Le modifiche al ranking WTA le hanno permesso di rimanere in vetta pur senza giocare per quasi un anno, ma ora Ashleigh Barty deve dimostrare di essere ancora la prima della classe. È tornata nell’esibizione di Adelaide, ed è fra le favorite per l’Australian Open. Ma nei mesi a venire potrebbe restare ancora a casa.

Famiglia e sociale: c’è tanta vita oltre il tennis

336 giorni. È quanto è passato dall’ultima apparizione ufficiale di Ashleigh Barty, il 28 febbraio dello scorso anno nella semifinale persa a Doha contro Petra Kvitova, al match giocato stamattina ad Adelaide contro Simona Halep, in un’esibizione dal forte sapore di normalità grazie al pienone sugli spalti. In mezzo, quasi dodici mesi da numero uno fantasma, davanti a tutte secondo la classifica Wta ma assente dal circuito. Un’anomalia figlia della pandemia (e delle modifiche regolamentari che ne sono derivate), che le ha permesso di staccare dal tennis per un po’ senza pagarne le conseguenze. Mentre le colleghe saltavano da una bolla all’altra collezionando tamponi, la 24enne del Queensland ha preferito mettere la salute al primo posto, rinunciando a difendere il titolo al Roland Garros e scoprendo che c’è vita oltre al tennis. O più precisamente riscoprendo, visto che già nel 2014 aveva deciso di lasciare la racchetta a tempo indeterminato ad appena 18 anni, allontanandosi per un paio d’anni prima di ripresentarsi e gettare le basi della scalata alla vetta. All’epoca si era data al cricket, mentre stavolta ha fatto un po’ di tutto: ha vinto un torneo amatoriale di golf, ha fatto la zia, ha accolto un nuovo cane in famiglia e si è anche impegnata nel sociale. Ha fatto visita ai medici in prima linea nella lotta al Covid e alle popolazioni colpite dagli incendi di un anno fa, e ha parlato della sua vita di fronte ai ragazzini delle scuole di Brisbane.

Insomma, ha toccato con mano una quotidianità che per i globetrotter col borsone è spesso un miraggio, capendo che per essere felice le può bastare poco. “Il periodo senza tornei – ha raccontato – mi è servito ad apprezzare ciò che mi circonda. La competizione mi è mancata, e in certe occasioni ho dovuto prendere delle decisioni molto difficili, ma in qualche modo lo stop è stato positivo. Ho potuto trascorrere del tempo con la mia famiglia e stare con le persone che amo, e mi sono resa conto che non è soltanto il tennis a rendermi felice”. Ha raccontato di non aver toccato racchetta per i primi due mesi di stop del circuito, godendosi la pausa, poi ha ripreso gradualmente e dopo aver ufficializzato la rinuncia al Roland Garros ha focalizzato tutte le sue attenzioni sul 2021. Coach Craig Tyzzer ha spiegato ai media australiani che hanno lavorato in particolar modo sul potenziamento muscolare, così da rendere ancora più pesante un tennis che per varietà ed estro è davvero da prima della classe. Nel mentre, la sua allieva di lusso non si è fatta mancare qualche polemica, visto che la scorsa settimana è stata pizzicata in un supermercato senza mascherina (“scusatemi, l’ho dimenticata”, avrebbe detto a sua parziale discolpa), ma il pubblico australiano l’ha perdonata in fretta e non vede l’ora di ritrovarla da numero uno anche sul campo.

“Se ci saranno dei rischi rimarrò in Australia”

Zitta zitta, l’australiana ha toccato quota 60 settimane in testa alla classifica, ed è a sole quattro dalla top-10 degli ultimi 46 anni, cioè da quando – nel 1975 – la WTA è stata istituita. Il tutto, naturalmente, senza considerare le 20 settimane nelle quali la classifica è stata congelata. Merito di un 2019 che l’aveva vista trionfare a Parigi, a Miami e alle WTA Finals, e raccogliere i punti necessari per mettere la leadership in ghiaccio pur senza giocare per quasi un anno intero. Ma ora è il momento di tornare a competere, e far funzionare quel tennis fondato sulla capacità di risolvere i problemi e di portare le avversarie lontane dalla propria zona di confort, come ha raccontato lei stessa nell’intervista rilasciata la scorsa estate a Il Tennis Italiano. Il tutto con un possibile vantaggio rispetto alle dirette concorrenti, perché mentre le rivali hanno trascorso le ultime due settimane in isolamento e con gli orari degli allenamenti scanditi dal timer, lei – essendo in Australia da mesi – ha potuto fare vita normale, con piena libertà di spostamenti e tutto il team al suo servizio. Non le è servito a granché al “Day at the Drive” contro la Halep, visto che dopo un buon primo set ha ceduto per 3-6 6-1 10/8, ma l’appuntamento che conta scatta fra una decina di giorni.

Prima, Ashleigh avrà ancora una chance di mettere tennis nelle gambe in uno dei due WTA 500 di Melbourne (è in tabellone allo Yarra Valley Classic, con Serena, Kenin e Pliskova), poi tenterà per l’ottava volta l’assalto alla Daphne Akhurst Memorial Cup, il “coppone” che spetta alla vincitrice del primo Slam dell’anno. Nel 2019 è arrivata ai quarti, nel 2020 in semifinale, mentre stavolta può puntare a fare almeno un passo in più, col sogno di diventare la prima campionessa australiana dal lontano 1978. Sarebbe un bel modo di confermarsi la vera numero uno, e mettere di nuovo d’accordo classifica e realtà in avvio di una stagione 2021 che per lei resta ancora un’incognita. L’Australia è un’isola felice, con appena una decina di vittime del Covid-19 negli ultimi quattro mesi, ma nel resto del mondo la questione pandemia è ancora ben lontana dalla soluzione. Qualora i rischi fossero ancora alti, la Barty ha già espresso l’intenzione di ripetere le scelte fatte lo scorso anno, evitando di viaggiare. “In tante parti del mondo – ha detto – la situazione non mi sembra molto diversa rispetto al 2020, quindi non ho ancora pianificato la mia stagione. Abbiamo ipotizzato qualche programma, ma al momento è difficile saperne di più. Di certo, se io e il mio team dovessimo individuare dei possibili rischi per noi e le nostre famiglie, rimarremo di nuovo a casa. Indipendentemente dal torneo in questione”. Vuol dire che non c’è Wimbledon che tenga: la salute viene prima di tutto e oltre al tennis c’è tanto altro. È la nuova normalità della numero uno.