WIMBLEDON. L’austriaca mostra un coraggio fuori dal comune, annulla due matchpoint e supera Caroline Wozniacki. E’ l’elogio della ragazza normale in una WTA sempre più…fisicata.
Piove sul bagnato per Caroline Wozniacki
 
Di Riccardo Bisti – 28 giugno 2012

 
Tamira Paszek trasmette umanità. Vedi Maria Sharapova, Victoria Azarenka, tante altre…e pensi a macchine programmate per vincere. Fisici scultorei, perfetti, menti focalizzate sul tennis. Questa ragazzotta austriaca ha forme morbide, lontanissime dallo stereotipo della tennista. Professionista sin da giovanissima, ha vinto il suo primo titolo WTA quando non aveva nemmeno 16 anni. Era il defunto torneo di Portorose e l’Austria pensava di aver trovato la degna erede (pure meglio) di Barbara Schett e Sybille Bammer. Gli austriaci si sono affezionati presto a una ragazza che è un inno all’integrazione razziale. La mamma è cilena (ma è nata in Austria), mentre il padre è nato in Tanzania ma ha origini indiane. La guardi e in effetti non pensi che sia nata a Dornbirn il 6 dicembre del 1990. Non pensi neanche che possa fare la tennista. Tracagnotta, chissà se ha mai discusso con Simona Halep sull’eventualità di farsi ridurre il seno. L’anno scorso è giunta nei quarti a Wimbledon, mostrando una grande adattabilità all’erba. Quest’anno era partita malissimo. 2 vittorie nelle prime 13 partite, un disastro su tutta la linea. Poi è rifiorita al torneo di Eastbourne, vinto a sorpresa battendo in finale Angelique Kerber (con tanto di matchpoint annullati). Adesso è la protagonista di una terza giornata di Wimbledon tranciata in due dalla pioggia. In una partita giocata in tre manche, ha scaraventato fuori dal torneo Caroline Wozniacki, ex numero 1 che oggi non vince più una partita. Qualcuno pensava che senza pressione avrebbe giocato meglio: niente di tutto questo, la danese non vince più una partita. Neanche quando gioca benino come stavolta. E i propositi di inizio torneo ("Posso vincere il titolo") sono andati a farsi benedire.
 
E’ finita 5-7 7-6 6-4 in tre ore e dodici minuti. Martedì la pioggia aveva mandato tutte in hotel sul 2-2, poi ieri è tornata sul 5-4 (e servizio) per la Paszek. L’austriaca ha avuto quattro setpoint, non li ha sfruttati e ha perso il primo set. Sembrava il classico match in cui la meno forte si scioglie e lascia la vittoria alla più carismatica. Niente di tutto questo. Tamira picchia forte, Tamira non ha paura. Forte di due fondamentali pesantissimi, ha continuato a disegnare i suoi schemi senza pensare al punteggio. Bum Bum di dritto, Bum Bum (soprattutto) con un rovescio a due mani che pesa tonnellate. Il tutto condito da una discreta mobilità, sorprendente a dispetto della stazza. Sul 4-6 4-5 ha annullato due matchpoint ed è rimasta a galla. In un’alternanza di “Come On!”, si è aggiudicata il tie-break ed è finita 0-2 nel terzo. Ma neanche stavolta si è arresa. 5-3, 5-4, 6-4. Paszek al secondo turno, Wozniacki a casa nonostante la presenza di Thomas Johansson al suo angolo. Ai nostalgici degli anni 90 non sarà sfuggito il dualismo in tribuna tra lo svedese e Andrei Pavel, l’ex top-20 rumeno che segue la Paszek da marzo (dopo aver lavorato per qualche tempo con Jelena Jankovic). Al secondo turno, l’austriaca se la vedrà con Alize Cornet. E avrà una motivazione-extra: la francese è stata omaggiata di una wild card per il torneo olimpico, mentre la Paszek non è stata ammessa dall’ITF nonostante il comitato olimpico austriaco abbia provato a candidarla. Niente da fare, non ha giocato match sufficienti in Fed Cup. E allora vorrà fare bene a Wimbledon, con le sue catenate mischiate a una femminilità esotica e “normale”, di quelle che puoi vedere in giro per la strada senza sentire l’obbligo di voltarti a guardarle.
 
Chi sprofonda sempre di più nella sua crisi è la Wozniacki, scesa al numero 7 WTA ma che oggi vale meno. Per lei è la peggiore performance in uno Slam dal 2007, quando perse al secondo turno del Roland Garros. Ma era ancora una bambina ed era la sua prima apparizione in un torneo dello Slam. “Non è una bella sensazione – ha ammesso la danese – soprattutto dopo aver avuto due matchpoint e non averli sfruttati. Non ho giocato male, forse avrei dovuto giocare i due matchpoint in modo differente, non so…”. Cambia poco. Adesso tornerà a Copenhagen a leccarsi le ferite, sapendo che tra un mese dovrà tornare a Wimbledon per il torneo Olimpico. La preparazione per la stagione americana sul cemento potrebbe essere ostacolata dalle esigenze olimpiche. Insomma, piove sul bagnato. Non è detto che smetta, e gli ombrelli utilizzati ci sembrano tutt’altro che efficaci.