Il match tra Alcaraz e Baez, seppur terminato con il ritiro dell’argentino, ha lanciato segnali più che incoraggianti in vista del tennis di un futuro ormai alle porte

Diciamo il vero: un ritiro fa sempre comodo! Se poi a trarne i frutti è un giocatore unto di fenomenologia, candidato alla vittoria finale, allora l’evento può essere prezioso soprattutto se colto sul rovente cemento di Flushing Meadows dove risparmiare energia è la regola d’oro per arrivare in fondo. Così quando sul 2 a zero del terzo Sebastian Baez ha issato bandiera bianca ormai orfano di un polpaccio che non voleva più saperne, Carlos Alcaraz deve aver tirato un respiro di sollievo iniziando con sorda soddisfazione il suo count down verso un possibile successo finale in terra newyorkese.

Esco dalle ciance per dire che quanto andato in onda fino a quel momento aveva riservato sprazzi di tennis degni di nota. Tra le righe dell’Arthur Ashe i due si sono tirati di tutto senza lesinare in soluzioni al limite del rocambolesco, cavalcate con stili complementari che hanno mostrato il giusto armamentario di un difensore coi fiocchi e quello universale di un giocatore coi baffi, destinato alla gloria perché capace di tutto. Non esito a dire che Il lungo game sul 7-5 2-0 per Alcaraz è stato uno dei più belli che io ricordi sul cemento dello slam americano. Anche rovistando negli archivi degli highlights della Grande Mela tennistica non sarà facile riscontrare una fase di gioco con tanti ribaltamenti divorati tra cambi di ritmo, azioni di attacco e recuperi improbabili tanto accaniti quanto spettacolari. Dirò di più: era dai tempi di Pancho Segura che non vedevo un uso tanto perfetto del lob, così come mostrato dall’argentino di Buenos Aires.

Un match, quello tra Alcaraz e Baez, che arriva all’occhio come un segnale incoraggiante circa il tennis di un futuro già iniziato: dinamico, veloce e ricco di situazioni accattivanti che conquisteranno il grande pubblico. E se McEnroe diceva che scusarsi nel tennis dovrebbe essere contro il regolamento, lasciamo che lo spagnolo della Murcia esulti per una faticaccia risparmiata. Alla faccia di De Coubertin e del politically correct.