di Enzo AnderloniIl tennis non si ferma per Ferragosto ma l’Italia sì
di Enzo Anderloni

Il tennis non si ferma per Ferragosto ma l’Italia sì. E le due settimane che lo precedono e seguono, allargandosi con varie sfumature d’intensità all’intero mese di agosto, finiscono con diventare l’unica vera pausa di riflessione dell’anno. Un momento di stacco, come se l’anno solare non avesse nessuna importanza e in fondo noi tutti in Italia si vivesse con il ritmo degli scolari. Tutto ricomincia a settembre e la prossima vera pausa di riflessione è prevista per la prossima estate. Per il tennis non è così. Il tennis pause di riflessione ne ha poche o forse non le ha nemmeno. Il circuito comincia il primo dell’anno e si chiude sostanzialmente con la finale di Coppa Davis che va in scena per tradizione il primo week-end di dicembre. Da lì a Natale tutti i tennisti si allenano duro, costruiscono in una determinate preparazione invernale i destini dell’anno dopo.

Pausa di riflessione
Dunque il tennis e i tennisti non si fermano mai. Nemmeno a pensare. E invece ogni tanto servirebbe. Così proviamo a rilanciare una tradizione che molti anni fa era del nostro autorevole collaboratore Rino Tommasi, il quale si lasciava andare “semel in anno” come dicevano i latini, solo una volta l’anno a un articolo di considerazioni varie, di riflessioni non legate alla stretta attualità ma offriva ai suoi lettori agostani una specie di suo flusso di coscienza tennistica. Noi ci permettiamo di rubargli l’idea anche perché ci piace fare due chiacchiere con i nostri lettori on-line, quelli che ad allacciarsi alla rete non rinunciano neanche in piena estate. Da un lato li preferiremmo vedere su un campo da tennis o su una spiaggia, per il loro bene. Dall’altro, siccome chi vuole avere un po’ di informazione decente sul tennis o aspetta il mensile o si collega ad internet (considerato quello che ci rifilano i quotidiani) eccoci qui, cari internauti affezionati al Tennis Italiano, a condividere con voi un paio di ragionamenti che si fanno con più calma in vacanza e senza limiti di spazio, considerando che la pagina elettronica è lunga lunga e forse in questi giorni chi ha voglia di leggere tennis sul nostro sito ha anche il tempo a disposizione per farlo con calma.

Il tennis quotidiano
Visto che li abbiamo tirati in ballo, parliamo dei quotidiani di casa nostra e del tennis che ci rifilano. Appostato sotto una veranda, in cima a una collina del Monferrato, paese piccolissimo, connessione Adsl assente, l’unica risorsa per chi cerca notizie è un’edicola che riceve anche i giornali più importanti in dosi casuali. Dunque si trova quel che si trova e questo aiuta a farsi un’idea più generale di come il tennis venga trattato sulla stampa nazionale.
Per quanto concerne i tre primi della classe la situazione è la seguente: La Repubblica ha Gianni Clerici e quindi non si discute. Se non c’è lui la redazione ne ha comunque respirato l’aura mitica e “toppa” assai di rado. Purtroppo però lo spazio è poco. Dunque le notizie arrivano “a pillole”, senza spiegazione. Es. Se Fabio Fognini, 20 anni, n.149 del mondo, si qualifica per il Masters Series di Montreal e poi passa due turni battendo il n°14 del mondo Andy Murray, il senso di questo risultato andrebbe spiegato. Da solo vuol dire tutto e niente.
Per il Corriere della Sera per esempio vuol dire niente. Ma il Corriere il treno del tennis lo ha perso da tempo. Arriva puntualmente, il giorno dopo. Con bravissimi scrittori nessuno dei quali però segue con continuità il nostro sport: dunque la buttano sulla qualità della scrittura. Es. Djokovic vince a Montreal battendo Roddick, Nadal e Federer. Del Djokovic personaggio ci dicono tutto. Che è simpatico, estroverso, che fa le imitazioni, che ha posato per Playboy, che parla serbo, inglese, italiano e tedesco, perché si allenato a Monaco all’accademia di Niki Pilic. Di come giochi, un tennista che batte anche Nadal e Federer ma il grande pubblico ancora non conosce, nessuna notizia. Batte forte? Scende a rete? Non sbaglia mai? Si dice che ha colpi aggressivi da fondo campo. Un po’ poco per spiegare come mai McEnroe e tutti quelli che capiscono un po’ di tennis ritengono che “Nole” Djokovic possa essere il prossimo n°1 del mondo. E poi perché ci dovrebbe interessare il fatto che “Djoko” parla tedesco essendosi allenato a Monaco e nessuno ci dice come mai parla italiano? Non è che questo particolare ci potrebbe interessare un po’ di più? Forse sì. Basterebbe ricordare che questo nuovo astro del tennis oltre che all’Accademia di Pilic, si è allenato per quasi un anno con un coach italiano, Riccardo Piatti. Solo che il tecnico comasco era ed è anche il coach di Ivan Ljubicic, altro top ten, e quando “Djoko” ha preteso l’esclusiva, Piatti non se l’è sentita di abbandonare un allievo, Ljubicic, cui aveva dedicato nove anni di lavoro, dai tornei giovanili al Masters Atp e la vittoria in Coppa Davis. Dunque qualche frammento di scuola italiana c’è anche nello sfidante alla corona assoluta. E questo può essere un aspetto interessante. Dal nostro punto di vista è un aspetto più interessante e da approfondire del fatto che Djokovic sia un personaggio fuori dal campo.

La sua simpatia è un fatto sicuramente positivo, ma che non ci fa cambiare idea sul principio che un tennista debba diventare famoso a suon di imprese tennistiche, un calciatore a suon di gol, un cestista con le sue “bombe” da tre punti. Il fatto che poi posino per Playboy o abbiano fidanzate da copertina dovrebbe essere materia per i rotocalchi. Dai fogli autorevoli ci aspetteremmo un po’ di cultura sportiva, un contributo a far capire che c’è un nuovo grande tennista, che è grande perché fa magie con la racchetta (Djokovic è uno così). Questo aiuterebbe anche a far capire, per contrasto, che essere un calciatore famoso come Francesco Coco per i motivi per cui è famoso Francesco Coco non è vera gloria anche se si finisce sui giornali. Ma questa è un’altra storia.
Come un’altra storia, bellissima, è quella del Tennis Club californiano di San Quintino dove giocano solo gli ergastolani, raccontata da Stefano Semeraro su La Stampa di questi giorni. Peccato però che poi nelle stesse pagine Martina Hingis, ex n°1 del mondo, sia due volte chiamata Martina Hingins. Un personaggio che evidentemente non ha sfondato? Un nome che si fa ricordare solo scritto sbagliato?
Alla fine, questi piccoli particolari della cronaca sportiva quotidiana confermano anche a Ferragosto che il problema di fondo è una scarsa informazione generale sul mondo del tennis attuale, dovuta al baratro in cui il nostro tennis era caduto un decennio fa che è costato una sorta di disinvestimento delle redazioni sportive in materia di racchetta.
Una volta ogni quotidiano aveva uno specialista: c’erano da seguire gli italiani, tradizione nata dalle imprese di Panatta, Barazzutti, Bertolucci & co. Venuti meno i top ten, la gente in grado di puntare a piazzamenti di prestigio nei tornei dello Slam (gli unici che contano veramente insieme al Masters e a qualche prova di tradizione come Montecarlo o Roma), in redazione si è concentrato il fuoco sul calcio, la Ferrari e poco altro. Siccome la mancanza di stelle tennistiche italiche si è protratta oltre il ventennio, è mancata un’intera generazione di giornalisti-specialisti. E questo si vede e si sente, anche nelle telecronache. Per esempio, in Rai, dietro l’immenso “bisteccone” Galeazzi, c’è un vuoto preoccupante. Gli anziani sono anziani e i giovani conoscono poco il tennis. E’ un problema con il quale l’aspetto comunicativo del nostro sport si trova a dover fare i conti. E non è un problema da poco in un’epoca come la nostra in cui la comunicazione conta, eccome.
Esempio eclatante è proprio La Gazzetta dello Sport, il quotidiano italiano sportivo per eccellenza. Pochi giorni fa era in prima pagina un’intervista a Filippo Volandri che parla del problema “Scommesse”. All’interno una pagina intera di tennis per tre quarti dedicata proprio a questa intervista che alla fine dice poco o niente, mentre la vittoria a Montreal di Djokovic su Federer finisce sotto, in taglio basso.
Che senso ha questa scelta? Certo, la Gazzetta aveva montato in questo periodo lo scandalo-scommesse nel tennis, ci aveva lavorato molto su. Ma anche quella era una scelta incomprensibile. Prima di tutto perché il problema di controllare il mondo delle scommesse esiste ma non è nel tennis particolarmente scottante. In secondo luogo perché il mondo del tennis si è già attivato per esercitare i controlli necessari e lavora per impedire “giochi sporchi”.
Alla fine a chi giova cercare di alimentare questo polverone su uno sport complessivamente in salute, uno di quelli che meglio sta arginando il fenomeno doping? Secondo me non giova nemmeno alla Gazzetta. Dopo il crollo del ciclismo e lo sgonfiamento del calcio vuol fare dell’autolesionismo tennistico?
In fondo c’era da raccontare un fatto sportivo molto significativo come la vittoria di Djokovic a Montreal. Se si capisce di tennis si sa che Montreal è un torneo dei Masters Series, uno dei pochi dove giocano tutti i più forti. Djokovic si era messo in grande luce proprio vincendo un Masters Series a Miami in marzo, battendo lungo la strada anche Nadal. Gli mancava Federer. E il successo sullo svizzero in finale di un torneo dove arrivavano sempre in fondo anche fuoriclasse come Agassi e Sampras, può significare veramente un momento di transizione: la candidatura di “Nole” al ruolo di favorito numero uno sui campi duri. Un terzo incomodo importante in una vicenda sportiva a due, la grande sfida tra Roger e Rafa, che ha appassionato Parigi, Wimbledon e tutto il mondo.
Ma per per la “Gazza” era più importante che Volandri ci dicesse che di certe partite dubbie e delle scommesse si è discusso anche negli spogliatoi e che dove c’è più business il rischio è più alto. Questo sì che è da prima pagina.
Dipende sempre dai modelli ai quali ti ispiri. Se per te Ferragosto è soprattutto Billionaire, Bruce Willis e queste robe dell’altro mondo, Djokovic che batte Federer, Nadal e Roddick non va in prima pagina. Se invece ti interessa il tennis… forse hai cliccato su di noi anche a Ferragosto.