Lo stoicismo degno di un filosofo antico messo in campo dall’ex numero 1 contro Kokkinakis ha impressionato tutti, ma per disinnescare gli assalti di Kokkinakis serviva anche un istinto sopraffino
Spiegare quanto visto ieri sulla Rod Laver Arena di Melbourne, significa scomodare la filosofia antica e moderna. Perché se i giocatori sono figli di un’idea, e le azioni hanno forza espressiva, la difesa estrema messa in trincea da Andy Murray contro Kokkinakis sul punteggio di due set sotto chiama in causa lo stoicismo di Seneca, piuttosto che il razionalismo di Spinoza. Un rapporto immediato tra soggetto e oggetto, che al netto di paroloni inutili va sotto la definizione di intuito. Qualcosa che nel caso specifico si tocca con mano tornando alle immagini di quello scorcio di sopravvivenza giocato in bilico tra uno schiacciatore stanziato pericolosamente a rete, e un difensore rasente le tribune a fare il pendolo tra residue speranze. Come ne sia uscito è presto detto. Esigenze tecniche avevano richiesto che il baldanzoso attaccante fosse chiamato per tre volte a fissare una sfera in arrivo dall’alto lasciando all’irriducibile difensore quel centesimo di secondo utile a muoversi in tempo in tempo per ribattere la bordata successiva. Fino a respingere definitivamente il pericolo e guadagnare un errore gratuito dell’aggressore e portarsi in vantaggio nel terzo. Un giro di boa inatteso, un ribaltone in cui la condizione psicologica avrebbe fatto il resto riconoscendo a Sir Andy Murray il giusto riscatto di un passato da numero uno del mondo ricoperto in tempi non sospetti.
Curioso rilevare come i due match fin qui disputati dallo scozzese siano stati risolti da due fatti estremi: il passante sbagliato da Berrettini, e questa fase difensiva andata in onda contro un talento come Kokkinakis. La prova sputata che Murray è quel grande conoscitore del gioco che abbiamo sempre detto. Un esperto capace di cogliere le chance offerte dal gioco e di muoversi uno scambio per l’altro come il miglior Pancho Segura, e del più recente Gattone Mecir.
Dieci i set fin qui giocati da Sir Andy, non pochi per le 35 primavere portate a spasso per i campi insieme a un’anca al titanio. Così contro Bautista Agut avrà bisogno sicuramente di risparmiare sulla prestanza fisica per dare fondo alla grande conoscenza tattica maturata nella sua straordinaria carriera da «Fab». E se al pensiero geometrico di Euclide farà eco il fatalismo di Epicuro, apprezzeremo anche nella seconda settimana le gesta dell’eroe britannico, troppo presto relegato al ruolo di ex.