Ad appena 17 anni il mancino di Pechino è diventato il primo cinese a qualificarsi per un Masters 1000, e il più giovane degli ultimi vent’anni. Un risultato significativo per un paese che malgrado il miliardo e mezzo di abitanti non ha mai prodotto un solo top-100. Un problema culturale e di sistema, che prima o poi cadrà: Shang, cresciuto da Bollettieri, pare l’uomo giusto per indicare la via

Il più giovane in un 1000 dai tempi di un Nadal 16enne

Grazie a una popolazione che ha superato il miliardo e 400 milioni di persone, la Cina è ormai da anni (e sempre di più) una superpotenza mondiale in tutti i campi, sport compreso. Ma il tennis, almeno a livello maschile, continua a rimanere una curiosa eccezione. Nel femminile c’è stata Li Na, due volte campionessa Slam fra 2011 e 2014, e anche altre buone giocatrici, mentre fra gli uomini il sistema tennis cinese non ha mai prodotto uno straccio di top-100. L’hanno avuto le nazioni più svariate e loro mai, con qualche buona promessa che si è bruciata nel passaggio da juniores a professionisti, ma visti i numeri è facile prevedere che di carte da giocare ne avranno tante altre. La prossima porta gli occhi a mandorla di Juncheng Shang, classe 2005, che al BNP Paribas Open di Indian Wells è diventato il più giovane a qualificarsi per un Masters 1000 dal lontano 2003, quando un certo Rafael Nadal ci riuscì al Monte Carlo Country Club. “Rafa” aveva ancora 16 anni, mentre Jerry (come si fa chiamare) ha spento 17 candeline lo scorso 2 febbraio, ma poco importa. Grazie alle vittorie sul top-100 argentino Francisco Cerundolo e sul tedesco Mats Moraing resta comunque il primo cinese di sempre capace di qualificarsi per un Masters 1000, nonché il più giovane a giocare in California dai tempi di Donald Young (2006). E visto che il sorteggio gli ha accoppiato Jaume Munar, non certo imbattibile sul cemento, non è detto che le soddisfazioni siano finite qua.

Trovare Shang già a certi livelli non è esattamente una sorpresa, visto che lo scorso anno è stato numero 1 del mondo fra gli juniores e finalista allo Us Open, e le grandi aziende l’hanno adocchiato da tempo. Lo confermano la Pure Drive in mano, il “baffo” Nike sulle t-shirt e le prime wild card targate IMG, il colosso che prima l’ha accolto sotto forma di accademia (a Bradenton da Nick Bollettieri, ormai cinque anni fa) e poi l’ha inserito nella scuderia dei protetti di lusso, dopo avergli affiancato come coach l’ex top-5 Jimmy Arias e Martin Damm. Tuttavia, la storia recente racconta di tanti asiatici capace di arrivare in alto da juniores, ma poi spariti dai radar quando è stato il momento di fare il salto fra i grandi, vuoi per ragioni fisiche, per scarsa voglia di lasciare i confini cinesi o per altri motivi. Il mancino di Pechino, invece, malgrado fisicamente sia ancora leggerino è partito subito alla grande. Nell’ITF World Tennis Tour (i vecchi Futures) ha giocato nove tornei e ne ha vinti quattro, segno che quel livello è già raggiunto e prossimo a essere abbandonato, mentre all’Indian Wells Tennis Garden reso un gioiello del boss di Oracle, al secolo Larry Ellison, ha fatto capire di potersi già ritagliare un posto nel tennis vero, quello che solitamente uno col suo ranking da numero 543 al mondo guarda col binocolo, sfogliando l’elenco dei desideri.

Project 135, sulle orme di Kei Nishikori

Figlio di Yi, ex calciatore (e oggi telecronista) con anche brevi trascorsi nella Serie B spagnola, e di Wu Na, tre volte medagliata ai campionati del mondo di tennis tavolo, Shang ha la faccia simpatica, con un bel sorriso che evidenzia l’apparecchio ai denti, come a ricordare che malgrado sia già in mezzo ai grandi è pur sempre un ragazzino. Dopo il successo che l’ha portato nel main draw, in un’intervista Juncheng ha paragonato il suo stile di gioco a quello di Novak Djokovic, anche se crescendo si è ispirato soprattutto a Rafael Nadal, per il fatto che sono entrambi mancini. Osservandolo ha qualcosina dell’uno e qualcosina dell’altro, anche se il paragone naturale non può che essere con Kei Nishikori, che a sua volta si trasferì da Bollettieri quando era solo un bambino, col sogno di diventare un giocatore di tennis. Il giapponese, di gran lunga il miglior tennista asiatico di sempre, creò nella propria testa un percorso chiamato “Project 45”, che aveva come obiettivo quello di superare il best ranking di Shuzo Matzuoka (numero 46), al tempo il più forte tennista nipponico dell’Era Open. Lo stesso può fare Shang col record nazionale di Zhizhen Zhang, arrivato lo scorso anno al numero 136, e diventato anche il primo cinese a giocare uno Slam (Wimbledon) nell’intera Era Open. Un dato che meglio di ogni altro dà il polso delle difficoltà del tennis cinese, che avrebbe bisogno come il pane di un giocatore in grado di mostrare la strada da seguire, sia per il movimento sia per aprire un mercato dalle potenzialità enormi.

Nella classifica ATP odierna, la Cina non ha alcun giocatore fra i primi 300 del mondo, solo due fra i 500 e dieci nei 1.000. L’Italia, per fare un paragone, ne ha invece 82, malgrado una popolazione pari a poco più del 4% di quella cinese. La carenza di risultati della Cina a livello internazionale è dovuta a vari fattori, primo la mancanza di tradizione. Ma non si può farne né un discorso di risorse e di strutture, né (più) di organizzazione e qualità di insegnamento, visto che negli ultimi anni tantissimi tecnici preparati hanno accettato proposte economicamente molto vantaggiose per andare a lavorare in Cina, mettendo grande esperienza al servizio sia dei giovani sia degli insegnanti. Il limite più grosso, oggi, rimane a livello di sistema: esiste un circuito di tornei nazionali ricchissimi di montepremi, quindi i migliori giocatori del paese non sono stimolati a cercare fortuna a livello internazionale, e preferiscono vivere di rendita in Cina. Uno scoglio culturale difficile da abbattere, ma che non sembra destinato a durare in eterno. Specie se arriverà qualcuno in grado di vincere anche nei tornei più importanti, e che quindi non ne vorrà sapere di accontentarsi della gloria in patria. Tipo un ragazzino che da certe dinamiche è sempre rimasto alla larga, crescendo sotto il sole della Florida per provare a diventare un tennista vero.