Dalla Russia, nostra avversaria di stanotte nella finale in Atp Cup, all’Equipe, è tutto un concerto di lodi per i successi del nostro tennis. Una rinascita che non ha un solo segreto, ma un insieme di ragioni molto concrete alla sua base

L’Equipe: «Sinner può esplodere come Federer»

Ora se ne stanno accorgendo anche gli altri, a partire dai nostri prossimi avversari. «Il tennis italiano è incredibile», ha ammesso Medvedev parlando al sito web dell’Atp. «Penso al numero di giocatori che hanno all’interno della top 500… È una grande nazione tennistica. Hanno avuto per un po’ di tempo solo una piccola flessione, ma contenuta. Ora sono tornati, specialmente Matteo e Fabio che giocano in modo incredibile».

E L’Equipe rilancia il concetto: «Sinner può esplodere all’improvviso, come Federer all’epoca». Per l’ex pro Paul-Henri Mathieu «È quello che mi ha colpito di più, per la velocità con cui sta progredendo, con l’ulteriore vantaggio di una serenità pazzesca. Hai l’impressione che sia lì da dieci anni». Nicolas Escudé, semifinalista a Melbourne nel 1998, non ha dubbi «sarà tra i primi dieci al mondo a fine stagione. Non è il più talentuoso, ma è quello che ha già solidità e maturità nel gioco, le basi sono poste e questo lo farà andare avanti con estrema rapidità». Cédric Pioline, ex numero 5 del mondo, accumula indizi: : «È forte, ha qualcosa in più. Ha la capacità di muovere la palla in avanti. È stato ad allenarsi in quarantena con Nadal, giusto? È un segno».

Magari è solo l’inizio, magari sono solo i tornei di preparazione, magari in Atp Cup Nadal non ha giocato e Djokovic non ha dato il meglio… Ma magari la realtà è proprio questa: il 2021 è iniziato e nel tennis è grande Italia. In finale in Atp Cup contro la superpotenza russa, in finale nell’Atp di Melbourne con Jannik Sinner e Stefano Travaglia come non accadeva in un torneo del genere dal 1988.

Ho definito superpotenza la Russia di Medvedev & Co., ma una superpotenza ormai lo siamo anche noi. E pazienza per i se e per i ma: una volta certe occasioni le guardavamo sfilare da lontano, oggi sappiamo prenderle al volo. E abituarsi a vincere, ad arrivare in fondo ai tornei, è la premessa per successi ancora più importanti.

L’importanza del gruppo

Come ai tempi dei quattro moschettieri original, ci sono tre-quattro eccellenze – Berrettini, Sinner, Fognini, Travaglia (e Sonego) – ma attorno c’è un gruppo che cresce e succhia energie dall’esempio di chi sta davanti. Come è accaduto per lo sci con la valanga azzurra degli anni ‘70, o la valanga rosa di oggi. «La fortuna di avere uno forte è che tutti lo seguono», mi ha detto Gustavo Thoeni, il faro della valanga di 50 anni fa, durante una intervista che gli ho fatto per La Stampa. «E che in allenamento ti puoi scambiare informazioni e tutti crescono insieme».

Senza dimenticare che il sentiero giusto verso il professionismo di oggi, fatto sì di talento ma anche di tenacia, di grinta, di voglia di arrivare, lo hanno tracciato anche esempi di serietà, e anche di testardaggine come Andreas Seppi, Paolo Lorenzi e Simone Bolelli.

«Loro ci hanno mostrato come migliorare», ha detto Berrettini all’inizio della settimana. «Li guardavamo e ci ispiravamo a loro. Le loro carriere sono ancora in corso, e penso che ci abbiano aiutato a capire come fare».

Il seme di questo successo l’hanno deposto i giocatori e i coach che oggi stiamo applaudendo, da Piatti a Santopadre, da Sartori a Vagnozzi, da Gipo Arbino a Cannova. A Corrado Barazzutti, capitano di Davis per 20 anni e a lungo di Fed Cup, che ora assisterà immagino con un sentimento agrodolce a questi successi, va dato il merito di aver creduto al progetto, di averlo innaffiato di esperienza e passione anche quando sembrava che fra pubblico e privato ci fosse uno steccato altissimo. E il nutrimento, al momento giusto, è arrivato dall’ambiente: i tanti tornei giovanili, Itf e Challenger che si organizzano in Italia, la svolta della federazione che ha capito che si dava da fare in proprio andava aiutato, e non guardato con diffidenza oppure ostacolato.

Da una generazione all’altra

Fra Berrettini e Sinner sta crescendo bene una sana amicizia/rivalità, Travaglia sta ottenendo ora con Simone Vagnozzi i risultati che solo gli infortuni gli avevano negato anni fa, Sonego è pronto a esplodere, Cecchinato sta rinascendo chez Sartori, che da sempre cura l’highlander Seppi, Musetti, Zeppieri e Nardi sono i prossimi sulla lista, Mager e Caruso si stanno togliendo soddisfazioni non banali, e persino il veterano Fabbiano ha lasciato perdere i propositi di ritiro per provare a rientrare fra i primi 100. E poi c’è il Fogna, che oggi, toltasi la scimmia del ‘campione’ incompleto grazie al successo a MonteCarlo e all’ingresso in top 10, gongola nel ruolo di fratello maggiore. Con umorismo e disincanto, ma ancora molta voglia di vincere.

«È bello avere giocatori di 25 anni, come Matteo, e altri ragazzi che hanno attorno ai 20», ha detto Fabio al sito Atp. «Sono più giovani di me, ma è un bene per la squadra ed è un bene per loro perché sono ancora molto giovani. Devono lavorare molto, hanno i numeri per raggiungere il vertice del tennis. E quando Jannik arriverà in squadra, io non giocherò più. Sono troppo vecchio ora, a maggio saranno 34 anni – ha aggiunto con una risata – Mi rilasserò con la pesca, mi godrò la vita il più possibile». Intanto godiamoci lui, Matteo, Jannik, Stefano e questa Italia.