Kazako di passaporto, ma italiano d’adozione: Andrey Golubev prova l’ennesimo exploit della propria carriera all’età di 32 anni, dopo ben due anni di stop. L’impegno è per il doppio e, tra i sogni, c’è un posto alle Finals di Torino

La seconda carriera e l’obiettivo “Finals” a Torino

Il nome di Andrey Golubev ritorna in maniera prepotente, ma silenziosa in queste settimane. La carriera dell’italo-kazako è sempre stata costellata da grandi alti e bassi, che in qualche modo gli hanno permesso di spingersi sino alla posizione numero 33 del ranking in singolare. A luglio 2017 l’ennesimo stop dopo un pesante doppio 6-1 ad Astana inflitto da Gerasimov. Dal Kazakistan al Kazakistan: il ritorno è datato 2 anni più tardi, al Future di Shymkent. I risultati non sono dei migliori (anche se il braccio rimane di quelli pregiati), tanto da decidere di affidarsi completamente al doppio. In coppia con il connazionale Aleksandr Nedovyesov già due titoli Challenger in questo scorcio di 2020, a Bangkok e Quimper. Anche la classifica inizia a farsi interessante e il best ranking alla piazza numero 65 sembra tutt’altro che utopia come obiettivo a breve termine. Sarà un finale di carriera all’insegna dei successi in doppio per l’italiano d’adozione? Il sogno lo rivela coach Massimo Puci: “Vuole disputare le Finals a Torino l’anno prossimo, che saranno vicino a casa”. Sul riavvicinamento alla disciplina invece: “Si è rimesso a giocare il doppio in maniera seria – ha ammesso Puci -. Si è preparato bene questo inverno, un po’ a Miami e un po’ a Bra. Si trova bene con il suo compagno di Coppa Davis Nedovyesov; l’intenzione di Andrey è quella di dedicarsi al doppio in maniera seria e professionale. Vuole raggiungere i massimi livelli e spingersi più avanti possibile”.

L’Italia nel cuore di un kazako nato in Russia

Il concetto di italiano d’adozione è frequente al giorno d’oggi, spesso e volentieri utilizzato con riferimenti allo sport. Un concetto che se potesse averne una sorte di portavoce, ecco, quello sarebbe riconducibile al nome di Andrey Golubev. Il rapporto del kazako, almeno di passaporto anche se nato in Russia, con il suolo tricolore è di quelli veramente speciali. L’ambientamento in Italia non è problematico, tutt’altro: a farlo sentire “a casa” ci pensa Massimo Puci, storico coach sin dall’età di 15 anni. Il talento è cristallino, la continuità invece non sempre impeccabile. L’acuto più alto di Golubev arriva nel 2010, a 23 anni, quando si aggiudica l’Atp 500 di Amburgo. Fu il primo titolo anche per il Kazakistan: Bulat Utemuratov infatti, magnate kazako (uno dei più ricchi al mondo in quegli anni), gli concesse il passaporto qualche mese prima così da poterlo aggregare anche in Coppa Davis. Proprio in Coppa Davis, arriva il giorno in cui Andrey si scontra con l’Italia. Corre l’anno 2015, Andreas Seppi lo mette in riga a distanza di circa un anno dal successo dello stesso Golubev su Wawrinka (e in doppio contro Federer!). Dentro, ma soprattutto fuori dal campo, Golubev è sempre stato un ragazzo molto istintivo, soprattutto nelle dichiarazioni. “O hai soldi e sponsor o non puoi più giocare”, disse in merito al residuo esborso economico per i cosiddetti giocatori di seconda fascia. Indelebile invece la spavalderia a tratti ironici nella conferenza dopo il match contro Nadal, perso per un soffio agli Us Open 2011: “I’m very… come si dice incazzato?”.