In un’intervista rilasciata alla rivista argentina La Nacion, Facundo Bagnis ha elogiato fortemente Novak Djokovic per l’interesse che mostra verso la causa dei tennisti meno ricchi, attaccando di seguito l’ATP e il suo presidente Andrea Gaudenzi
Facundo Bagnis senza peli sulla lingua in un’intervista rilasciata pochi giorni fa per la rivista argentina La Nacion: l’attuale numero 99 del mondo, vincitore in carriera di ben 16 titoli a livello Challenger (2 in questa stagione e uno proprio ad Ambato, Colombia, una settimana fa), si è pesantemente scagliato contro l’ATP, organizzazione rea, a suo dire, di essere totalmente incurante degli interessi dei giocatori che si trovano al di fuori della Top 100, i quali ad oggi faticano a coprire le spese che sono costretti ad affrontare mensilmente per gareggiare. Il 32enne di Rosario, in particolare, ha attaccato il presidente Andrea Gaudenzi, dicendo di non aver mai ricevuto da lui nemmeno un saluto, non trattendo l’ex tennista italiano rapporti con tennisti che non stazionino tra i primi 20. Al contrario, protagonista di enormi elogi è stato Novak Djokovic, secondo Bagnis l’unico che si sta davvero interessando delle condizioni di vita dei colleghi meno fortunati di lui: il serbo commetterà alcuni errori, ha ammesso l’argentino, ma merita tutta la sua stima perché prova sermpre a lottare strenuamente per la causa dei suoi colleghi.
“Nel 2020 ho vissuto il momento in cui Novak Djokovic ha creato la nuova assiciazione dei tennisti – ha raccontato Bagnis –, la PTPA, e l’ATP è stata parecchio aggressiva nei nostri confronti, vietandoci di aderire. Oggi, Andrea Gaudenzi [Presidente dell’ATP] non ha rapporti con i tennisti, quantomeno con coloro che stazionano fuori dalla Top 20: può confermarlo qualsiasi altro giocatore, usa sempre una maniera sbagliata di esprimersi. Gli passo davanti e nemmeno mi saluta, forse non sa nemmeno chi sono: non dico che dobbiamo andare a prenderci un caffè tutti i giorni, ma almeno un saluto… Al contrario, sono grato a Djokovic per quello che ha fatto: la sua nuova federazione è ancora in formazione, è spaventosa per i poteri forti e per questo fatica a guadagnare potere, ma sta lavorando nella maniera giusta per i nostri interessi. L’ho visto che a Roma, nonostante dovesse giocare il giorno dopo, ha partecipato ad una riunione di due ore e mezza che non era assolutamente obbligatoria, ma lui l’ha fatto per noi. Queste sono cose che le persone comuni non vedono, ma noi sì e io non posso che togliermi il cappello. Si mette nei panni dei giocatori che hanno limitazioni dal punto di vista economico e che soffrono di più delle ingiutizie di questo sport. Sì, avrà fatto alcuni errori nel corso della sua carriera e non sarà il preferito numero uno del pubblico, ma io non sono un tifoso: io faccio parte del tour e gli sono davvero grato. Riceve critiche e insulti solo perché prova a fare qualcosa: a volte sbaglierà, ma sempre nel tentativo di rendersi utile alla causa di noi tennisti e del mondo intero. È stato l’unico a donare soldi all’Australia quando ci fu il problema degli incendi, è stato l’unico che ha richiesto aiuti economici ai tennisti fuori dalla Top 100 durante la pandemia. Incarna alla perfezione il valore della condivisione che è alla base del nostro sport, che ad oggi è troppo focalizzato su ‘Io ho il mio team, tu il tuo, io vinco, tu perdi, io guadagno di più, tu guadagni di meno, ciao ciao’… Ma la verità è che possono vivere completamente di tennis solo coloro che stazionano nella Top 100. Da quanto tempo parliamo di questo problema? Eppure le difficoltà sono sempre le solite”.