Sconfitto all’esordio nell’ATP 250 di Cordoba da Juan Manuel Cerundolo, Diego Schwartzman ha analizzato in conferenza stampa il difficile momento che sta attraversando
Diego Schwartzman prosegue il suo periodo nero, anche sulla sua tanto amata terra rossa argentina: l’ex numero 8 del mondo, prima testa di serie dell’ATP 250 di Cordoba, è stato battuto all’esordio dal connazionale Juan Manuel Cerundolo con lo score di 7-6 6-1. Il più giovane rivale – va detto – si trova benissimo in questo torneo, avendo conquistato il titolo nell’unica precedente partecipazione (2021) e avendo già ottenuto due buone vittorie nell’edizione di quest’anno. Non si può, però, negare che Schwartzman non sia più se stesso ultimamente: dal prossimo lunedì, El Peque uscirà dalla Top 30 per la prima volta dal 28 agosto 2017 e non sarà neanche più il numero 1 d’Argentina, scavalcato da Francisco Cerundolo, fratello di colui che l’ha sconfitto questa notte. Intervistato in conferenza stampa, il 30enne di Buenos Aires ha riflettuto un po’ su questo difficile momento della sua, in ogni caso fantastica, carriera.
“Juan Manuel [Cerundolo] gioca molto bene qui – ha commentato il numero 28 del mondo –, non ha ancora perso una partita in due edizioni di questo torneo che ha disputato. Il primo set ha vissuto di alti e bassi, ma nel complesso ha dominato e si è dimostrato superiore a me, meritando la vittoria. Sono arrivato a Cordoba sabato, mi sono potuto allenare di mattina, di pomeriggio e di sera per quattro o cinque giorni su questi campi, eppure non sono riuscito ad adattarmi. Controllare i colpi è davvero difficile, la palla rimbalza molto alta e ciò mi sfavorisce sensibilmente. Per giunta, sono arrivato qui con poche partite e, soprattutto, pochi successi alle mie spalle. Probabilmente di solito avrei trovato una soluzione al problema tecnico-tattico, oggi la mia fiducia è troppo in basso e non riesco ad intraprendere questo processo”.
Come se la situazione in campo non fosse già abbastanza complessa, Schwartzman si sta trovando a fare i conti con una difficile questione familiare, una malattia che ha costretto il padre a passare tre settimane in una clinica. “Mio padre è stato in ospedale per tre settimane ed è stato dimesso soltanto ieri. Durante le scorse due settimane, ho passato tanto tempo in clinica con lui. Non sono alibi, è chiaro che ho poca pazienza al giorno d’oggi, mi sento frustrato quando sono in campo. Mi sto allenando bene, è questo ciò che percepisco, poi in partita non sono più me stesso. Non leggo bene i momenti: a volte metto i piedi in campo quando non è arrivata la palla giusta, altre volte gioco troppo sulla difensiva e sbaglio. È difficile per me, in questo momento, analizzare cosa sta accadendo”.