Elena Rybakina, grazie alla vittoria ottenuta ai danni di Ons Jabeur, ha conquistato il prestigioso trofeo di Wimbledon: torniamo indietro a dicembre 2019, quando una serie di intensi allenamenti a Roma hanno costituito un punto di svolta per la sua carriera
Non saranno gli Australian Open, torneo che ha sognato di vincere sin da quando era bambina, ma certamente questo trionfo a Wimbledon non può lasciare indifferente neanche una ragazza composta e sobria come Elena Rybakina, prima rappresentante del Kazakistan nella storia del tennis (compreso quello maschile), a conquistare un trofeo del Grande Slam. Vinto l’ultimo punto della finale contro Ons Jabeur, la 23enne moscovita ha sorriso e festeggiato come avesse ottenuto un qualsiasi punto di un qualsiasi match, con una reazione che, al contrario di quanto si possa pensare, è la più naturale possibile: Elena, infatti, non è riuscita a realizzare quello che era appena successo. È il punto più alto fin qui della sua carriera, una carriera che, se ci fosse stato lo stop nel 2020 a causa della pandemia, forse sarebbe decollata già due anni fa: nei primi due mesi del 2020, infatti, la kazaka aveva raggiunto ben 4 finali, quella vinta a Hobart contro Shuai Zhang e quelle perse a Shenzhen per mano di Ekaterina Alexandrova, a San Pietroburgo sotto i colpi di Kiki Bertens e nel prestigioso torneo di Dubai contro Simona Halep. 60 giorni incredibili, dunque, che le permisero di entrare in top 20 e che, a 21 anni non ancora compiuti, la stavano proiettando verso il Gotha del tennis. Poi, la pandemia da Covid-19: Rybakina non può allenarsi durante il lockdown e il suo processo di crescita subisce uno stop che sembrava potesse addirittura averle pregiudicato tanto in ottica futura. E invece no, visto quello che è accaduto nelle ultime ore.
Tornando, però, a quel magico inizio 2020, un ruolo decisivo nell’esplosione della nativa di Mosca è stato ricorperto dagli allenamenti che, al termine del 2019 (stagione che aveva chiuso in crescendo, al numero 37 della classifica mondiale), Elena aveva svolto nella città di Roma, affiancata dall’allenatore italo-russo Stefano Vukov e da Adriano Albanesi. “Elena è una giocatrice fortissima – aveva raccontato Vukov in quelle giornate – che certamente potrà arrivare in futuro in Top 10. Lo si capisce da alcuni match vinti, nonostante la poca esperienza nel circuito, contro avversarie del calibro di Garcia, Halep, Mertens, come pure da alcuni incontri persi in lotta come a Wuhan, in tre set, contro Sabalenka”.
Decisa, Rybakina si era detta pronta a vincere in tutti i tornei. “Mi sono divertita molto a lavorare con Adriano e Fabio – aveva dichiarato la kazaka durante il suo soggiorno romano –, anche se non li conoscevo affatto. Ho imparato cose nuove, svolgendo sedute molto diverse dal solito, come ad esempio quelle legate al visual training. Esercizi all’inizio complicati, ma pian piano positivi e divertenti. Il mio obiettivo è quello di vincere sempre, ovunque io mi trovi: non mi pongo limiti. Come mi sono innamorata del tennis? Ho preso in mano la prima racchetta grazie a mio papà che mi ha portato in campo con lui quando ero piccola”. Insomma, una storia degna di essere raccontata: una tennista che, dall’alto dei suoi 184 cm, è riuscita a costuire un tennis adatto a tutte le superfici, che le ha permesso, forse con due anni di ritardo, di essere lì, a Wimbledon, con il trofeo in mano.