La finale a Wimbledon sembra aver cambiato l’approccio al tennis di Nick Kyrgios: ha capito che con un pizzico di professionalità in più può sul serio essere un big, e ci vuole provare. Ma senza rinunciare a essere sé stesso. È il mix ideale, perché ora ci sono i risultati a mitigare le polemiche per certi atteggiamenti
Una bella multina, per dirla con Aldo, Giovanni e Giacomo, Nick Kyrgios non se l’è fatta scappare nemmeno allo Us Open, sputando in direzione del suo angolo durante il match di secondo contro Benjamin Bonzi, e poi lamentandosi durante un intero cambio campo per il (presunto) mancato supporto da parte del suo team. Ma, come ad alleggerire il peso degli 7.500 dollari che gli verranno decurtati dal prize money ce ne sono già altri 177.000 pronti a finirgli sul conto in banca, a togliere importanza a certi episodi sopra le righe ora ci sono le vittorie. Una volta Nick da Canberra faceva casino e basta, quindi solamente di quello si poteva parlare. Da qualche tempo, invece, al cocktail che – piaccia o meno – lo rende uno dei personaggi più interessanti del tennis contemporaneo ha aggiunto anche una certa regolarità nei risultati, meritando attenzione anche per le sue possibilità. Sia chiaro, resta Kyrgios: l’unico al mondo capace di lamentarsi col giudice di sedia perché sente odore di marijuana provenire dagli spalti (“sono asmatico, non è certo ciò che voglio respirare tra un punto e l’altro”). Ma nelle sue conferenze stampa oggi c’è spazio per temi come professionalità, game plan, emozioni, tennis percentuale, cura dell’alimentazione. Roba che col Kyrgios di qualche mese fa non ha nulla a che fare, e pure lui fatica a credere. “Quasi non so più chi sono – ha detto –, perché sto facendo cose non da me. Riesco a trovare il giusto equilibrio fra tennis e vita privata, mi sento molto professionale. Non avrei mai pensato che la finale di Wimbledon mi rendesse così. Anzi, mi sarei aspettato il contrario”.
Invece, l’aver accarezzato una possibilità enorme dev’essergli piaciuto, e pare avergli finalmente dato quello stimolo per fare il professionista come si deve. Con i punti della finale di Wimbledon sarebbe pienamente in corsa per un posto alle ATP Finals, perché vince le partite che deve vincere, riesce ad abbinare l’efficacia allo spettacolo, e forse ha capito che può essere Kyrgios anche così, con meno eccessi e più serietà. Per la prima volta ci sono aspettative nei suoi confronti, da parte di se stesso e da parte del pubblico, che un tempo lo osservava con curiosità pronto a vedere cosa avrebbe combinato, farsi una risata e puntargli il dito contro, mentre ora lo guarda con reale interesse. Non era scontato che Nick sapesse gestire tutto ciò, invece ci sta riuscendo a dovere, peraltro in una situazione non facile che lo vede costantemente in viaggio lontano da casa da ormai quattro mesi. Un tempo sarebbe esploso, autodistruggendosi. Ora, invece, ragiona con un’altra testa. “La situazione – ha detto – non è facile da gestire, ma tutto ciò che posso fare è alzarmi la mattina e provare a fare il massimo. Sono davvero fiero delle mie performance e della maturità che sto dimostrando in una situazione così. Mi manca casa, mi manca la mia famiglia, non ho mai avvertito una pressione simile su me stesso, non me ne sono mai messa così tanta da solo, eppure sono qui, pronto a lottare. Ora so di poter raggiungere la finale in un torneo del Grande Slam, ed è l’obiettivo che voglio conquistare”. Detto da Kyrgios fa un certo effetto.
Kyrgios resta Kyrgios, ma adesso fa parlare i risultati
La domanda che sorge spontanea è: riuscirà a tenere questo approccio da professionista per tutta la seconda parte della sua carriera? O prima o poi si renderà conto che nemmeno i risultati più importanti giustificano l’andare a letto presto, sobrio, oppure gli allenamenti con la racchetta invece della play station? Il tennis non può che augurarsi la prima opzione, che sta offrendo il Nick Kyrgios ideale. Quello che qualche marachella continua a combinarla, ma finalmente riesce anche a sfruttare l’enorme dono che madre natura gli ha fatto, dotandolo di un arsenale con pochi eguali sul pianeta. Non è un caso che il suo match di terzo turno dello Us Open contro il pittoresco JJ Wolf sia stato programmato come secondo della sessione serale, sul Louis Armstrong. In campo c’è un giovane americano, certo, ma è Nick a fare audience, a vendere i biglietti, a generare opinione. Per il pubblico caciarone e indisciplinato di New York è il giocatore perfetto. È uno dei pochi a non annoiare mai: con la racchetta, ma anche fra un punto e l’altro, nelle conferenze stampa, quando prende posizione via social e chi più ne ha più ne metta. Dice sempre ciò che pensa, anche a scopo di scontentare il 99% di chi ascolta o legge, e questa dovrebbe essere una dote, mica un difetto. In passato non ha fatto bene alla sua carriera, mentre ora pare avere imparato a fermarsi più spesso entro certi limiti e il tennis (il suo, ma anche in generale) ne sta beneficiando.
Fuori dal campo, nella vita di Kyrgios qualche ombra rimane eccome, ultime le accuse di violenza domestica rivoltegli dall’ex fidanzata Chiara Passari, che lo porterà a breve davanti a un giudice in Australia. Eppure, nemmeno un pensiero simile è bastato a togliere dal tennis l’attenzione del nuovo Nick, che venerdì notte cercherà di battere Wolf per garantirsi una nuova (probabile) sfida contro il numero uno del mondo Daniil Medvedev. L’ha spedito a casa qualche settimana fa a Montreal, punta a fare lo stesso da New York e ha tutti i mezzi per riuscirci, a partire da una personalità che gli permetterà di andare in campo certo di essere il favorito. Non sarà proprio così, ma il mix fra fiducia e convinzione può fare miracoli e nel Kyrgios degli ultimi mesi c’è una grande dose di entrambe. Una nuova vittoria contro il russo, o comunque un altro piazzamento importante per il secondo Slam consecutivo, sarebbe l’ennesima prova della scelta di Nick di cambiare registro e fare del tennis qualcosa di serio. Non si limita più a dire di essere all’altezza (o migliore) dei più forti, ma lo dimostra con i fatti. Per il tennis averlo fra i big è una buona notizia, anche se il prezzo da pagare è qualche racchetta distrutta in tv, tre parolacce e un po’ di spocchia. Senza tutto ciò non sarebbe Kyrgios, ma uno come tanti. E se ne sentirebbe la mancanza.