Nel 2021 si è chiusa la carriera da giocatore di Paolo Lorenzi: il primo titolo ATP vinto a 35 anni, tante soddisfazioni e un futuro diviso tra il ruolo di coach e quello di commentatore. L’ex numero 33 del mondo si racconta in un’intervista esclusiva a Il Tennis Italiano

La sua carriera è sbocciata in età avanzata, in tanti lo hanno amato per questo: un esempio di grinta e determinazione. Il 2021 è stato il suo ultimo anno da giocatore, ma Paolo Lorenzi non ha paura del futuro. In un’intervista esclusiva concessa a Il Tennis Italiano, l’ex numero 33 del mondo si racconta facendo un bilancio della sua carriera in campo, con la testa già puntata a quello che verrà.

Nel 2021 si è chiusa ufficialmente la tua avventura da giocatore. Best ranking alla posizione numero 33, gli ottavi agli US Open e il primo titolo ATP vinto sulla terra rossa di Kitzbuhel. Che voto daresti alla tua carriera?

Penso sempre che si possa dare di più, è questo che mi ha spinto a cercare di migliorarmi ogni volta. Se dovessi dare un voto alla mia carriera direi 9: ho vinto un titolo ATP e non tutti ci riescono, ho giocato le Olimpiadi e in Coppa Davis… insomma ho realizzato tutti i sogni che avevo da bambino. Ho avuto la fortuna di raggiungere i miei obiettivi in età avanzata, questo penso sia un bene. Quando vinci a 18/19 anni ti sembra normale, quando succede più avanti te lo godi di più perché hai anche la maturità giusta per apprezzare gli sforzi fatti. Avrei sperato di vincere di più, ma sono orgoglioso di quello che ho fatto.

Ho deciso di smettere perché il fisico non reggeva più, mi sono fatto male più volte e anche la pandemia non ha aiutato. Giocare senza pubblico non era facile. Tutto questo ha influito, ho perso il ritmo partita e a questa età non è facile ritrovarlo“.

Sei entrato in top 100 a 27 anni, a 35 anni è arrivato il tuo primo titolo ATP. Secondo te il fatto di aver raggiunto questi grandi obiettivi in età più avanzata, ha fatto sì che il pubblico si affezionasse maggiormente alla tua storia?

Sicuramente. Questo e anche il mio modo di giocare, il talento cristallino non è mai stato una mia caratteristica. Io dico sempre che il talento è anche quello di alzarsi la mattina, allenarsi più degli altri e farlo sempre. Il pubblico ha apprezzato questa voglia di lottare su ogni punto fino alla fine“.

Il ricordo più bello da giocatore e la partita che non dimenticherai mai

Il ricordo più bello è sicuramente la vittoria del titolo a Kitzbuhel. Ero andato lì con un mio amico, quella settimana è stata davvero speciale. La metto insieme all’esordio in Coppa Davis, che è sempre stato un mio sogno nel cassetto.

Per quanto riguarda la partita che non dimenticherò mai è la partita giocata con Nadal a Roma nel 2011. Era la prima volta che giocavo sul Centrale del Foro Italico, ero indietro nel ranking ed è stata la prima volta che mi sono reso conto di poter competere con i migliori al mondo“.

Cosa è cambiato nella tua vita dopo il ritiro?

È cambiato tutto, prima stavo sempre attento a quello che mangiavo, al letto presto e pronto a dare al 100% in allenamento. Ora è una vita sicuramente più tranquilla, poi tutti i giocatori con cui ho parlato mi hanno detto che dopo cinque/sei mesi torna forte la voglia di giocare, per ora allenarmi non mi manca così tanto (ride, ndr)“.

Per un periodo sei stato anche numero 1 d’Italia, ti aspettavi una crescita così repentina di tutto il movimento tennistico italiano?

Ho sempre pensato che negli anni a venire avremmo visto tantissimi italiani tra i primi del mondo. Tutto il movimento è cresciuto, il fatto di avere tanti tornei in casa fa sì che con le wild-card tanti giocatori facciano esperienza. Poi abbiamo dei fenomeni: Berrettini e Sinner, e quelli dobbiamo tenerceli stretti“.

Se dovessi esprimere un desiderio: preferiresti vincere la Coppa Davis da capitano o raccontare in prima persona la vittoria Slam di qualche tennista azzurro?

Spero di vivere tutte e due le esperienze (ride, ndr). Per ora in Coppa Davis abbiamo un ottimo capitano, quindi spero di raccontare il più presto possibile la vittoria di qualche italiano in uno Slam“.

Cosa farà Paolo Lorenzi da “grande”: coach o commentatore?

Punto ad entrambi i ruoli, mi piace commentare le partite. Ho iniziato una consulenza con la Federazione Italiana per quanto riguarda gli over 18, quindi penso che ci sia spazio per entrambe le strade“.

Hai vissuto in prima persona l’avventura di Matteo Berrettini a Wimbledon. Avevi la sensazione, vedendolo da vicino, che potesse arrivare fino in fondo già dai primi turni?

Matteo arrivava dalla vittoria al Queen’s, quindi penso che fosse il secondo favorito dopo Djokovic. Era difficile reggere la pressione, ma lui è riuscito a dimostrare che sull’erba e uno dei migliori e la prossima stagione può puntare alla vittoria. Gli infortuni solo il vero problema di Matteo, se riesce a gestire il suo corpo può davvero puntare in alto”.

Un tuo coetaneo: Roger Federer. A cosa può puntare al suo ritorno in campo?

Penso che Roger faccia bene ad aspettare di rientrare, vedo difficile che possa vincere uno Slam. Ma su una superficie più veloce e un torneo sui tre set può ancora puntare al titolo“.

Un pronostico sulla nuova stagione: già dall’ATP Cup, l’Italia può vincere e chi vedi più avanti in classifica il prossimo anno tra i nostri tennisti?

Per quanto riguarda l’ATP Cup non mi stupirei se vincessero, poi può succedere di tutto. Matteo e Jannik possono già puntare allo Slam dall’anno prossimo, vorrei vederli tra i primi 5 del mondo. Musetti e Sonego possono avvicinarsi alla top 20“.

Spesso si parla del binomio Musetti-Sinner: cosa manca a Lorenzo per arrivare al livello di Jannik?

Sono giocatori diversi, a Lorenzo piace partire da dietro mentre a Jannik piace giocare più dentro il campo e soprattutto ha una palla più veloce. Sono anche due ragazzi diversi, l’unico consiglio che mi sento di dare a Musetti è di non prendere come esempio Sinner, ma avere chiari i propri obiettivi“.