Le parole del tennista ligure, dopo la vittoria su Miomir Kecmanovic che gli ha regalato l’accesso al terzo turno degli Internazionali BNL d’Italia
Dopo quattro anni, Fabio Fognini è tornato a vincere due partite consecutive sui campi del Foro Italico di Roma. Battendo Miomir Kecmanovic con lo score di 6-3 7-6(8), il ligure ha conquistato l’accesso al terzo turno degli Internazionali BNL d’Italia. “Sono molto contento, ovviamente – ha detto l’azzurro in conferenza stampa -. Vincere davanti ai miei figli vale doppio perché chiaramente non possono venire sempre con me in giro per il Tour. E in queste ultime settimane, nelle quali sono venute a fare il tifo per me, mi hanno fatto capire che continuare a viaggiare ancora per molto sarà impossibile. Dipenderà da quando vorrò ancora giocare e stare lontano da casa“.
Il ligure ha continuato: “Credo che negli ultimi due anni, i più difficili e duri della mia carriera, senza aver ottenuto risultati, subendo diversi infortuni, a 35 anni si fa molta fatica ad accettare la situazione perché non hai più vent’anni e si fa fatica sotto tutti i punti di vista. Quindi l’unica soluzione è provare a guardare gli aspetti positivi. Ora, inoltre, è diventato anche un tennis più veloce, è tutto più rapido perciò hai meno tempo per pensare e ti deve adattare di più. Di conseguenza, a quest’età è tutto più complicato. Come vi dicevo l’altro giorno, arrivavo da un periodo in cui sentivo qualcosa dentro ma che però non si è tramutata in risultati. Mi sono voluto affidare a Corrado (Barazzutti, ndr) perché mi conosce meglio di chiunque altro: prima che tornassimo a lavorare assieme, la prima cosa che gli ho chiesto è di dirmi senza peli sulla lingua se credesse che il mio tennis potesse dare e fare ancora qualcosa, e lui mi ha risposto di sì. Così abbiamo iniziato a lavorare da dopo Miami e purtroppo è successo quello che è successo. Ma già a Estoril, chi mi ha visto da casa vedeva che era rispuntato quel qualcosina in più aldilà del risultato al primo turno con Giannessi che era giunto al match stanco per via delle quali, con Cecchinato sono partito molto bene subito avanti 4-0. Difficilmente l’avrei persa per come stavo giocando, poi è normale che durante la partita sarebbero potute accedere tante cose ma prima che mi facessi male stavo giocando ad un livello a cui non riusciva a stare. Purtroppo, però, mi sono fatto male proprio nel periodo della stagione a cui tengo maggiormente, dove devo dimostrare sempre qualcosa e quindi quel qualcosa lo dimostrato facendo il papà: alzandomi alle sette, accompagnando i bambini all’asilo per poi rientrare e fare fisioterapia. È stato un cambio di lavoro, netto, importante e duro però sicuramente col senno di poi, con il quale chiaramente non si va da nessuna parte, arrivare qui al primo torneo e raggiungere il terzo turno; se me l’avessero detto una settimana fa mi sarei messo a ridere perché non ci avrei mai creduto. Stiamo vedendo un po’ di sole, finalmente, e questa è la cosa più bella perché solo chi è vicino a me sa quanto ho sofferto, quanto ci tenga. Poi, come ho già detto, ho perso il ranking ma il mio tennis non vale questa classifica qua, l’ho dimostrato oggi battendo un top 30 che l’aspetto del ranking è secondario. Bisogna solo toccare ferro, essere competitivi il più a lungo possibile e a quel punto sicuramente da qui a fine anno un torneo potrà cambiarmi la stagione in modo positivo. Ovviamente, un altro infortunio mi farebbe riflettere molto“.
Sull’atmosfera del Pietrangeli: “Io ho sempre detto, e ormai sono 15 anni che gioco questo torneo, che il Pietrangeli mi dà sempre emozioni particolari. Poi ci sono stati anni in cui non mi hanno ascoltato, altri anni di testa a testa e forse questa volta hanno premiato la vecchiaia. Io sì, l’altro giorno l’ho detto all’organizzazione; d’altra parte bisogna essere sinceri: oggi esordiva Novak, giocava Swiatek, c’era il match Badosa-Jabeur e quindi ho detto a Sergio (Palmieri, Direttore del torneo, ndr) mettimi sul Pietrangeli e non sul Grand Stand, il quale ha più pubblico però è un campo che non dà emozioni. E così è successo, questo è sicuramente un campo speciale“.
Un commento sulla prestazione: “I vincenti quando sono in giornata gli ho sempre fatti, poi magari bisogna vedere la differenza tra i vincenti e gli errori (26) però secondo me ho fatto innanzitutto un primo set molto solido dove non ho concesso chances. Poi nel secondo, ho visto che anche il suo angolo gli diceva di giocare più aggressivo. Io, da parte mia, avevo la mia tattica che era quella di farlo muovere dalla parte del dritto dove faceva più fatica a colpire in corsa. Devo essere sincero, fossimo andati al terzo avrei sicuramente lottato ma se avessi perso mi sarei suicidato perché non meritavo di andare al terzo. In tutto il secondo set, a parte un game che ha vinto facilmente, ho sempre avuto palle break. Poi anche al tie-break ero avanti 6-3, e ci siamo ritrovati 6-6. Ma queste cose fanno parte del nostro sport“.
Sul resto della stagione: “Ovviamente ho voglia di giocare, adesso la cosa più importante da qui a Wimbledon è ritornare fra i primi 100 e per farlo devo tornare a fare un tipo di programma che non facevo da quando avevo 18 anni. Chiaramente possa fare risultato qui o Parigi se sono in condizione fisica, tuttavia mi toccherà comunque rivedere il calendario e perciò non giocherò la parte di stagione sull’erba perché a 35 anni non posso andare a fare le qualificazioni a Wimbledon con tutto il rispetto: in primis perché non ho voglia e poi non è come sulla terra, ad esempio Parigi dove sicuramente potrei uscire già nelle qualificazioni poiché ormai il livello competitivo di tutti i giocatori è altissimo però ho maggiori possibilità concrete di andare più avanti. Probabilmente non è che non lo possa fare anche sull’erba, ma sinceramente non mi va. Dovrò giocare dei Challenger per mettere più partite nelle gambe e fare più punti possibili perché l’obiettivo è quello di giocare i Masters 1000 di Cincinnati e Montreal, più lo US Open ad agosto/settembre. Però per farlo bisogna vincere le partite, ed è per questo che viaggerò spesso d’ora in poi con il mio preparatore atletico e tenere così alto il mio livello fisico evitando di farmi nuovamente male. Perché con un altro infortunio, bisognerebbe veramente sedersi e in base all’eventuale tipologia dell’infortunio decidere il da farsi. Voglio darmi ancora una chance come ha fatto anche Murray; ovviamente senza fare paragoni perché lui è stato un Fab Four mentre io sono stato quello che sono stato“.
“Non posso essere stato un traino, ma credo in minima parte di aver aperto le porte e sono contento di questo perché come in tutte le cose c’è un inizio e c’è una fine – conclude l’azzurro -. Io non penso di far parte di questa nuova generazione perché mi reputo anziano, tuttavia è bello condividere e vedere che ci sono ragazzi giovani faranno bene nel nostro sport. Quindi il fatto che si possa parlare di me in questo sport per i prossimi dieci anni è certamente un motivo d’orgoglio avendone fatto il mio lavoro“.