Coco ripercorre il proprio percorso che l’ha portata precocemente in alto: i momenti difficili, gli ostacoli e le sfide di un’appena sedicenne già vincitrice di un titolo Wta.
Difficoltà, crescita e consapevolezza
Un titolo Wta in singolo, due in doppio, best ranking alla posizione numero 49 e due quarti turni Slam raggiunti. Una bacheca degna di una discreta carriera per molte giocatrici sulla via del tramonto. Cori Gauff ci è riuscita, ma prima di compierne sedici di anni: una predestinata, un fenomeno capace di farci fare un tuffo nel passato, a quando le varie Hingis e Sabatini facevano sognare già da teenager. In top-50 Coco non ci è arrivata per caso. Grazie ad un enorme talento certo, ma non solo quello. Solo quello non può bastare per fare tutto quello che ha fatto e che ancora farà. Nel blog ‘Behind The Racquet’, la giovanissima statunitense racconta senza veli il proprio percorso, tra consapevolezza, crescita e ostacoli: “Mi sono sempre chiesta – si legge – se la mia vita sarebbe migliore senza tennis. Pensandoci bene, con tutto ciò che questo sport mi ha dato, non posso immaginarlo. La maggior parte dei miei amici conduce una vita normale al liceo, loro sembrano molto felici ad essere “normali”. Un po’ li invidiavo, fino a quando non ho capito che nessuno di loro era davvero così contento mentre postava sui social network. Mi ci è voluto circa un anno per superare questa percezione”.
Difficoltà innegabili. Gauff non nega che un paio di stagioni fa ha pensato di darsi una pausa: “Per un anno sono stata davvero depressa, è stata la stagione più difficile della mia carriera (2017/2018, ndr) – ammette -. Quando ti ritrovi in quella mentalità oscura, non guardi mai al lato positivo delle cose, il che rende tutto molto più difficile. Sapevo che volevo giocare a tennis, ma non sapevo in che modo avrei voluto farlo. Ho riflettuto anche sul fatto di fermarmi per un anno col tentativo di concentrarmi sulla mia vita. Ovviamente non farlo è stata la decisione corretta. Ero persa, confusa e pensavo troppo a quello che stavano facendo gli altri. Mi ci sono voluti anche lunghi momenti di pianto, ne sono uscita più forte che mai. E, soprattutto, conoscendomi meglio di prima”.
Ormai il prodigio di Atlanta è diventata un riferimento, paradossalmente anche per chi è più ‘grande’ di lei demograficamente: “Mi sto abituando – dichiara Gauff -. Aggiunge un po’ di pressione sapere che le persone stanno osservando ogni mio movimento. Non mi sento come un interruttore, anche se all’inizio ho pensato che tutto dovesse essere perfetto. L’ho superato cercando nel profondo della mia anima. Da allora, mi sono divertita molto di più ad allenarmi e a giocare le partite”. A questo punto della lettera, Coco rivolge un pensiero alle persone che più le sono state vicine: “Ho una buona cerchia di amici e familiari a cui ho sempre dato priorità, sono riconoscente verso tante persone che mi hanno aiutato nei momenti più difficili. Tuttavia anche con loro mi ci è voluto un po’ di tempo per esprimere le mie vere emozioni, ma una volta che ho imparato a farlo, tutto è stato più semplice”.
“Ecco perché non mi piace il paragone con Venus e Serena”
La precocità è sempre stato un fattore della fin qui giovanissima carriera dell’americana. Un fattore a cui ha imparato a farci l’abitudine: “Durante tutta la mia vita sono sempre stata la più piccola a fare determinate cose, a volte è stato trattato con grande esagerazione questo aspetto. Ho avvertito la pressione nel fare tutto tramite una corsia preferenziale. Ho accantonato questo pensiero quando ho iniziato ad ottenere i risultati che volevo, prima di Wimbledon 2018. I risultati alla fine ci sono sempre stati, non era questo il vero problema, ma ho scoperto che fosse il caso di giocare per me stessa e non per gli altri”.
Impossibile non toccare l’argomento che più volte ha toccato Coco nel profondo, paragonata sin dalle stagioni da Junior alle sorelle Williams: “Molte ragazze mi hanno confessato che il loro approccio al tennis era avvenuto per merito mio. Mi sorprende, è così che sono entrata nel mondo dello sport. Una delle cose più importanti nel tennis è la rottura di determinate barriere, ma allo stesso tempo non mi piace essere paragonata a Venus e Serena. E ora spiego il perché. Innanzitutto perché non sono ancora al loro livello. Inoltre penso sia ingiusto essere paragonati a qualcuno come me, sono appena arrivata sul circuito. Le sorelle Williams le vedo ancora come idoli incontrastati. Sono le due donne che hanno segnato maggiormente il mio percorso, ma non potrei mai essere Venus o Serena. Senza di loro non avrei mai pensato di praticare questo sport a causa del residuo volume di afroamericane presenti sul tour”, conclude Gauff.