Foto Ray Giubilo

Negli Internazionali d’Italia delle sorprese c’è spazio per sognare. Il quarto di finale tra Tabilo e Zhang è un ottimo trampolino di lancio per entrambi

E’ il quarto di finale che non ti aspetti, due favole al prezzo di una (partita) che può rilanciare carriere fin qui da mediani del tennis. Da una parte Alejandro Tabilo, cileno nato in Canada, 26 anni e numero 32 del mondo (ma è già sicuro di entrare tra i primi trenta), al debutto al Foro Italico. Dall’altra Zhizhen Zhang, il più forte cinese (uomo) nella storia del tennis, 27 anni e numero 56 Atp, che un anno fa perdeva a Roma da Maestrelli al primo turno delle qualificazioni. Non hanno lo stesso appeal di Djokovic e Ruud, attesi in questo incrocio di tabellone, ma sono giocatori che garantiscono spettacolo e buon tennis. Il dritto mancino di Alejandro ha già fatto piangere Hanfmann, Djokovic (o colui che ne vestiva i panni) e Khachanov, uscito imbufalito dal campo dopo i due tie break persi; anche per Zhizhen nessun set perso, ma con un incontro disputato in più: Galan, Mannarino, Shelton e oggi Monteiro hanno dovuto alzare bandiera bianca contro i suoi colpi potenti.
   «Essere nei quarti a Roma è incredibile – le prime parole di Tabilo – il risultato di un intenso lavoro svolto con il mio team, Nestor il coach, Ignacio il fisioterapista, e voglio ricordare anche mio fratello Sebastian, che è qui a Roma. Dopo il successo su Djokovic, in Cile sono impazziti, mi sono arrivati migliaia di messaggi, ho dovuto spegnere il telefono e sono riuscito a rinfrescarmi la mente, tornare in campo e giocare il mio tennis. Sapevo di poter reggere ad alti livelli, queste vittorie mi spingono a continuare così». Nato a Toronto (la famiglia aveva una lavanderia), si è spostato a New York a 13 anni, poi in Florida all’accademia di Bollettieri, infine a 18 si è trasferito a Santiago. «E il mio primo ricordo tennistico cileno è un allenamento con Fernando Gonzalez (finalista agli Australian Open del 2017, ndc). L’ho conosciuto bene, come ho conosciuto Massu, capitano di Coppa Davis, che mi ha dato molti consigli. Come giocatore sono cresciuto in Canada sui campi duri poi a Santiago ho preso confidenza sulla terra battuta, ora sento di poter giocare bene su entrambe le superfici (non a caso, quest’anno ha vinto il suo primo torneo ad Auckland, sul cemento, ndc)». La sua scelta di giocare per i colori del Cile è legata invece ad una storia curiosa. Nel 2016 Tabilo arrivò a sfidare in torneo Jarry, che in quel momento lo precedeva di oltre 430 posizioni in classifica. «Lui voleva da tempo optare per il Cile ma io prendevo tempo – ha raccontato una volta il padre – quella volta allora gli dissi: “se lo batti, facciamo subito le pratiche e giochi per il Cile”. Lui è entrato in campo come una macchina e ha vinto».
   Zhang invece si è rivelato al grande pubblico nel torneo di Madrid del 2023, quando battè Rodionov, Shapovalov, Norrie e Fritz prima di perdere nei quarti da Karatasev (e lui scherzando disse che il denaro guadagnato gli sarebbe servito per estinguere un mutuo pesante in Patria). Poi tanti alti e bassi, la vittoria nei Giochi Asiatici, quest’anno i quarti a Marsiglia e poco più. Ora, dopo tre sconfitte nelle prime quattro partite su terra battuta, finalmente un torneo azzeccato, che gli garantisce per il momento il 42º posto nel ranking, suo nuovo record. «Non è cambiato niente nel mio tennis, per la verità – dice il ragazzo di Shanghai, laureato in Gestione delle risorse umane – Cerco solo di restare più tranquillo in campo, di non affannarmi a cercare subito il punto. Tante volte una partita gira per un dritto dentro o fuori di poco, bisogna avere pazienza». Si definisce un ragazzo «fuori dal campo rilassato e divertente, quando gioco mi trasformo, mi piace la lotta, a volte troppo…», non sente la responsabilità di essere il portabandiera del tennis cinese maschile. «Qualcuno era convinto che certi risultati non si potessero raggiungere, che un tennista uomo non potesse entrare nei primi cento del mondo, poi cinquanta… Io invece voglio dimostrare che con il lavoro non ci sono barriere insuperabili. Il mio prossimo obiettivo? Entrare tra i primi trenta, ce la posso fare». Il padre ha giocato a calcio, come difensore, nella prima divisione cinese («ma io non ho mai pensato di fare il calciatore, mai», la secca chiosa), Zinzhen ama il pubblico romano («si respira tanta passione attorno a te quando giochi, è una bellissima sensazione. Italia e Spagna sono i miei due paesi preferiti») ed ha forse poca fantasia quando gli si chiede un modello di tennista da cui trarre ispirazione. «Federer, naturalmente». Ma chi può dargli torto?