La 18 volte vincitrice Slam ha parlato, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, della sua malattia, dei tennisti del momento e della scelta di bandire russi e bielorussi dal torneo di Wimbledon

Ho appena finito sei cicli di chemio per il cancro alle ovaie. È stata meno brutale di quanto temevo. Mi mancano la forza e il tennis giocato, ma ogni giorno va meglio. Non me la sento ancora di prendere un volo per l’Europa: commenterò il Roland Garros per Discovery da casa” – con queste parole, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Chris Evert racconta la sua malattia.

La 18 volte vincitrice Slam, che ha documentato le fasi del tumore sui social, ha spiegato: “Io sono fortunata, io sono qui. Mia sorella Jeanne non c’è più: l’ha portata via la mia stessa malattia. Ecco, io credo di essere viva grazie a lei. La famigliarità con il male, la possibilità di scoprirlo per tempo in assenza di sintomi né dolore, l’isterectomia, la chemio: io ho avuto possibilità che a Jeanne sono state negate“.

Il passato da atleta mi ha reso resiliente, il tennis alla tv mi ha intrattenuta piacevolmente” – ha confessato l’ex numero 1 del mondo.

Poi, Evert ha detto la sua sul dominio di Swiatek e sul momento che sta attraversando il tennis femminile: “Iga è la più affamata, determinata, lucida: ha un percorso in testa. Ma mi piace tanto anche Ons Jabeur, Bianca Andreescu mi diverte e Naomi Osaka mi affascina: la sua è la favola di Cenerentola, dall’anonimato alla sovraesposizione. E i social media, mio Dio, hanno enormemente aumentato la pressione su queste ragazze. Negli staff sono entrati i mental coach: ai miei tempi io viaggiavo sola, figuriamoci. E la salute mentale delle atlete, da Simone Biles a Naomi Osaka, è diventato un argomento all’ordine del giorno. Ed è un bene che se ne parli“.

In condizioni normali mi sarei schierata per gli atleti come singoli individui. Ma questa guerra è così distruttiva e catastrofica che sì, capisco e condivido la scelta drastica di Wimbledon. Non possiamo restare indifferenti. Non possiamo offrire visibilità e prestigio alla Russia attraverso il più importante torneo dei tennis del mondo” – ha invece commentato la statunitense sulla decisione di Wimbledon di escludere russi e bielorussi dal torneo.

La sessantasettenne di Fort Lauderdale si è poi sbilanciata sul prossimo vincitore del Roland Garros: “Djokovic a Montecarlo era arrugginito, ma a Roma le sue gambe e il suo braccio sono tornati a produrre tennis perfetto: il favorito di Parigi è lui. Alcaraz va verificato sui tre set su cinque, Nadal dipende dall’enorme incognita del piede. Sappiamo che Rafa sul rosso non è umano ma la terra chiede moltissimo al corpo“.

Di Jannik Sinner invece pensa: “Premetto che sette anni con un coach sono tanti: non ci vedo nulla di sbagliato nella sua volontà di cambiamento. Se vuoi salire di livello, sentire un’altra voce è utile. È arrivato il momento del salto di qualità, però: a Jannik servono come ossigeno più varietà di gioco e più robustezza nel fisico. La sua maturità in campo è già impressionante: sa come gestire la pressione. Alcaraz è un buono stimolo per lui: io sono ottimista“.

Su Emma Raducanu: “Va capita. Quando ho vinto il mio primo Slam, a Parigi nel ‘74, avevo 19 anni. La mia vita non è mai più stata la stessa. Il magazine Life venne al college per fare un servizio su di me: comportati normalmente, mi dissero. Come se fosse facile! A tenermi con i piedi per terra furono i miei: mia madre continuò a chiedermi di rifare la stanza e svuotare la lavatrice. Spero che Emma, inseguita dai tabloid inglesi, abbia intorno persone solide, quadrate“.

È cambiato tutto: campi, racchette, palle, stringhe. Diciamo che io ero regolare come Badosa e affamata come Swiatek, una donna in missione. Ma la migliore di tutte è stata Serena Williams” – ha concluso Evert.