Novak Djokovic è stato premio da ‘L’Equipe’ come miglior sportivo dell’anno e, per l’occasione, il serbo ha rilasciato un’intervista per la testata francese, tracciando un bilancio della sua stagione e raccontando il proprio rapporto con Daniil Medvedev e Alexander Zverev, principali rivali dell’anno appena trascorso
Dopo essere stato nominato ITF World Champion, ATP Player of the Year e European Sportsman of the Year, Novak Djokovic ha conquistato anche il trofeo, messo in palio da ‘L’Equipe‘, di ‘Champions des Champions Monde 2021′, ossia di miglior sportivo uomo del mondo per l’anno che si sta concludendo. Il numero 1 del ranking, campione di Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Masters 1000 di Parigi-Bercy, ha dominato nei cosiddetti Big Tournaments stagionali, battendo una serie di record che lo hanno ancora di più consacrato (semmai ce ne fosse bisogno) nel Gotha del tennis di ogni epoca.
Il serbo, che ha vinto questo riconoscimento per la prima volta in carriera, ha rilasciato un’intervista per ‘L’Equipe’, tracciando un bilancio di una stagione per cui gli aggettivi positivi rischierebbero di non bastare. “Il 2021 ha avuto alcune grandi difficoltà – ha spiegato Nole – come le quarantene e le bolle, le quali hanno aumentato la pressione su di noi per i risultati in campo. Le cose, complessivamente, sono andate in maniera fantastica. Vincere 3 Major non capita ogni anno, anche se resta un po’ d’amaro in bocca per non aver conquistato una medaglia a Tokyo e per aver perso in finale agli US Open. Le sconfitte, tuttavia, fanno parte del gioco e ti aiutano a crescere sempre, anche alla mia età: nello sport e nella vita non si finisce mai di imparare. Sicuramente, se non fossi andato in Giappone, sarei arrivato più in forze a New York, ma non ho rimpianti: i Giochi Olimpici, per me, rappresentano un evento imperdibile e saltarli non sarebbe stata una buona idea“.
“Nella finale degli US Open – ha raccontato Djokovic, tornando indietro allo step che gli è mancato per completare il Calendar Grand Slam – Medvedev ha giocato in maniera strepitosa, quel giorno era davvero imbattibile. Ha studiato un piano gara che ha funzionato alla perfezione ed è stato più aggressivo del solito. Tuttavia, da qual match, mi porto dietro un ricordo positivo indelebile: l’amore che ho ricevuto dal pubblico sugli spalti. Non avevo mai sentito un tifo del genere, solitamente non sono il più acclamato quando entro in campo per una partita importante. La gente mi ha scaldato il cuore e questo ricordo me lo porterò nell’animo per sempre. Quando non vengo supportato, un po’ me ne dispiaccio, anche se, con gli anni, tutti noi impariamo a fare la nostra gara indipendentemente dallo schieramento del pubblico. Però non mi piace quando vien detto che io mi nutro dei fischi, in quanto non è propriamente così”.
Un commento anche sul resto della stagione: “Il finale di stagione, coronato dalla vittoria a Parigi-Bercy, è stato abbastanza soddisfacente, mentre l’inizio è stato forse il migliore che io abbia mai avuto in carriera. Match più bello? Senza dubbio la semifinale giocata contro Rafael Nadal al Roland Garros, al secondo posto piazzerei la finale di quello stesso torneo contro Stefanos Tsitsipas, al terzo la finale degli Australian Open contro Medvedev. Quest’ultimo, seppur chiusosi in soli tre set, per me merita una menzione speciale, perché ha messo fine a due settimane caratterizzate dall’infortunio subito contro Taylor Fritz al terzo turno: ancora oggi in pochi credono che l’infortunio mi sia occorso davvero, ma grandi meriti vanno al mio staff per avermi permesso di arrivare in forma in finale”.
Infine, Djokovic ha rivolto grandi elogi ai suoi principali avversari del 2021, Daniil Medvedev e Alexander Zverev, con i quali il serbo ha stretto un forte e sincero rapporto di amicizia: “Daniil e Sascha sono due persone squisite, voglio loro molto bene. Parliamo insieme di tante cose e ci scambiamo consigli su come impostare il gioco e come affrontare determinate situazioni, anche per ciò che riguarda la vita di tutti i giorni. A me non piacciono le persone che fingono di essere perfette sia in campo che fuori dal campo: è per questo che io apprezzo a dismisura Daniil e Sascha. Loro non fingono, si mostrano per quello che sono davvero in ogni situazione. La perfezione non esiste, loro non pretendono di essere perfetti e sono consapevoli di sbagliare in certe situazioni. Capita a tutti di commettere degli errori: io sbaglio innumerevoli volte, l’importante è ammettere i propri passi falsi ed evitare di mancare di rispetto alle persone che ci stanno intorno”.