Prima il titolo a Melbourne, quindi la seconda settimana all’Australian Open: Amanda Anisimova sta tornando a vincere e convincere, con l’aiuto di Darren Cahill. La morte del padre e tanti infortuni l’avevano frenata, ma a 20 anni ha ancora tempo per diventare una big. Stanotte sfida la Barty per un posto ai quarti
La morte del padre l’ha frenata, ma sta tornando grande
Capelli biondi, occhi verdi, genitori russi emigrati negli States, visiera col “baffo”, l’agente IMG Max Eisenbud come manager e un potenziale sconfinato sul campo da tennis. L’identikit di Maria Sharapova? Certo che sì, ma in questo caso anche (o soprattutto) di Amanda Anisimova, una baby Masha che dell’ex campionessa alla quale ha ispirato la sua ascesa tennistica prova a raccogliere l’eredità, con 14 anni in meno ma delle caratteristiche comuni – non solo nell’aspetto – che non possono lasciare indifferenti. I guardoni della racchetta le conoscono a menadito, da quando ad appena 15 anni giocava in tabellone al Roland Garros e per poco non superava il primo turno, e le hanno riscoperte d’incanto in questo avvio di stagione australiano, condito da un successo dopo l’altro sul cemento blu di Melbourne Park. Prima la ventenne nata nel New Jersey ha vinto il suo secondo titolo WTA in uno dei tornei in preparazione, interrompendo un digiuno che durava dal 2019, e poi grazie ad altre tre vittorie si è arrampicata alla seconda settimana dell’Australian Open, spedendo a casa prima la campionessa olimpica Belinda Bencic e quindi la due volte regina di Melbourne Naomi Osaka. Due vittorie perfette per ricordare al mondo che, anche se la classifica WTA recita 60 e a certi livelli non la si vedeva da un po’, le sue possibilità sono sempre state lì, intatte, chiuse nel cassetto. Doveva solo ritrovare la chiave.
E pensare che la statunitense aveva rischiato di salutare Melbourne già al primo turno, sotto di un set contro la sconosciuta Arianne Hartono, qualificata olandese numero 189 al mondo, al debutto in uno Slam. Ma ha stretto i denti e ce l’ha fatta, poi ha superato la Bencic e quindi è stata più fredda della Osaka, cancellandole due match-point, spuntandola al tie-break (lungo) del terzo set e finendo con un sorriso da copertina. Merito di emozioni che non viveva dal 2019, l’anno che le ha cambiato la carriera. In campo arrivò in semifinale al Roland Garros e a un passo dalle prime 20 del mondo, e sembrava pronta per salire ancora molto; ma fuori perse all’improvviso papà Konstantin (stroncato da un infarto) e si trovò costretta da un giorno all’altro a ricostruire tanti pezzi della sua vita, da sempre legata indissolubilmente alla figura paterna. Era stato il padre, con la moglie Olga, a trasferirsi nel 1998 da Mosca al New Jersey per dare un futuro migliore alla prima figlia Maria, ed è stato sempre lui a mettere la racchetta in mano alla secondogenita Amanda a soli due anni, così come a trasferire l’intera famiglia in Florida su consiglio di un talent scout, secondo il quale la ragazzina aveva la stoffa per sfondare. Ci ha visto giusto, e le basi gettate nel 2019 a Parigi andavano in quella direzione, poi è successo quel che è successo è il tempo si è fermato. Nei sette Slam successivi Amanda ha vinto sei partite in tutto, la classifica è andata di conseguenza e il suo nome era un po’ sparito dai radar. Ma di sabbia nella clessidra ce n’è ancora parecchia.
Con Darren Cahill per esplodere definitivamente
Una delle ragioni della rinascita della Anisimova era seduta nel suo box durante la vittoria contro la Osaka, con gli occhi nascosti dall’immancabile cappellino. All’anagrafe fa Darren Cahill, il coach-mentore da poco liberato da Simona Halep dopo sei anni infarciti di soddisfazioni. I due non hanno ancora trovato un accordo a tempo pieno, ma l’avvio di stagione suggerisce di approfondire la collaborazione, e già il fatto che uno come Cahill abbia deciso di darle retta la dice lunga sulle potenzialità della sua nuova assistita. “Integrare Darren nel mio team – ha detto lei – è stata una grande mossa. Mi aiuta a stare calmo e rilassato, e mi ha dato la fiducia giusta per affrontare le ultime sfide, invitandomi a credere in me stessa e nella possibilità di vincere. Talvolta mi capita di chiedere troppo a me stessa, è come se andassi alla ricerca della perfezione assoluta. Mi sta insegnando a rilassarmi e non pensare troppo”. Una ricetta che funziona a meraviglia, e fra gli ingredienti annovera anche il grande impegno dell’offseason. Tre mesi interi di lavoro a full, senza problemi di alcun genere. Una novità in casa Anisimova. “Il grande lavoro svolto insieme al mio team mi ha permesso di iniziare la stagione con grande fiducia. Lo scorso anno avevo perso tante partite combattute contro alcune delle più forti, quindi sapevo di non essere lontana dal loro livello di gioco. Ma non tutte le componenti necessarie per ottenere certi risultati erano al loro posto”. Ora, invece, si direbbe proprio di sì, come racconta la quarantina di posizioni recuperate nel ranking in tre settimane.
In termini di classifica le dà una mano il fatto che nel 2021 a Melbourne non c’era, costretta a rimanere in Florida a causa della positiva al Covid-19. Un’altra delle sfortune di una stagione che ha fatto affiorare tanti dubbi. “Avevo tanta voglia di tornare a vivere certe emozioni – ha aggiunto –, ma sembrava che i problemi non terminassero mai. Ho cercato di pensare sempre positivo, ma non è stato facile. Per questo, ora non voglio pormi né limiti né aspettative: voglio sono viaggiare il più possibile, giocare tanti tornei e sentirmi bene per una stagione intera. Se ce la farò, il mio ranking migliorerà di conseguenza”. La prima chance per salire ancora un po’ ce l’ha già agli ottavi di finale, nella mattinata italiana di domenica contro la padrona di casa e grande favorita Ashleigh Barty, sulla Rod Laver Arena. Un duello che non può non rievocare la loro semifinale al Roland Garros del 2019, autentico turning point nella carriera dell’australiana. “Ash” era sotto per 7-6 3-0, poi ha rimontato, ha conquistato la finale e vinto il torneo. Di lì a poco è diventata numero uno del mondo e due anni e mezzo dopo è ancora al comando. Come sarebbe andata se quella semifinale l’avesse vinta la Anisimova? Magari in vetta alla classifica ci sarebbe lei, e con qualche Slam in bacheca. Ma il passato è passato, non si può cambiare. Il futuro invece sì, con tante pagine ancora vuote da riempire.