In Australia per quest’anno non lo vedremo, ma sir Andy non ha nessuna intenzione di mollare, anzi. Come ci ha confermato alla fine della corsa stagione, nel 2020 potrebbe tornare anche a Roma, dove ha vinto nel 2016, e mostrare alla piccola Sophia Olivia che non è vero che papà sul rosso ‘fa schifo’. Torino sede delle Atp Finals lo ha sorpreso ma gli piace, e Berrettini ha un grande futuro
«Con l’ultima operazione ho rischiato di non giocare mai più»
A Melbourne non sarà in campo, non ci sarà, colpa di un infortunio muscolare all’inguine che già a Madrid gli aveva impedito di giocare più di un match nelle Finali di Coppa Davis, ma Andy Murray è tipo che si fa buttare giù. «Non importa quante volte mi spezzo – aveva postato su Instragam annunciando la sua rinuncia a tutta la trasferta australiana, Atp Cup compresa – , c’è sempre un pezzo di me che dice che non sono ancora finito, che devo provare a ricominciare…. E’ la storia degli ultimi miei due anni, spero che tutti ve la godiate».
Ho avuto occasione di parlargli all’Atp di Zhuhai, nello scorso settembre, quando era tornato alla vittoria in singolare dopo la lunga pausa dovuta all’operazione all’anca a cui si è sottoposto il 28 gennaio del 2019, quasi un anno fa. Al Queen’s il ritorno in doppio, e a Wimbledon l’esperienza in doppio misto a fianco di Serena, poi in singolare a Cincinnati. Dopo Zhuhai ha addirittura vinto un titolo ad Anversa, quando nessuno se l’aspettava, confermando tutto quello che m ha detto in Cina. E cioé che il quarto dei Fab Four ha ancora voglia di esibirsi, di giocare, soprattutto di capire che cosa può dargli ancora la seconda, o terza parte della sua carriera.
Andy, vedere che Federer, Nadal e Djokovic sono ancora i primi tre del mondo ti ha dato una spinta in più dopo l’operazione?
«No. Loro non hanno dovuto subire un’operazione come la mia, non sto pensando di tornare a battermi a quel livello. Ho rischiato di non giocare mai più, e attraversato momenti molto difficili, sia per me sia per quelli che mi stanno accanto, a partire da mia moglie Kim. Ora sto cercando semplicemente di sentirmi sempre meglio per capire dove posso arrivare».
«Mi piace la Juve, ma la Champions la vince il City»
Alle tue due figlie, Sophia Olivia e Edie magari piacerebbe vedere papà vincere….
«Sarebbe bello: iniziano ad avere un’età (tre anni e mezzo e quasi due, ndr) in cui capiscono quello che faccio. Ma è anche vero che dopo tutto quello che è successo il tennis non è più la mia priorità assoluta».
Sophia è ancora convinta che ‘papà sulla terra fa schifo’?
«Probabilmente sì! Non so come le sia uscita quella frase, deve averla sentita o da mia moglie, o da mia suocera, mentre io non c’ero. Il bello dei bambini è che assorbono tutto».
Per smentirla devi tornare a Roma, dove fra l’altro ha vinto nel 2016 battendo in finale Djokovic: nel 2020 il Foro Italico è nei tuoi programmi?
«Perché no? Negli ultimi due anni anni ho saltato la stagione sulla terra perché ero convinto di dovermi riposare per arrivare nelle migliori condizioni alla stagione sull’erba. Ma ora che non ho più dolore non vedo il motivo di non tornare».
Parliamo in prospettiva: la scelta di Torino per le Atp Finals è azzeccata?
«Credo di sì. In Italia ho sempre trovato un pubblico fantastico, appassionato e competente. Quando ho sentito di Torino sono rimasto sorpreso, pensavo ad una città più grande, ma sono sicuro che da voi ci sarà il giusto ambiente».
Tu ami il calcio e da giovane hai anche giocato: a Torino potresti vedere la Juventus dal vivo…
«Mi piacerebbe. La Juventus ha un ottimo team, minimo due ottimi giocatori in ogni ruolo. Poi ha preso Ramsey dall’Arsenal, il mio team, e questo un po’ mi brucia….».
Chiudamo la parentesi calcistica: chi vince la Champions League quest’anno?
«Mmh… credo il Manchester City»
«Berrettini è nel gruppo di giovani che può vincere gli Slam»»
Matteo Berrettini ha la stoffa del campione? Può aspirare a vincere uno Slam e stare stabilmente nei primi 10 del mondo?
«Avete sempre avuto ottimi giocatori. Seppi è al vertice da tanti anni, come Fabio, che è uno dei migliori del mondo sulla terra battuta. Berrettini gioca bene bene, ha un grande servizio, e migliora continuamente. Passare da n. 100 a n.15 del mondo è dura, da 15 a numero 8 molto di più. Federer, Nadal, Djokovic sono ancora in circolazione, quindi restano pochi posti disponibili e c’è un gruppo di giovani forti: Zverev, Tsitsipas, Thiem… Matteo è nel gruppo che può sperare di ottenere grandi risultati».
La Laver Cup ti piace?
«E’ ottima per il tennis. E’ una esibizione, e io ne ho giocate, ma posso assicurare che chi partecipa Laver Cup non gioca come in una esibizione. Per ora non vale la Davis o gli Slam, ma finora hanno fatto sempre tutto esaurito, fra trent’anni potrebbe essere un evento fantastico. Ci vedi cose che non vedi nei tornei normali, come Federer e Nadal che dialogano con Fognini, può portare un nuovo pubblico al tennis».
Qualcuno sostiene che il livello emotivo è esagerato…
«Ma se sei un tennista, ti trovi in uno stadio esaurito davanti a 16 mila persone, e a bordo campo hai Borg, McEnroe, Federer, Nadal – più Rod Laver in tribuna – che tifano per te, be’ , te lo garantisco: vuoi fare bella figura. Al momento non vale quanto la Coppa Davis o uno Slam, ma tutte le gare sono iniziate in un qualche momento, e se fra trent’anni ci sarà ancora sono sicuro che sarà qualcosa di fantastico. Perché ci vedi cose che non vedi nei tornei normali, come Federer e Nadal parlare sul campo a Fognini, che interessano chiunque ami il tennis. Credo che la Laver Cup possa portare un nuovo tipo di pubblico al tennis».