Dopo oltre tre anni (Miami-Montecarlo 2019), il numero 2 d’Italia è tornato a perdere all’esordio in due tornei consecutivi. Ciò però non deve allarmare, in quanto anche i “top player” vivono una fase di consolidamento.

Si chiama consolidamento. Di solito nelle aziende arriva dopo un periodo di forte profitto che ha richiesto sforzo organizzativo economico e strutturale. Avviene in ogni attività e in sede di valutazione, la prestazione è il parametro più attendibile per fissare l’efficienza raggiunta. Lo sport non sfugge all’andazzo e il fenomeno del consolidamento passa attraverso l’atleta autore di grandi risultati, frutto di impegno tecnico fisico e mentale, talora spinto oltre i limiti.

Un’ascesa che a un certo punto richiede un periodo di bonaccia per fare il punto della situazione e ripartire con altra carica agonistica. Un periodo in cui pur rimanendo a margine dei grandi successi, l’atleta elabora concetti acquisiti di recente li fa propri e li rilancia con rinnovato rendimento.

Tutta questa filippica per dare un nome alle ultime sconfitte di Matteo Berrettini, arrivate dopo le riconferme di Stoccarda e Queen’s date invece dai più quasi per scontate. Due vittorie, invece, particolarmente significative, poiché giunte dopo i famigerati tre mesi di stasi. Sbaglierò, ma un pizzico di rammarico forse può essere giunto dalla mancata possibilità di difendere i 1.200 punti di Wimbledon 2022, un imprevisto pesante quanto imprevedibile che l’ha spinto fuori dai primi 10. Niente di irreparabile, tuttavia, e un paio di sconfitte ci stanno tutte. Non solo, la seconda maturata a Cincinnati ha già un sapore diverso da quella subita a Montreal e lascia immaginare un Berrettini proiettato con fiducia verso gli Us Open.

Insomma tutto questo per dire che il giocatore visto in questi giorni è lo stesso che ha stravinto sull’erba e altre superfici mostrando di essere un campione in fase di consolidamento ma sempre in grado di dire la sua.