Le riflessioni del britannico su questi ultimi anni trascorsi fra speranze, dolori e sofferenze

Quanto ci manca Andy Murray? Tantissimo, se siamo appassionati di tennis. Il tennista britannico, durante la sua carriera, è stato capace di vincere 2 volte il torneo di Wimbledon (l’ultimo padrone di casa a riuscirci era stato Fred Perry nel lontanissimo 1936), lo US Open nel 2012 ed è stato l’unico giocatore di tennis capace di conquistare l’oro olimpico in singolare per due edizioni di fila, una di queste proprio sugli amatissimi prati inglesi dell’All England Club. Eppure sfortunatissimo se pensiamo che, proprio quando è riuscito a raggiungere la posizione numero 1 del ranking mondiale, ha dovuto fare i conti con un grave infortunio all’anca, oltre ad una serie impressionante di guai fisici. Da Wimbledon 2017 in avanti, lo scozzese è riuscito a giocare solo 25 partite nel circuito, scivolando fuori dalla top 100 della classifica.

La rivista inglese “Evening Standard” è riuscita a farsi una chiacchierata con lui che, a cuore aperto, ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni sul suo passato, presente e futuro. “Quando ho fatto i primi accertamenti – rivela il campione scozzese – non pensavo che sarebbe stata così dura. Tutti mi chiedono se voglio smettere oppure no: io voglio continuare a giocare a tennis, anche se forseammette Murraynon mi diverto più come qualche anno fa”.

Non tutto quello che è accaduto in questi anni è stato, tuttavia, negativo – dichiara l’ex numero 1 del mondo – dal momento che ho avuto l’opportunità di veder crescere i miei figli e ho passato molto tempo con la mia famiglia: ciò mi ha permesso di costruire con loro un rapporto fantastico e questo non sarebbe stato possibile se le cose fossero andate diversamente”.

Murray è stato anche uno dei tennisti più attivi sul fronte della parità dei sessi nel circiuto tennistico e l’intervista ha toccato anche questo punto: Io voglio soltanto che tutti, uomini o donneribadisce il campione olimpico in caricavengano trattati allo stesso modo. Non credo che questa sia un’opinione estrema: penso che sia semplicemente un diritto degli esseri umani. La collaborazione con Amélie Mauresmo è stata chiacchierata molto, poiché era strano che un uomo fosse allenato da una donna. Io non trovavo una logica in quello stupore: era stata numero 1 della classifica e non avrei potuto intraprendere collaborazione migliore”.