Il 7 giugno del 2009 Roger spezzava il tabù parigino. Claudio Mezzadri racconta il torneo dello svizzero in un’intervista a “Il Tennis Italiano”
Il racconto di Mezzadri: “Dai quarti Federer cambiò tutto”
7 giugno 2009, Roger Federer entra sul Philippe Chatrier per la sua quarta finale consecutiva al Roland Garros. A separarlo dall’agognato primo titolo sul rosso parigino, però, questa volta non sarà Rafael Nadal. Dall’altro lato della rete non ci sarà il gancio mancino ma lo sguardo glaciale di Robin Soderling, giustiziere del tiranno spagnolo e primo giocatore ad estromettere il marziano dal suo torneo preferito. “Ancora una partita, ne manca ancora una”. Era questo il pensiero di Claudio Mezzadri, sul posto per commentare l’evento per conto della tv svizzera e grande amico del tennista basilese. Il cammino verso la Coppa dei Moschettieri di Roger non era stato privo di insidie prima dell’atto conclusivo, anzi. “Ricordo la partita contro Haas e quella palla a un centimetro dalla riga che avrebbe potuto mandare il tedesco al servizio per il match”. Nadal aveva salutato il torneo il giorno prima negli ottavi di finale, a quel punto tutta la pressione possibile e inimmaginabile era ricaduta sulle spalle di Federer. E mancò pochissimo per produrre una nuova incredibile sorpresa all’ombra della torre Eiffel. Roger era sotto di due set e 3-4 30-40 al terzo, la prima di servizio non entra e sulla seconda, dopo la risposta di Haas, si sposta sul dritto trovando un angolo incredibile con lo sventaglio. L’inerzia cambia completamente, l’elvetico rimonta al quinto e sopravvive. “Dai quarti di finale in poi cambiò completamente il suo rapporto con i media, si isolò da tutto, persino dagli amici – racconta Mezzadri a “Il Tennis Italiano” – L’atmosfera del Roland Garros mutò inevitabilmente dopo la sconfitta di Rafa: le domande in conferenza ruotavano su quell’argomento, c’era la sensazione di un’occasione irripetibile per Federer. Ora o mai più, era diventato il torneo che non poteva più perdere. Non si faceva mai vedere nel sito del torneo, ricordo che durante i suoi allenamenti c’era un silenzio tombale. E’ sempre stato un ragazzo sensibile, a maggior ragione nel 2009 quando non aveva raggiunto la maturità che ha oggi“. Dopo il successo in tre set su Monfils, Roger fu messo di nuovo a dura prova in semifinale dove rimontò uno svantaggio di due set a uno a Del Potro. “Ogni partita era difficile non solo per il valore dell’avversario ma soprattutto per l’importanza emotiva – spiega Claudio – E dopo la finale contro Soderling si tolse un macigno enorme dallo stomaco: finalmente nessuno gli avrebbe chiesto del tabù Roland Garros”. Non che l’opinione su Federer potesse cambiare in caso di una mancanza del genere nel palmares: “Ha ottenuto grandissimi risultati anche su terra, ma a prescindere da questi tendo a non giudicare un tennista solamente dai numeri. Per me Roger è uno dei pochi che adatta il suo modo di giocare in base alla superficie, ha una tattica per l’erba, una per il cemento e una per il rosso. Per alcuni grandi del passato, faccio l’esempio di Sampras, non era così“.
Federer non molla: “Ha sempre lo stesso entusiasmo, è incredibile”
La longevità di Federer ha stupito tutti, anche chi lo conosce da una vita come Mezzadri. “Ho avuto il privilegio di assistere a tutta la sua carriera, lo sbocciare di un fenomeno ma anche di un amico ma undici anni fa non avrei mai pensato di trovarlo a certi livelli a quest’età. Certo, si poteva ipotizzare un percorso longevo per i pochi infortuni ma, ragazzi, l’anno prossimo compie 40 anni! Incredibile, lui per primo è sorpreso ma quando ci parli vedi sempre lo stesso entusiasmo di una volta nei suoi occhi“. Roger sta recuperando dall’operazione al ginocchio senza forzare o bruciare le tappe. “Non ha bisogno di allenarsi per sei mesi prima di un torneo. Condizione fondamentale per continuare a vederlo in campo è il sentirsi competitivo. Quando gioca deve pensare di poter vincere una prova dello Slam – ha proseguito Mezzadri – Era sceso in classifica dopo l’infortunio alla schiena ma sapeva di poter dare ancora molto“. Il tutto senza sottovalutare l’importanza di una figura come coach Ljubicic all’interno del suo team. “Il suo primo allenatore Carter, Lundgren, Luthi e Ivan sono stati gli unici allenatori a riuscire ad entrare nella sua testa parlandogli nel modo giusto. Lo ha tranquillizzato, lo ha portato a modificare atteggiamento tornando ad anticipare al posto di una tattica più attendista, anche dal lato del rovescio. Ora entra in campo senza nulla da perdere”. Sulla possibilità di rivedere Roger in tornei ufficiali nell’ultima parte di 2020, Mezzadri non si espone alla luce di alcune problematicità oggettive del Tour: “Se giocherà Us Open e Roland Garros? Intanto vediamo come va a finire, i più forti non vorrebbero giocare. Tra spostamenti, team ridotti e rischio infortuni sono contrari. Tutti gli altri invece non vedono l’ora di approfittare dell’occasione. Nel caso si giocassero questi due Slam i big potrebbero essere meno motivati e si aprirebbe la strada a risultati decisamente strani”.