche bene, ma bisogna capire se il suo serbatoio è ancora infinito come in passato.
L’altro seduto in seconda fila è Stefanos Tsitsipas, il nuovo Principe di Monte Carlo che però a Madrid si è fermato agli ottavi. Pur essendo un giocatore che predilige l’attacco, sulla terra il suo tennis pesante funziona a meraviglia, e le condizioni romane possono giovargli. Da considerare un dato: negli ultimi tre Masters 1000 non ha mai vinto uno fra Djokovic e Nadal, con i successi andati a Medvedev (Bercy), Hurkacz (Miami) e Tsitsipas (Monte Carlo). Lo si può leggere in due modi: significa che è giunta l’ora di un ritorno alla normalità, oppure che, almeno lontano dagli Slam, nelle gerarchie della racchetta qualcosa sta cambiando. Ognuno è libero di scegliere da che parte schierarsi.
I possibili outsider: l’Italia c’è!
Le chance dei potenziali guastafeste sono aggrappate (anche) alla loro posizione in tabellone, ma le ultime settimane ci hanno offerto qualche spunto che è doveroso considerare. In primis l’ascesa di Aslan Karatsev, il giocatore normale che da un giorno all’altro si è scoperto campione, nonché il colpevole di aver rovinato la festa a Djokovic a Belgrado. Sulla terra il suo tennis perde qualcosina in termini di efficacia, perché la palla torna indietro più spesso e bisogna soffrire di più, ma quest’anno ha già stupito talmente tante volte da far pensare che lo possa fare ancora e ancora. Impossibile non tenere in considerazione anche Casper Ruud: è arrivato in semifinale negli ultimi due Masters 1000 sul rosso e ha buone chance di fare tris a Madrid, il che non lascia più spazio a interpretazioni. Sulla terra il norvegese è uno dei migliori. Magari non vincerà, ma può fare tanta strada. Nell’elenco degli outsider anche gli azzurri: in particolare Berrettini, Sinner e Musetti, per tre motivi diversi. Il primo perché ha ritrovato la forma (lo sta dimostrando a Madrid), gioca in casa e ha il tennis per far male a tutti anche sulla terra. Sinner, invece, perché ha deluso a Madrid ma ci ha abituato a tornare sempre un pochino più forte, imparando dalle sconfitte. Musetti, infine, perché nei palcoscenici come Roma sa esaltarsi. È vero che manca il pubblico, ma mancava anche nel 2020 e Lorenzo fece miracoli. Può fare di nuovo un grande torneo.
Femminile: Barty e Halep hanno una marcia in più
Negli ultimi anni siamo stati abituati a un tennis femminile veramente difficile da leggere, con tante protagoniste diverse pronte ad alternarsi nei titoli che contano e anche in vetta alla classifica mondiale. Ma ultimamente, con Naomi Osaka che domina gli Slam sul cemento e Ashleigh Barty che sulla terra pare di un’altra categoria, le gerarchie sono più chiare. Non è comunque il momento di abbassare la guardia, perché la sorpresa o la nuova stellina in grado di fare miracoli sono sempre dietro l’angolo, ma almeno alla vigilia di un torneo si può tornare a parlare di favorite.
Specialmente quando si parla di un torneo sulla terra, l’elenco delle aspiranti al trono si restringe un po’, perché ci sono giocatrici che non amano la terra, o faticano ad adattarvi il proprio gioco. Non si può dire lo stesso per la numero uno del mondo Ashleigh Barty, che è cresciuta sul cemento e gioca bene dappertutto, ma è proprio sulla terra rossa che sembra avere qualcosa in più delle altre. Ha vinto a Stoccarda, domani prova a ripetersi a Madrid e se dovesse farcela si presenterebbe al Foro Italico con una striscia di 17 successi consecutivi sulla terra rossa, aperta addirittura dal Roland Garros di due anni fa (nel 2020 non ha giocato alcun torneo sul rosso). L’ultima sconfitta? Proprio a Roma, nel 2019 contro Kiki Mladenovic. La sola incognita è la tenuta fisica, ma se non accuserà troppo la fatica può vincere anche a Roma. Dietro di lei la campionessa in carica Simona Halep: a Stoccarda e Madrid non ha brillato, ma le condizioni ideali per lei sono quelle di Roma, all’aperto e con la palla che corre meno. Vederla bissare il titolo del 2020 non sarebbe una sorpresa.
Le inseguitrici
Nell’elenco delle potenziali guastafeste, puntiamo su Karolina Pliskova e Iga Swiatek. La prima non è una gigante della terra rossa, ma con Roma ha saputo cucire un rapporto speciale, dopo che nelle prime quattro partecipazioni aveva vinto solamente tre partite. Poi è scattato qualcosa: nel 2019 ha vinto il titolo, dodici mesi dopo è arriva in finale (frenata da un infortunio contro la Halep), e quest’anno prova a ripetere un grande risultato. Le sue prestazioni a Stoccarda e Madrid dicono che non è in formissima, ma se le avversarie che nelle scorse tre settimane hanno fatto più strada dovessero tirare il fiato, per lei si aprirebbe una discreta opportunità. L’altra che ha la chance di giocare il ruolo di outsider è Iga Swiatek, la campionessa dell’ultimo Roland Garros. La giovane polacca è ancora in piena maturazione, e sono in molti a credere che a differenza di alcune baby campionesse poi un po’ sparite da radar, lei è destinata a rimanere in altissimo per molti anni. Roma è uno dei posti migliori per dimostrarlo.
Le possibili sorprese
D’accordo, mettere la numero 2 del mondo (e numero uno agli occhi di tutti) nell’elenco delle possibili sorprese è un po’ esagerato, ma sulla terra ha il suo perché. Naomi Osaka è di gran lunga la più forte sul duro, ma per fare quell’ulteriore step nella sua carriera deve iniziare a vincere i tornei che contano anche sul rosso, dove non è fra le favorite. Si è visto a Madrid, dove è caduta al secondo turno contro la ceca Muchova, ma proprio il k.o. prematuro alla Caja Magica potrebbe risultare prezioso in ottica Internazionali. La giapponese è arrivata a Roma in anticipo, si è allenata all’Antico Tiro a Volo lontano dagli occhi delle colleghe, e nessuno punta su di lei. La condizione ideale per stupire. Una menzione – ma più di incoraggiamento – per Elisabetta Cocciaretto: molto dipenderà dal tabellone, ma la giovane marchigiana può provare a sfruttare l’aria di casa per brillare. Ne ha le potenzialità.