“Così, avrei dato l’anima pur di dipanare l’arcano per via di un confronto newyorkese tra la tendenza destrorsa di Carlitos Alcaraz e quella sinistra di Benjamin Shelton, detto Ben…”

“I mancini sono come le ragazze piene di curve”, ebbe a scrivere una volta Rod Laver su un attempato libro di tecnica, “..godono di evidenti benefici e hanno vantaggi innati rispetto ai destrosi”. C’è da giurare che l’asso australiano alludesse a quel concentrato di istinto e creatività di cui i tennisti di mano sinistra sembrano abbondare. Così, avrei dato l’anima pur di dipanare l’arcano per via di un confronto newyorkese tra la tendenza destrorsa di Carlitos Alcaraz e quella sinistra di Benjamin Shelton, detto Ben. Uno scontro di inventiva tra due esponenti del tennis moderno appaiati per età ma divisi per lateralità e rendimento. Realtà vuole che i finalisti dell’ultimo slam siano, bensì, Djokovic e Medvedev e che ulteriori curiosità sugli emisferi cerebrali di due giovani rampolli del nuovo che avanza siano da rimandare ad altra data.

In previsione di altre sorprese, tuttavia, vale la pena inquadrare il ruolo del marcantonio di Atlanta nell’ambito del mancinismo storico del mondo racchettaro. Tanto per tenerlo lontano dalla resilienza di Vilas e Nadal e dalla spinta di Jimmy Connors da dietro. E se di McEnroe non ha la perizia del tiro di Laver manca il funambolismo. A occhio e croce lo assocerei a Shapovalov se non altro per somiglianze innegabili con un buon Leconte, vista la comune attitudine a tirare bombe per far fuori una mosca. Un’esuberanza, che accende una spia luminosa sui tanti primi e secondi turni della sua attività, superati quest’anno solo da apparizioni di rilievo all’Australian Open e al torneo di Cagliari prima di questa semi in terra d’America. Un gioco frettoloso che ha una spina nelle pause, ristrette all’osso da un eccesso di frenesia giovanile che spinge a mettere le corde sulla palla forte e subito per ricacciarla di là della rete talora arricchita da qualche spunto di genialità.

Nel tempo che fu, cattivi insegnanti deviavano malcapitati utilizzatori di mano manca verso l’uso forzoso di quella opposta. Fosse stato per farne un letterato o un praticante della racchetta poco importa: per ragioni religiose piuttosto che scaramantiche, l’arto sinistro consumava l’intera esistenza nel ruolo di subordinato

Fortuna vuole che quanto un tempo era inteso come difetto , oggi sia visto come un pregio, appannaggio di di geniacci come Aristotele, Leonardo e Michelangelo, diversi l’un l’altro ma equiparati dalla ritrosia verso gabbie mentali e culturali che frustrano l’istinto.

Chiudo con Nadal. Per dire che attraverso di lui, il mancinismo ha rischiato, nell’immaginario collettivo, una rivincita fuorviante quando una leggenda metropolitana lo avrebbe voluto destroso alla nascita e presto avviato da valenti maestri a una sinistra dominanza pur di cogliere i vantaggi elencati da Laver. Un’affermazione che puzza di stupidaggine lontano un miglio e non merita neanche di essere commentata.