Il divario fra ATP Finals e WTA Finals si sta allargando sempre più e il flop delle ultime edizioni dell’evento femminile fa sorgere una riflessione: e se tutte le Finals (Next Gen comprese) si giocassero nella stessa sede? Sarebbe un modo per far funzionare di più l’evento giovanile e quello degli under. La nuova United Cup, in arrivo a gennaio, può aprire la strada

Riflessioni e possibili rimedi

“Mi piacerebbe che le WTA Finals fossero come le ATP Finals”. In sostanza, è il succo di un discorso fatto dalla numero uno del mondo Iga Swiatek al termine dell’evento-flop di Fort Worth, dove il Master femminile si è giocato in un clima desolante, davanti a pochissimi spettatori malgrado biglietti sotto i dieci dollari per numerose delle sessioni di gioco. Immagini opposte a quelle che ci accompagneranno nei prossimi otto giorni, col PalaAlpitour di Torino quasi sempre sold out per il Masters maschile, in Italia per il secondo anno consecutivo. La differenza di gestione fra l’evento delle donne e quello degli uomini è all’occhio di tutti, e mentre un torneo – quello ATP – continua a migliorare e da domenica proporrà un prize money record di 15 milioni di dollari,il suo equivalente al femminile pare aver completamente smarrito la propria identità. Tanto da far sembrare meno strampalata l’ipotesi di unire i due eventi in uno solo. Nel disastro delle WTA Finals la pandemia rimane la causa numero uno, perché l’evento doveva giocarsi a Shenzhen fino al 2028 – grazie a un contratto multimilionario firmato nel 2018, che avrebbe garantito entrate mai viste sia alla WTA sia alle protagoniste –, ma in Cina il circuito non ci va più ormai dal 2019 e da lì sono nati tutti i problemi, impossibili da prevedere. Ma se fino a lì non ci sono colpevoli, le pezze messe da Steve Simon e compagnia, che nel 2020 erano stati addirittura costretti a rinunciare al loro torneo di punta, non sono comunque state all’altezza. Nel 2021 il torneo è volato in Messico e non è andata bene, mentre in Texas è andata ancora peggio, malgrado la presenza in gara di due statunitensi.

Anche se probabilmente quella del Texas era l’unica strada percorribile, nel post-pandemia è stato commesso un errore su tutta la linea e la WTA deve prenderne atto, perché mentre il suo evento sta ancora pagando le conseguenza del Covid, l’ATP le ha superate brillantemente. Hanno salvato il torneo anche nel 2020 e poi hanno portato avanti il cambio di sede annunciato in precedenza, passando a Torino e crescendo ancora. Quindi, visto che un evento gode di piena salute e l’altro invece sta soffrendo, come mai non proporli nella stessa settimana e nella stessa sede? Le ATP Finals non ne risentirebbero, mentre il torneo femminile potrebbe trarne un enorme beneficio. E sostanzialmente tornerebbe anche in Europa, dove non circolano i milioni di dollari di Doha, Singapore o Shenzhen, ma il pubblico non manca mai di riempire gli spalti. Un’unica grande Finals ATP e WTA pare un’idea un po’ strampalata, ma il recente lancio della United Cup, a gennaio in Australia con uomini e donne nella stessa squadra, dimostra che l’intenzione del presidente ATP Andrea Gaudenzi di tendere la mano alla WTA per collaborarci sistematicamente non era solo un’operazione di facciata. Qualcuno alzerà il dito ricordando la Hopman Cup, storico evento misto che si è giocato per trent’anni nella prima settimana della stagione, ma in quel caso la competizione era organizzata dall’ITF, con ATP e WTA in secondo piano un po’ come avviene nei tornei del Grande Slam. Stavolta, invece, l’evento è a tutti gli effetti organizzato in sinergia dai due sindacati, per la prima volta nella storia. Magari non si arriverà mai a quell’unione proposta nel 2020 da Roger Federer, ma oggi uomini e donne si trovano più vicini che mai e la United Cup potrebbe aprire una nuova strada.

Tutto nella stessa sede: i possibili vantaggi e le difficoltà

Nel media day delle Nitto ATP Finals sul tema è stato stuzzicato il russo Andrey Rublev, che non ha bocciato l’idea ma ne ha evidenziato i possibili problemi logistici, in termini di impianti. In sostanza, ha detto che fra singolaristi e doppisti già non è sempre facile trovare i campi d’allenamento all’orario desiderato e nella sede desiderata, ergo per aprire anche alle donne servirebbero impianti ancora più grandi. Osservazione corretta: ipotizzando un Masters congiunto, che non vada comunque oltre la settimana/otto giorni, sarebbero necessari almeno due campi principali, oltre a molte facilities in più, in particolare proprio i campi d’allenamento. Rimane il fatto che il calendario degli incontri sarebbe enormemente concentrato, forse troppo per fare sì che entrambi gli eventi possano avere la dignità che meritano, e ci sarebbe poi il problema di un interesse comunque più proiettato sugli uomini, ma fra il raccogliere pochissimi spettatori e l’averne invece qualcuno in più seppur di riflesso, forse rimane meglio la seconda opzione.

In questo scenario non vanno dimenticate le Next Gen ATP Finals: in origine si dovevano giocare a Milano solamente fino al 2021, ma un’edizione (2020) è stata cancellata a causa della pandemia e così il contratto è stato allungato al 2022. Tuttavia, non ci sono dubbi sul fatto che quella che terminerà in serata all’Allianz Cloud resterà l’ultima edizione milanese, prima del trasloco in altra sede. L’ATP non ne ha parlato apertamente, ma dal fatto che nel calendario 2023 gli eventi risultino nella stessa settimana pare evidente l’intenzione di unire il Masters dei giovani a quello dei giganti, portandolo nella medesima sede. Altrimenti, giocare i due tornei in due posti diversi ma nella stessa settimana toglierebbe tantissima attenzione agli under 21, rovinando un’operazione – la campagna Next Gen – che tutto sommato ha funzionato, facendo da culla alla gran parte degli attuali protagonisti del circuito. Nello stesso posto, invece, i giovani potrebbero comunque trovare la loro dimensione. Da capire anche se il torneo rimarrà per gli under 21: c’è chi sostiene che l’età vada abbassata a 19 anni, ed è un ragionamento in parte condivisibile perché negli anni sono arrivati numerosi forfait (Zverev, Auger-Aliassime, Sinner, Alcaraz, altri) da parte di giocatori che sarebbero stati le star dell’evento, ma a 21 anni hanno già la testa altrove. Tuttavia, aprire al massimo ai 19enni abbasserebbe interesse e appeal, proponendo ancora meno giocatori conosciuti al grande pubblico. L’operazione potrebbe avere un po’ di senso soltanto se le Finals dei ragazzi venissero effettivamente unite a quelle dei grandi, molto meno per un evento che dovrebbe brillare di luce propria.

E delle maxi Finals in grado di unire ATP, WTA e Next Gen? Coi tre format attuali sarebbe complicato, perché – e non è un dettaglio – nei due tornei dei grandi c’è anche il doppio, che si svolge con la stessa identica formula del singolare. Per portare tutto in una sede unica qualcosa andrebbe sacrificato, magari mettendo mano al format. Doppio a eliminazione diretta? Next Gen a eliminazione diretta? Altre ipotesi ancora? Da ricordare che in passato persino le ATP Finals sono state a eliminazione diretta, a 12 partecipanti dall’82 all’84, da sedici nel 1985. Oppure che nelle prime due edizioni il torneo prevedeva un solo round robin, da sei (1970) e sette (1971) giocatori, senza fase finale a eliminazione diretta. Oppure ancora che per parecchi anni il Masters di doppio si è giocato in altra sede, anche se non era stato esattamente un successo. In sostanza, dunque, cambiare si può e non è detto che sia un male. Specie se aiuterà a non rivedere più scene come quelle di Fort Worth.