Giusto festeggiare un trionfo storico, ma il coach marchigiano non ha dubbi: l’anno è ancora lungo e bisognerà subito rimettersi all’opera
“Una vittoria stupenda, non so che dire. Forse devo ancora metabolizzare tutto. È un’emozione grandissima vincere una partita così, una finale Slam due set a zero sotto, contro un Medvedev che onestamente giocava un tennis incredibile. Jannik è stato bravissimo e se lo è meritato perché ha avuto una forza d’animo bestiale“. Queste le parole di coach Simone Vagnozzi, che insieme a Darren Cahilli, ha guidato Jannik Sinner al suo primo storico titolo Slam agli Australian Open. Un traguardo raggiunto al termine di una finale combattutissima, risolta solamente al quinto set e che ha visto infine l’altoatesino imporsi con lo score di 3-6 3-6 6-4 6-4 6-3.
Il racconto della partita del coach marchigiano, che indica come punto di svolta il break del settimo gioco nel secondo set: “Ci aspettavamo che Medvedev partisse forte e aggressivo perché arrivava da un torneo lungo, quindi sapevamo che lui non avrebbe voluto allungare troppo gli scambi. Però, onestamente, non ci aspettavamo che potesse farlo così bene, perché un Medvedev così sulla riga di fondo, che serve l’85% di prime palle: praticamente gli errori non c’erano, quindi Jannik si è trovato un po’ in difficoltà. Non è partito benissimo, soprattutto al servizio, ma ci poteva stare in una finale Slam che ci fosse un po’ più di tensione. Poi penso che sul 5-1 del secondo set, quando Jannik ha brekkato Medvedev, un po’ qualcosa è cambiato. È cambiata l’inerzia: ha avuto la chance sul 5-3 di rientrare e lì Medvedev ha fatto vedere le prime crepe. Ha fatto un passo indietro, ha giocato meno aggressivo, stava un metro più lontano: abbiamo visto un po’ di luce e Jannik è stato bravo a restargli attaccato tutto l’inizio del terzo set e poi piano piano a portarla a casa“.
“Dal terzo set in poi Medvedev è riuscito comunque a mantenere un livello costante – continua Vagnozzi –. Jannik non è riuscito a brekkarlo quelle volte che Medvedev cercava di velocizzare gli scambi facendo qualche serve & volley, ha mancato qualche chance e si è trovato in situazioni delicate sul 30 pari. Mi ricordo al quinto set uno scambio al primo game di quaranta colpi o qualcosa del genere: però Jannik colpiva già meglio la palla, alla fine nonostante fosse un po’ più stanco riusciva a colpire meglio… ma è stata complicata“.
Un successo che nasce dal duro lavoro: “Noi con Jannik ci lavoriamo tutti i giorni, sappiamo che gran lavoratore sia e che livello abbia. Sapevamo quanto potesse fare bene qui in Australia ma, come avevamo detto, non eravamo venuti qui con il tarlo di doverlo vincere per forza questo Slam ma solo di voler andare il più avanti possibile e di vivere ogni partita come fosse una finale. Poi naturalmente quando in finale ci arrivi vuoi vincere e…niente, l’emozione è grandissima e, ripeto, devo ancora un po’ metabolizzare“.
E questo è solo l’inizio: “Adesso sicuramente la prima cosa da fare è recuperare. Cercare di prendere tutta la fiducia che si può prendere fa questo torneo. Poi rimettere i piedi a terra e lavorare: l’anno è appena iniziato, è lungo, e quindi dobbiamo da una parte prendere tutto quello che c’è di buono e dall’altra rimetterci subito all’opera perché qua non ti regala niente nessuno. Quindi si torna alla solita routine, però con qualcosina in tasca di importante. Come si festeggerà? Una bella mangiata, un po’ di alcool…così magari domani sull’aereo dormiamo tutto il tempo“.