Nel marzo del 2006 a Miami esordiva Hawk-Eye, miglior esempio di tecnologia applicata allo sport. Inizialmente osteggiato anche da Federer e Nadal, oggi è fondamentale e mette d’accordo tutti. Tanto che l’arrivo della versione Live (accelerato dalla pandemia) manderà in pensione i giudici di linea

Nel 2006 a Miami il primo “Challenge”

Riuscite a immaginare un tennis di alto livello senza l’utilizzo della tecnologia? Impossibile, eppure fino a una quindicina d’anni fa era la normalità. Il famoso “you cannot be serious” di John McEnroe è nato così, come tanti altri episodi più o meno piacevoli che rimarranno nei libri di storia. Oggi vedere certe immagini fa persino strano, perché siamo abituati alla presenza di Occhio di falco pronto a fugare ogni dubbio e perché sta prendendo sempre più piede Hawk-Eye Live, il sistema di chiamate computerizzate – utilizzato in tutti i match dell’Australian Open – che promette di mandare presto in pensione i giudici di linea. Tuttavia, il connubio fra il tennis e quella tecnologia che viaggia alla velocità della luce festeggia appena 15 anni, da quando nel marzo del 2006, sul Centrale di Key Biscayne a Miami, fece il suo esordio il sistema di verifica delle chiamate, fortemente invocato per risolvere un malcontento sempre più diffuso.

Il più celebre degli episodi che hanno spinto allo sviluppo di Hawk-Eye risale a un controverso quarto di finale dello Us Open 2004 fra Serena Williams e Jennifer Capriati, con la prima penalizzata da una manciata di chiamate sbagliate che la portarono alla sconfitta. Un episodio che fece così rumore da spingere i vertici della USTA a scusarsi apertamente con Serena, e il vecchio direttore del torneo Jim Curley a dire al New York Times che non doveva essere quello il modo di perdere una partita allo Us Open. Si augurava che l’accaduto servisse a velocizzare l’arrivo della tecnologia, e fu presto accontentato: l’ITF approvò Hawk-Eye a fine 2005; USTA, ATP e WTA fecero lo stesso qualche mese dopo e il sistema esordì nel 2006 al Nasdaq-100 (oggi Miami Open), nel match di primo turno fra le statunitensi Jamea Jackson e Ashley Harkleroad. Fu la Jackson la prima a chiedere la verifica elettronica: le diede torto e confermò la chiamata del giudice di linea, ma l’americana ha comunque legato per sempre il suo nome a un pezzo di storia.

I dubbi di Federer e Nadal

Eppure, almeno inizialmente non tutti i big erano favorevoli a Occhio di falco. Roger Federer, in quel momento all’apice della sua carriera, lo definì un folle spreco di denaro, mentre l’anno dopo disse che non avrebbe mai apprezzato al cento per cento la novità. Ma col tempo lo svizzero ha imparato ad andare d’accordo con la tecnologia, e malgrado vinca più partite che challenge è stato proprio un “out” del maxischermo a regalargli il suo Slam più emozionante, nel 2017 a Melbourne. Rafael Nadal, invece, 15 anni fa puntò il dito contro gli errori del meccanismo, che c’erano e ci sono ancora, ma col tempo il sistema è stato profondamente migliorato. Un piccolo margine di errore rimane, visto che Hawk-Eye non lavora sul rimbalzo reale ma effettua una ricostruzione virtuale della traiettoria della palla, e quindi deve fare i conti anche con vento (e possibili oscillazioni delle telecamere), luci, ombre e altri agenti. Ma da 3,7 millimetri la soglia è stata ridotta a 2 mm e calerà ancora, e oggi i giocatori non saprebbero fare a meno del servizio.

Mentre nel calcio l’utilizzo del VAR – che però ha una storia più breve – ha ancora tanti oppositori, nel tennis la revisione delle chiamate mette tutti d’accordo. È parte dello show, è arrivata persino in qualche torneo Challenger e quando manca si grida allo scandalo. Tanto che la gran parte dei giocatori ne invoca sempre più spesso l’utilizzo anche sulla terra battuta, dove sin qui continua a far fede il segno lasciato dalla pallina. “Oggi – ha detto il numero uno Djokovic durante l’ultimo Roland Garros – la tecnologia ha raggiunto livelli tali da poter essere applicata anche sulla terra rossa, e anche da soppiantare i giudici di linea”. Nel 2020 l’ATP aveva annunciato una prova del sistema anche sul rosso, per tre tornei della Gira Sudamerica con un’opzione per i successivi in Europa, ma poi l’emergenza sanitaria ha rovinato i piani. Tuttavia, ci sono prove sufficienti per credere che lo sbarco della tecnologia sul rosso sia ormai vicino, specialmente se Hawk-Eye Live dovesse continuare a diffondersi a macchia d’olio come sembra. Altrimenti, il rischio è che si venga a creare una differenza sempre più marcata nell’utilizzo della tecnologia fra tornei sul cemento e sulla terra, non certo un bene per il circuito.

Verso la scomparsa dei giudici di linea

Provato per la prima volta nel 2017 durante l’edizione inaugurale delle Next Gen Atp Finals di Milano, Hawk-Eye Live è sbarcato a tutti gli effetti nel Tour lo scorso anno a Cincinnati, e poi è stato installato anche sulla grande parte dei campi dello Us Open, il torneo più attento alle novità tecnologiche. Nel 2006 fu il primo Slam a utilizzare Occhio di falco, nel 2018 è stato il primo a renderlo disponibile su tutti i campi, mentre lo scorso anno – pur lasciando i giudici di linea sui due campi principali – ha mostrato una via che secondo le indiscrezioni dovrebbe essere percorsa quest’anno da tutti i sei Masters 1000 sul cemento, o cinque se Indian Wells non si giocherà. E non è tutto, perché questa settimana è utilizzato a Rotterdam e potrebbe arrivare presto in tanti altri eventi. Il motivo ufficiale è sempre lo stesso: niente giudici di linea vuol dire meno persone nel dietro le quinte, quindi meno interazioni e meno rischio di contagio. In sintesi, la pandemia ha regalato al tennis una giusta causa per accelerare senza ostacoli un processo già in atto, ma che in condizioni normali avrebbe generato grande malcontento.

Infatti, la possibile abolizione dei giudici di linea è destinata a togliere lavoro a parecchie persone, ma è indubbio che l’eliminazione dell’errore umano sia un bene, in quanto cancellare le possibili ingiustizie (o la sensazione di averne ricevute) aumenta la credibilità del prodotto. Qualche scettico resta, specialmente i più anziani ancorati alle tradizioni, mentre i giovani sono tutti d’accordo: visto che il futuro è loro, giusto ascoltarli. Oltre a Hawk-Eye Live, è destinato a sbarcare presto nel Tour anche il “Video review”, una sorta di prova TV del tennis sempre sperimentata alle Next Gen Finals. Non serve per i falli di piede (chiamati da Hawk-Eye Live, con 6 telecamere dedicate), ma può diventare utile per doppi rimbalzi, invasioni e altri casi limite. L’unica controindicazione alle novità possono essere i costi, specialmente per i tornei minori, mentre per gli eventi più grandi il problema è relativo. Un esempio? Allo Us Open 2019, l’ultimo giocato in condizioni normali, hanno lavorato 350 giudici di linea, ai quali la USTA garantiva diaria, vitto e alloggio per un periodo dalle due alle tre settimane. Basta fare due conti per accorgersi che probabilmente il costo complessivo non è così lontano da quello delle nuove tecnologie.