Holger Rune ha recentemente tenuto un’intervista presso il portale giojournal.com, emittente con cui ha potuto parlare di svariati argomenti, a cominciare dal ricordo della sua infanzia e dei tennisti che lo hanno fatto innamorare del tennis
Holger Rune ha recentemente tenuto un’intervista presso il portale giojournal.com, emittente con cui ha potuto parlare di svariati argomenti, a cominciare dal ricordo della sua infanzia e dei tennisti che lo hanno fatto innamorare del tennis. “Prima ero fan di Rafa [Nadal] – ha affermato il detentore del Masters 1000 di Parigi-Bercy –, era il numero 1 del mondo quando ho iniziato a seguire il tennis e avevo suoi poster al muro in tutta la mia stanza. Poi sono diventato fan di Roger [Federer] e di molti altri giocatori: per essere più preciso, sono fan del dritto di [Fernando] Verdasco, del rovescio di [Alexander] Zverev, della risposta di Novak [Djokovic], dei movimenti di Roger, dello spirito combattivo di Rafa eccetera. Per me ogni giocatore ha qualcosa di speciale da cui si può imparare e che è giusto ammirare”.
Come ben sappiamo, Rune non ha alcuna voglia di porsi limiti in termini di obiettivi futuri: come potrebbe del resto, un ragazzo che a 19 anni si trova già in Top 10? “Sogno in grande – ha ribadito il danese –. Da quando avevo 6 anni, ho sempre voluto diventare il miglior giocatore del mondo, vincere diversi titoli Slam e la medaglia d’oro alle Olimpiadi. Questo sogno non è cambiato. È stato molto importante per me aver avuto la possibilità di lavorare con Patrick Mouratoglou. Lavoro con il mio allenatore danese Lars da quando avevo 6 anni e con Patrick da quando ne avevo 13, dal momento in cui ho iniziato ad allenarmi presso la sua accademia. Anche Patrick viene alle partite solo quando nonha impegni con Simona [Halep, la giocatrice di cui Patrick è head coach], lui resta per me fonte di consigli essenziale. E continuerà ad esserlo”.
Il numero 8 del mondo ha un’idea ben precisa in relazione alla maniera in cui il tennis dovrà evolversi nei prossimi anni. “Penso che per il futuro ci dovranno essere cambiamenti volti a mantenere il pubblico più giovane incollato alla TV. Forse partite più brevi, senza la possibilità di giocare la seconda di servizio, o non giocare il punto secco sul 40-40, rendere possibile continuare a giocare il punto dopo il net al servizio, pause più brevi tra un punto e l’altro, o qualcosa del genere. E anche fare in modo che gli spettatori in qualche modo si sentano più vicini ai giocatori. Ricordo di aver visto la prima edizione delle Next Gen ATP Finals e, rispetto alle normali partite ATP, mi sentivo molto più connesso con le emozioni dei giocatori”.