Dopo le sensazioni dalla Spagna da parte di Alexander Weis, abbiamo contattato due giocatori italiani che studiano e giocano nei College americani: i motivi per cui tutti tornano e una sottovalutazione generale del problema.
Davide Tortora, primo anno alla Mississippi State University
La situazione surreale che stiamo vivendo non fa eccezioni. Anche i College americani si fermano con il conseguente ritorno in patria di migliaia di studenti. Negli USA i contagi aumentano a dismisura, toccando quota 35 mila a cui vanno aggiunti i quasi 500 decessi legati al coronavirus.
Davide Tortora, classe 2000 con un passato da top-100 Juniores, è al primo anno della Mississippi State University e studia chinesiologia. Il “freshman” veneto, termine utilizzato per indicare le matricole universitarie, è tornato da poche ore nella sua Verona. I timori e la scelta di tornare in Italia ce le spiega in esclusiva, confermando una sottovalutazione generale del problema che sta condizionando i numeri spiacevoli legati al contagio da Covid-19: “La situazione negli Usa sta lentamente peggiorando – ammette Tortora -. Pian piano hanno chiuso tutte le università, ci siamo ‘spostati’ a fare le lezioni online. Hanno cancellato i tornei della federazione, oltre a vietare gli allenamenti. Non potevamo più utilizzare le strutture, questa è una delle ragioni principali per cui ho deciso di tornare“.
I cittadini americani sembra stiano iniziando a trattare il problema con la dovuta accortezza solo a partire da ora: “Loro non sono molto preoccupati – prosegue Davide nella sua testimonianza – i bar erano aperti scorsa settimana, l’hanno presa troppo alla leggera. Avrebbero dovuto fermare tutto prima. Paradossalmente la gente è più preoccupata per la situazione in Europa, hanno pensato che da loro non sarebbe arrivato il virus. Secondo me peggiorerà molto di più rispetto a qua”.
Se avessi aspettato sarebbe stato troppo tardi
Adesso Tortora è in quarantena forzata, come tutti del resto, a maggior ragione dopo un viaggio di ritorno che lo ha visto attraversare l’oceano: “Il massimo che posso fare è andare in garage – dichiara – faccio esercizi e studio. Per ora non mi sto allenando in maniera intensa, mi sto riposando anche perché non posso andare a correre. Faccio tutto da casa, ho degli esercizi da seguire, un programma stabilito e sto seguendo quello. Prima di tornare avevo sentito quanto fosse devastante la situazione, tutti mi dicevano che avrei dovuto restare a casa non appena arrivato. Non avevo mai sentito una cosa del genere. All’estero tutti sottovalutano il problema – rimarca – ma è dappertutto. Certo, ora in Italia è peggiore, ma arriverà man mano ovunque”.
Non solo la chiusura delle strutture tra i motivi del ritorno a casa. ‘Dade’ (così lo chiamano gli amici) avrebbe potuto rimanere negli Usa: “I coach locali ci dicevano che avremmo potuto dormire nelle loro case – spiega -. Tutti i compagni della mia squadra però erano tornati, non aveva senso restare. Quasi tutti siamo europei, eravamo preoccupati dal fatto che il governo americano avrebbe potuto chiudere gli aeroporti e i voli verso l’Europa. Magari se avessimo aspettato una settimana in più sarebbe stato tardi”.
Chiosa finale sull’avventura americana, intrapresa sempre da più tennisti-studenti italiani. Tra i giovani azzurri ad aver optato per gli studi oltreoceano anche i vari Giovanni Oradini, Alice Amendola, Isabella Tcherkes Zade e Nicola Vidal per citarne alcuni: “Mi sto trovando benissimo – afferma in maniera decisa Tortora – è un’esperienza che consiglio a occhi chiusi a tutti. Ti cambia, vivi qualcosa di diverso. Qui in Italia non c’è nulla di simile a questo. I coach americani sono diversi da quelli italiani come visione. A scuola conosci persone di infinite nazionalità, molti provengono dal Sud America, ho amici della Nuova Zelanda, del Canada e così via. Posso dire che ti forma non solo dal punto di vista tennistico, ma soprattutto umanamente”.
Manuel Bernard, in forze alla Troy University
Storia diversa, ma sensazioni simili per Manuel Bernard. Il classe 1999 di Bolzano ha calcato il pavimento di casa solo nella giornata di sabato, tra voli cancellati e viaggi infiniti tra aerei e treni. Dal Mississippi ci spostiamo allo stato dell’Alabama: l’altoatesino studia global business alla Troy University ed è attualmente al secondo anno. “Tutti sono tornati per stare a casa con la propria famiglia, anche se non eravamo costretti. Si sarebbero comunque presi cura di noi – ci racconta dalla quarantena -. Negli Stati Uniti andare in ospedale costa tanto, anche avendo un’assicurazione. Anche il tampone è costoso, per questo ci sono ancora ‘pochi casi’ secondo me. La carta igienica è finita, non ci sono più igienizzanti per le mani o mascherine”. Anche Manuel costretto ad arrangiarsi per gli allenamenti: “Adesso faccio solo atletica da casa, non potendo uscire. Il tennis comunque scala in secondo piano rispetto a quello che sta accadendo. Sinceramente non immaginavo fosse così critica la situazione in Italia” conclude.