Un attacco hacker ai database WADA ha scovato le esenzioni mediche ricevute negli anni da Serena e Venus Williams, alle quali è stato permesso di assumere alcune sostanze proibite. Non c’è nulla di illecito: l’utilizzo dei farmaci era regolarmente consentito dallo staff medico dell’ITF, a causa di accertate necessità terapeutiche. Una pratica usuale nel mondo dello sport. Nel 2009 c’era stato il caso di Filippo Volandri. Abbiamo provato a fare chiarezza.

Si annunciava come una bomba, ma per ora ha fatto rumore (per nulla) solamente a livello mediatico. Dopo essere riusciti a entrare nei database segretissimi della WADA, l’Agenzia Mondiale Anti-Doping, gli hacker russi del gruppo Fancy Bear hanno spaventato il mondo dello sport scrivendo di aver scoperto, dopo studi dettagliati degli archivi, che “dozzine di atleti statunitensi sono risultati positivi a dei controlli”. Nel loro elenco ci sarebbero anche le sorelle Williams, ma non c’è nulla di vero. O meglio, il team di hacker, che a detta loro si “impegna perché lo sport sia onesto e pulito”, è entrato in possesso di documenti riservati, contribuendo a fare chiarezza su una pratica nota ma poco trasparente come quella delle esenzioni terapeutiche dovute a un accertato utilizzo medico, ma non ha scovato alcun illecito. Nella loro visita virtuale in casa WADA, il gruppo di operatori informatici conosciuto anche come Tsar Team, ha scovato (e prontamente pubblicato sul proprio sito e relativa pagina Facebook) i certificati medici relativi a quattro atlete statunitensi: Simone Biles, la ginnasta che ha incantato il mondo alle Olimpiadi di Rio de Janeiro portando a casa quattro medaglie d’oro, la cestista Elena Delle Donne, e, appunto, Serena e Venus Williams. Nel caso delle sorellone, Fancy Bear è entrato in possesso di sedici “Certificati d’autorizzazione all’uso per fini terapeutici”, sette che riguardano Serena e nove relativi a Venus, tutti rilasciati dal medico dell’ITF Stuart Miller, Senior Executive Director del board presieduto da David Haggery e responsabile del dipartimento “Integrity and Development” della Federazione Internazionale. Nei documenti, scritti sia in inglese sia in francese, si legge che “l’atleta ha ricevuto l’approvazione all’uso delle sostanze proibite indicate sotto, alle condizioni precisate nel foglio”, e si trovano nome del farmaco, dosaggio, metodo e frequenza di assunzione, e data di scadenza del trattamento. In più, in ogni certificato è specificato che l’atleta deve seguire meticolosamente le indicazioni mediche appena citate, e portare sempre con sé una copia del certificato stesso, da esibire agli addetti ai controlli anti-doping.

LE SOSTANZE ASSUNTE DALLE WILLIAMS
Nel caso di Serena, i certificati vanno dal 18 ottobre del 2010 al 5 giugno 2015, e le hanno permesso di assumere cinque sostanze diverse: Idromorfone (potente analgesico derivato dalla morfina), Ossicodone (oppioide simile alla morfina, il famoso “Vicodin” al quale era assueffato il protagonista della serie Dottor House), Metilprednisolone, Prednisone e Prednisolone: tre corticosteroidi appartenenti alla stessa famiglia medica, utilizzati come potenti antinfiammatori. Nel caso di Venus, invece, i certificati sono racchiusi in un periodo che va dal 16 febbraio 2010 al 22 gennaio 2013, e sono relativi a solamente tre farmaci: il  Formoterol (contro l’asma), il Prednisone (che rientra nell’elenco di farmaci legati alla cura della Sindrome di Sjogren), e il Triamcinolone, principio attivo usato per la cura di disturbi dermatologici, allergie e anche problemi ai tendini. Il primo l’ha assunto costantemente ma solo per poco più di un anno, mentre gli altri due le sono stati prescritti con maggiore frequenza, seppur in lassi tempo ridotti. Serena, presente nei giorni scorsi alla settimana della moda di New York, non ha ancora fatto commenti sull’accaduto, mentre Venus si è espressa nella giornata di ieri. “Sono davvero delusa di scoprire che i miei dati siano stati pubblicati senza il mio consenso. Ho sempre seguito le regole del programma anti-doping per la richiesta e la concessione dell’esenzione a scopo terapeutico, che richiede un rigido processo di approvazione. I documenti pubblicati sono stati revisionati e approvati da un’equipe di medici. Sono una grande sostenitrice dell’integrità sportiva e sono stata sempre attenta a seguire le linee guida della WADA”.

IL CASO DI FILIPPO VOLANDRI
Nel tennis l’esenzione medica per l’assunzione di alcuni farmaci proibiti è all’ordine del giorno, soprattutto nei casi di asma, una patologia abbastanza ricorrente fra gli sportivi. In Italia la questione rievoca il caso di Filippo Volandri, sospeso per tre mesi dall’ITF il 15 gennaio del 2009, a causa di una concentrazione di salbutamolo nel sangue leggermente superiore al limite consentito di 1.000 nanogrammi per millilitro (nei test ematici, effettuati l’anno precedente a Indian Wells, ne risultarono 1.120). Il livornese – e non l’aveva mai nascosto – aveva da anni un regolare certificato medico rilasciato dall’ITF per assunzione terapeutica di Ventolin, noto farmaco utile a dilatare i bronchi in caso di attacchi asmatici. L’ITF certificò che da parte dell’azzurro non c’era alcuna intenzione di migliorare le prestazioni, ma la concentrazione superiore alla soglia fece comunque scattare la squalifica. Volandri fece appello al TAS di Losanna e vinse la causa, vedendo cancellata la squalifica e restituiti i punti (e i montepremi) guadagnati l’anno precedente. Anche se per i tempi burocratici – il via libera arrivò a fine marzo – riuscì tornare in campo solamente la seconda settimana di aprile, giusto qualche giorno prima del termine della sospensione.

L’UNICO ILLECITO È DEGLI HACKER
Nel suo comunicato, la WADA ha confermato l’attacco, spiegando che Fancy Bear è riuscito ad accedere al database dell’Anti-Doping Administration and Management System (ADAMS) grazie alla password di un account creato per il Comitato Olimpico in occasione dei Giochi di Rio De Janeiro, aggiungendo che siccome la password era destinata a un account “Olimpico”, i file entrati in possesso degli hacker siano relativi solamente ai Giochi. In realtà le informazioni raccolte sulle Williams appartengono a un periodo molto precedente, ma è probabile che ogni atleta partecipante a Rio 2016 avesse una relativa “cartella clinica”, con all’interno tutti i suoi documenti. “La WADA – si legge dalle parole del suo direttore generale Olivier Niggli – condanna questi attacchi volti a minare la credibilità del sistema anti-doping mondiale, e ha preso la questione molto sul serio. L’agenzia ha esteso le indagini agli organi di competenza, e sta effettuando dei controlli di sicurezza al suo interno, prendendo tutte le misure di sicurezza necessarie per evitare altri casi”. Tuttavia, come ampiamente accennato, l’unico illecito che emerge dalla questione è proprio la manovra degli hacker, che sempre attraverso il proprio sito hanno fatto sapere di essere rimasti shockati da quando trovato nel database, e di aver rivelato solamente la punta dell’iceberg. Un iceberg che però sembra essersi già sciolto dopo poche ore, di fronte alle esenzioni mediche firmate dai dottori, che hanno autorizzato l’assunzione delle sostanze in questione. Al massimo si può discutere sul perché delle atlete professioniste, sane, debbano ricorrere all’utilizzo di alcuni farmaci non proprio banali, lo stesso interrogativo che era sorto nel caso Sharapova-Meldonium. Ma quella è tutta un’altra questione.

Uno dei certificati scovati e pubblicati dagli hacker di Fancy Bear: