AUSTRALIAN OPEN. Alcuni match-sparatoria del singolare femminile fanno riflettere: non sarebbe più corretto un tabellone a 64 giocatrici? Si, ma non lo permetteranno mai.
Olga Puchkova ha incassato un doppio 6-0 dalla Sharapova
 
Di Riccardo Bisti – 14 gennaio 2013

 
Dando uno sguardo ai primi match dell’Australian Open, torna alla moda l'argomento tabelloni. E' giusto che quelli femminili siano a 128 giocatrici? A giudicare da certi risultati, e dall’andamento imbarazzante di certe partite, un tabellone a 64 sarebbe più equo. Quando vedi sparatorie come Sharapova-Puchkova o Venus Williams-Voskoboeva, capisci che un tabellone così grosso non ha senso. Ma le cose non cambieranno mai. Le donne hanno fatto tanto per raggiungere la parità: adesso che l’hanno agguantata, non se la lasceranno scappare. Ma c’è un problema: se è vero che a livello di top 10 vediamo belle partite e c’è tanta incertezza (forse anche più che nel maschile), la numero 100 WTA non vale quanto il numero 100 ATP. Olga Puchkova, numero 107 WTA, ha mostrato un livello francamente imbarazzante contro una Sharapova al primo match stagionale dopo il malanno alla clavicola. La russa (o bielorussa, visto che a volte ha rappresentato il paese di Vika Azarenka), non è nuova a batoste di questo tipo. Prima di venerdì scorso, quando la Radwanska ha dato 6-0 6-0 alla Cibulkova nella finale di Sydney, Olga (che a tempo perso fa la modella) era stata l’ultima a subire un cappotto in una finale WTA. Era il 2006 quando incassò un doppio ovetto da Marion Bartoli. Si è ripetuta nel match inaugurale sulla Rod Laver Arena, dove è rimasta in campo appena 55 minuti contro Masha, raccogliendo 23 punti e arrendendosi dopo pochi game. E’ bello, per pubblico e organizzatori, avere partite di questo tipo? O come il 6-1 6-0 rifilato da Venus Williams a Galina Voskoboeva? Ovviamente no, ma negli Slam circolano troppi soldi da potervi rinunciare. 27.000 dollari australiani (più di 21.000 euro) sono una cifra troppo ghiotta. Ma in cambio dobbiamo sorbirci partite senza senso. La più contenta sarà la Sharapova, soprattutto se crede a corsi e ricorsi storici. 7 mesi fa esordì al Roland Garros rifilando un doppio 6-0 ad Alexandra Cadantu. Sappiamo tutti come andò a finire. Un eventuale terzo turno contro Venus Williams, tuttavia, sarebbe un bel banco di prova. Probabilmente lo avrà.
 
Ben diverso l’esordio di Samantha Stosur. L’australiana sembrava un blocco di ghiaccio, paralizzata dalla paura di deludere ancora. Neanche il caldo e il sole di Melbourne l’hanno aiutata a sciogliersi nel primo set contro la taiwanese Kai Chen Chang, tipica orientale dal tennis geometrico e per nulla fantasioso. La Stosur è andata per tre volte sotto di un break. E’ riuscita a restare a galla, facendo leva su una muscolatura sempre più scolpita. Alcuni slow motion della regia australiana facevano impressione: Sammy potrebbe tranquillamente fare la culturista, o magari la testimonial per qualche integratore. Fa paura. Incute meno timore un tennis incerto e una mobilità tutta da costruire, anche in virtù della piccola operazione cui si è sottoposta a fine novembre e che l’ha tenuta a riposo per tre settimane, nel cuore della preparazione. Ad ogni modo se l’è cava, giocando appena meglio nel secondo set. La strada per regalare all’Australia il titolo è ancora lunghissima, ma evitare una sconfitta al primo turno è già qualcosa. L’anno scorso perse subito da Sorana Cirstea, che è stata brava a passare il primo turno anche stanotte (6-4 6-2 alla Vandeweghe). Tra gli altri risultati, si segnala il bel successo di Romina Oprandi. La svizzera, con un infelice passato da italiana, ha schiantato alla distanza Tsvetana Pironkova. L’Australia le porta bene, poiché l’anno scorso battè la Schiavone. Nessun problema per Na Li, che nella Margaret Court Arena ha lasciato quattro giochi a Sesil Karatantcheva, incapace di tornare se stessa dopo la lunga squalifica per doping che la colpì quando era ancora un’adolescente. Dopo uno straordinario avvio di stagione, Agnieszka Radwanska ha faticato per un set contro la giovane Bojana Bobusic, vincitrice dei play-off australiani di dicembre. E’ andata sotto di un break prima di dominare alla distanza. Se la Bobusic avesse meno di 20 anni, diremmo che è da tenere d’occhio. Il problema è che ne ha 25.
 
In campo maschile, il primo match a concludersi ha già fatto registrare una sorpresa. Più che una sorpresa, una delusione. Perché ci sta che Julien Benneteau possa battere Grigor Dimitrov, ma non se il bulgaro avesse compiuto l’atteso salto di qualità. Sul campo 13, lontano da telecamere e occhi indiscreti (e impietosi) il francese si è imposto con agilità: 6-4 6-2 6-4 in meno di due ore. Dimitrov aveva illuso a Brisbane, quando era giunto in finale e giocato a viso aperto contro Andy Murray. Il tabellone gli aveva dato una mano, collocandolo nello spicchio più debole (quello presidiato da Ferrer e Tipsarevic). Invece ha buttato via l’ennesima occasione. Il ragazzo gioca troppo bene per non arrivare. Arriverà. Ma l’impressione è che sarà sempre croce e delizia, un po’ come Xavier Malisse, bravo a non lasciare scampo a Pablo Andujar. La Spagna si è rifatta con Nicolas Almagro, che ha dovuto lottare per cinque set (e perdere due tie-break) contro il potente Steve Johnson, ma alla fine aveva più benzina di lui e l’ha sfangata.

AUSTRALIAN OPEN, DAY 1 – TUTTI I RISULTATI