L’atleta transalpino rimprovera il mondo del tennis per le restrizioni regolamentari che frenano le emozioni dei giocatori
Corentin Moutet per la seconda volta in carriera ha raggiunto il terzo turno di uno slam, a New York è stata decisiva la vittoria su Daniel Evans che gli permetterà di affrontare Felix Auger Aliassime per un posto agli ottavi. Il tennista transalpino, intervistato da L’Equipe, ha raccontato le difficoltà nascoste che un tennista può affrontare in campo, dove a volte le redini regolamentari sono troppo serrate. “La gente ci giudica, a volte sembriamo l’uno uguale all’altro, questo perché dobbiamo attenerci a dei regolamenti severi. Io però sono umano, mi alleno ogni giorno per fare il massimo e penso sia normale che delle volte io possa arrabbiarmi quando le cose vanno male in campo – il pensiero critico di Moutet che prende in esame la reazione del pubblico nei confronti dei giocatori più emotivi – Quando ho giocato l’Ultimate Tennis Showdown io e gli altri ci siamo sentiti più liberi. Eravamo noi stessi, non recitavamo una parte, tutti abbiamo espresso le nostre emozioni durante i match ed è stato molto più umano. Nel circuito invece siamo dei robot”.
“Quando posso esprimermi sono semplicemente me stesso, non devo filtrare nulla. Nei tornei invece capita di dovere decidere se mostrare o no le proprie emozioni”. Prosegue Moutet che ribadisce il fatto di essere un umano e non un automa perfetto: “In campo possono esserci giornate in cui faccio fatica a contenere le mie emozioni, non si può sempre interpretare il ruolo dell’uomo perfetto. Il tennis è uno sport fatto di emozioni, sarebbe necessario capirlo”.