Anche l’ottavo tra Zverev e Rune si è concluso di prima mattina. Il risultato? Giocatori stravolti, spettatori presenti assonnati e infreddoliti, pubblico a casa più che dimezzato
foto Ray Giubilo
Ci risiamo. Anche il match fra Sascha Zverev e Holger Rune è finito a tarda notte, anzi a prima mattina: era l’1,40 di martedì quando una partita iniziata 4 ore e 11 minuti prima è terminata con la vittoria del tedesco in cinque set.
Sascha fra l’altro fra il match con Griekspoor e quest’ultimo è rimasto in campo oltre 8 ore in tre giorni. L’aggravante è che stavolta si tratta di giorni feriali, con il metro che chiude prima rispetto al weekend – non parliamo dei ristoranti attorno al Bois de Boulogne – e quindi più difficili da gestire per il pubblico.
Il tennis non ama le ore piccole. Non è nato per essere giocato a notte fonda, sotti i fari, con l’umido alle ossa davanti a pochi intimi e con gli schermi tv quasi spenti. «Come tutti quelli che hanno seguito il match fra Djokovic e Musetti fino a tardi», ha postato Chris Clarey, per oltre trent’anni prima firma del New York Times. «Quando mi sono svegliato il mio primo pensiero è stato: datemi un caffè. Il secondo: il tennis non impara mai…».
Qualche anno fa in Australia un Baghdatis-Hewitt fu messo in campo a mezzanotte – Venus Williams in precedenza si era rifiutata di cambiare campo per evitare il ritardo – e finì alle 4 e mezzo di mattina. A New York il “late show” è una norma, qui a Parigi il record lo hanno stabilito proprio Djokovic e Musetti (3 e 6 minuti del mattino), ma già lo scorso ottobre al “1000” indoor di Bercy era scattata la polemica per una programmazione folle. Che, va detto, ha consigliato l’Atp di non programmare più di quattro match sullo stesso campo. Ma l’Atp non organizza i quattro tornei dello Slam, che fanno comunque a modo loro.
Certo la pioggia continua ha bersagliato fino a tre giorni fa il Roland Garros, costringendo a cancellazioni e spostamenti. Per evitare che uno dei match più belli del torneo finisse dopo l’orario di chiusura della metro, costringendo molti spettatori a scappare dal Bois de Boulogne, le famiglie a tenere alzati i ragazzini e gli atleti (e noi giornalisti…) ad andare a letto mentre albeggiava, però sarebbe bastato poco. Ad esempio programmare la continuazione di Dimitrov-Hurkacz sul “Lenglen” al posto di Navarro-Keys, che avrebbero potuto recuperare oggi nel giorno di riposo. Che senso ha imporre queste assurdità, che non servono a nessuno e penalizzano sia il pubblico presente che quello davanti alle tv?
«Giocare a questi orari è un problema – ha protestato anche la numero 1 del mondo, Iga Swiatek – perché il lavoro di un tennista non finisce al matchpoint, ci sono tanti impegni (e massaggi, e trattamenti…) che dobbiamo rispettare e prima di andare a letto passano altre 4-5 ore. Poi quanti spettatori possono fermarsi fino alle 3 di notte?».
Anche Coco Gauff la pensa allo stesso modo. «Finire di giocare alle 3 del mattino significa andare a letto alle 7 o alle 8. Non è sano. Capisco che sia un problema non facile da gestire, ma servirebbero limiti più rigorosi sull’orario di inizio dei match. Alla fine, il “prodotto” siamo noi tennisti. Ci sono tornei che ci ascoltano, altri meno. Poi so da dove vengo – ha concluso con molto buonsenso Coco – e mi rendo conto che il lamento di chi guadagna tanti soldi può risultare antipatico a chi deve lavorare in condizioni ben peggiori e faticando ad arrivare a fine mese». Ma i primi a essere danneggiati dal tennis after hour sono proprio i fan che pagano il biglietto o l’abbonamento ad una piattaforma tv.