Il tennista russo ha parlato della sua stagione, che si è conclusa ufficialmente con la Diriyah Tennis Cup
«Andrey, cerca di essere un po’ più espansivo…». Una intervista per la Tv dopo una partita del torneo esibizione di Diriyah, tra i sorrisi sornioni di Berrettini e le risposte a monosillabi o quasi di Rublev, con il nostro che cercava di scuotere il suo compagno di doppio. Difficile capire da quale angolo prendere il venticinquenne moscovita, gentile ma trattenuto, tutto il contrario del giocatore esplosivo e fumantino che conosciamo.
È finita una stagione difficile e particolare, con Wimbledon e la Davis negati ai giocatori russi e bielorussi. Cosa si aspetta dal 2023?
«Mi aspetto che le cose restino uguali, non credo che Wimbledon o il governo inglese cambieranno idea sulla nostra partecipazione. In Coppa Davis è già confermato, come Russia non potremo giocare neanche il prossimo anno. Ma questa è una situazione diversa, in una competizione per nazioni capisco perfettamente l’importanza e il valore di una decisione di questo tipo. I miei messaggi, a Dubai e Torino, contro la guerra? Tra le cose più belle che ho fatto nel 2022».
Nell’ultimo hanno lei ha vinto quattro tornei ed ha chiuso per la terza volta di fila nella Top Ten, confermandosi tra i più forti.
«Onestamente non so se sono tra i più forti, e la questione neanche mi interessa. Io voglio concentrarmi su ciò di cui ho bisogno per alzare il mio livello di gioco. Non mi serve pensare di avere vinto questo o quello, per me non è mai abbastanza. So di poter migliorare, e sei lei dice che sono un forte giocatore io le rispondo che posso diventare ancora più forte».
Si è posto un obiettivo?
«Sì, ed è quello di scoprire quale è il mio limite, in campo e quindi nelle classifiche. Se non riuscirò a fare meglio del quinto posto, il mio massimo finora, allora quello sarà il mio limite. Se chiuderò al terzo posto, tanto meglio. Se riuscirò a diventare il numero 1, allora potrò finalmente essere soddisfatto».
Pensa davvero di poter diventare il numero 1?
«Non lo so ma sono convinto di poter fare meglio, molto meglio, di avere tante cose da migliorare, sul piano della tecnica e dell’atteggiamento mentale. Io ci credo, partendo da numero 8 posso davvero arrivare molto più in alto».
Come si immagina tra dieci anni?
«No, per favore, questo tipo di domanda mi mette paura, mi stressa troppo. Pensare al futuro mi spaventa, preferisco ricordarmi come ero dieci anni fa».
E com’era?
«Un pazzo incontrollabile, ma anche un ragazzo simpatico, e soprattutto felice. Che si godeva pienamente i suoi 15 anni».
E adesso è meno pazzo?
«Naturalmente. Quando si cresce si notano tante cose, anche nei comportamenti personali, si cerca di migliorare nell’atteggiamento, e non sempre ci si riesce. E comunque ci sono tante pressioni, bisogna cercare di trovare un equilibrio che vada bene anche a quelli che ti circondano. Non sempre è facile, e ogni tanto vorrei tornare ragazzo, quando potevo fare davvero quello che mi pareva…».
Come passa il tempo durante i tornei?
«Niente di speciale. Dopo gli allenamenti, le partite o il lavoro in palestra, di tempo me ne resta sempre poco. Magari una passeggiata, o una chiacchiera con il mio coach, una birra ogni tanto, tutto qui».